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Mafiosi a processo per omicidio Rostagno

Di Rino Giacalone il . Sicilia

«L’apertura del processo per il delitto di Mauro Rostagno deve essere secondo me vissuta dalla popolazione studentesca del mio Comune come una lezione di educazione civica, di impegno civile». Il sindaco di Erice Giacomo Tranchida ha messo nero su bianco questo suo pensiero, ha scritto ai dirigenti scolastici del suo Comune perchè «valutino di fare seguire il processo agli studenti». Intanto il Comune ha presentato istanza di costituzione di parte civile con l’avv. Carlo Massimo Zaccarini. «Festeggerò il mio compleanno – ha detto Tranchida – partecipando all’udienza, così come chiedo facciano i miei concittadini».  Mancano 24 ore e poi l’attenzione sarà concentrata sulla Corte di Assise che processerà per la morte violenta del sociologo e giornalista Mauro Rostagno (ucciso a Lenzi di Valderice il 26 settembre del 1988) due riconosciuti mafiosi, Vincenzo Virga, capo del mandamento di Trapani e Vito Mazzara il «killer» della cosca. Il primo mandante il secondo tra i tre esecutori del delitto. Rostagno dava fastidio a Cosa Nostra per i suoi interventi fatti dagli schermi della tv privata Rtc, e la mafia decise di toglierselo di torno in una stagione, quella del 1988, segnata da altri delitti, Giacomelli, Saetta, Rostagno per l’appunto.  Il processo si svolgerà nell’aula bunker del Palazzo di Giustizia dedicata a «Giovanni Falcone».

Due nomi che tornano ad incrociarsi, Rostagno e Falcone. Il sociologo e giornalista sarebbe un giorno riuscito a parlare con il giudice Falcone incontrandolo a Palermo, svelando quello che avrebbe poco prima scoperto, un aereo misterioso atterrato sulla pista di un aeroporto ufficialmente chiuso, quello di Kinisia, uomini in tuta mimentica e in abiti civili che si muovevano attorno, Rostagno avrebbe filmato ogni cosa, nell’audio si sarebbe sentito il distinto rumore di armi. Successive indagini non hanno portato a provare quello che Rostagno avrebbe visto, sono emersi invece scenari similari, la presenza di Gladio a Trapani, episodi che avrebbero visto esponenti della mafia trapanese bene «intendersi» con pezzi delle istituzioni. Non da meno il ruolo poi svolto dalla massoneria deviata, nel cui ambiente l’astio nei confronti di Rostagno non era meno intenso di quello nutrito dai mafiosi e condensato nella parole del pentito Sinacori, «dava fastidio e andava ucciso». Nel fascicolo processuale diversi collaboratori di giustizia hanno parlato del delitto, in modo approfondito Francesco Milazzo il pentito di Paceco, centro agricolo alle porte di Trapani, sempre citato nelle cronache di mafia del territorio. E il dirigente della Squadra Mobile Giuseppe Linares quando due anni addietro chiuse l’indagine disse senza ombra di dubbio che Rostagno fu ucciso per le sue cronache giornalistiche, “era circondato dai lupi e i lupi lo hanno azzannato a morte”.  Intanto anche la Cgil di Trapani si costituirà parte civile: «Dopo 22 anni – ha detto il segretario generale Mimma Argurio – si spera che finalmente sia fatta luce sull’omicidio del giornalista Mauro Rostagno e che, soprattutto, si chiariscano le ragioni di questo efferato delitto. Giungere alla verità – ha proseguito – è, prima di tutto, indispensabile per un fondamentale senso di giustizia, affinché si stabilisca il principio che nessun delitto possa rimanere impunito». 

Toccante una nota scritta dal giovane Francesco Bellina: «Quel 26 settembre 1988 molti di noi non erano ancora nati e non hanno potuto conoscere quell’uomo con la barba che da una piccola tv locale prendeva in giro i padrini e i padroni di Trapani. Riusciva a farsi ascoltare da tutti, a farsi temere da altri, usando solo l’arma dell’informazione e dell’ironia. Noi giovani trapanesi che dobbiamo essere presenti il  2 febbraio in Tribunale, dobbiamo esserci per Mauro, per i suoi familiari, i suoi amici, i compagni, ma anche per noi, per la nostra terra, per il nostro futuro. Non è una presenza di cortesia è una scelta di campo, una dimostrazione di dignità, quella dignità che vogliono toglierci da sempre, con la lupara, con la dinamite, con la censura, con qualche voto comprato».  La costituzione di parte civile sarà avanzata anche dall’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, dal sindacato dei Giornalisti, dall’associazione Libera, nonchè da diversi enti locali, dalla Provincia, dai Comuni di Trapani, Valderice, dalla Regione Sicilia, dal Comune di Marsala, dall’associazione antiracket. Ma la conta vera si potrà fare all’apertura dei dibattimento.

L’associazione “Ciao Mauro” poi ha dato appuntamenti alla cittadinanza per il 2 febbraio alle 9 davanti alla prefettura, per organizzare una marcia silenziosa verso il Palazzo di Giustizia ed accedere così nell’aula bunker della Corte di Assise: “Finalmente inizia il processo Rostagno ed è nostra intenzione andare in tribunale per portare in quell’aula simbolicamente le “nostre” 10.000 lunghe firme, grazie alle quali questo risultato è stato raggiunto. Intendiamo partecipare alla prima udienza del processo insieme ai familiari di Mauro, per esprimere in modo deciso, e insieme rispettoso delle regole e delle garanzie, la nostra volontà di verità e giustizia. Non intendiamo farlo con le forme tradizionali della politica, ma con la semplicità con cui si esprimono i cittadini nella vita di tutti i giorni, nelle relazioni familiari ed amicali, ispirandoci a principi etici di tolleranza, di rispetto degli altri e del sistema di regole del patto sociale e costituzionale liberamente costruito con un lungo cammino dalla nostra comunità nazionale. Vogliamo incontrare i familiari di Mauro, fare sentire loro il nostro affetto e vogliamo accompagnarli in tribunale con una passeggiata sul marciapiede di una strada trapanese, chiacchierando del processo, della nostra vita, delle nostre preoccupazioni e delle nostre gioie, come potremmo fare con un amico, come avremmo potuto fare con Mauro, se fosse ancora con noi. La nostra passeggiata sarà tranquilla, senza slogan né bandiere, non dovrà intralciare il traffico, né mostrarsi escludente. Dovrà dimostrare al paese intero la nostra distanza dalla bestialità dei mafiosi e la nostra fermezza nella volontà di vivere in libertà, rispettando regole condivise. L’unico segno che ci guiderà vero il tribunale sarà il nostro ormai storico striscione, attraverso il quale Mauro ci ricorderà di essere “trapanese per scelta”.  

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