In Sicilia, professionisti liberi contro le mafie
Anche i professionisti di Palermo in prima linea contro le infiltrazioni mafiose nell’economia legale. Un manifesto e un comitato dedicati a “Paolo Giaccone” uno dei più grandi esperti di medicina legale ucciso da Cosa nostra, per cambiare strada e cambiare davvero. La vicenda del medico Giaccone spiega quanto oltre alla magistratura, alla politica ai giornalisti, molto spesso siano i professionisti che operano nel settore economico a fare le differenza nella battaglia per la legalità.
Giaccone viveva a Palermo e divideva il suo impegno tra l’istituto di medicina legale che dirigeva e le consulenze per il palazzo di giustizia. Nel dicembre del 1981 ricevette l’incarico di esaminare un’impronta digitale. Non era una impronta qualsiasi ma la prova che avrebbe incastrato uno dei killer di una sparatoria avvenuta tra le vie di Bagheria e che aveva lasciato sull’asfalto quattro morti. Il medico ricevette delle pressioni per aggiustare le conclusioni della perizia dattiloscopica. Giaccone rifiutò e il killer fu condannato all’ergastolo. Minacce, pressioni, intimidazioni. E infine l’omicidio del medico avvenuto l’11 agosto del 1982. A lui oggi è intitolato il policlinico di Palermo e anche il neonato “Comitato Professionisti Liberi” progetto nato dall’impegno di Addiopizzo e Libero Futuro, «per trasferire il lavoro svolto con le imprese e i commercianti sul versante delle libere professioni la cui trasparenza e onestà incide sempre più nella battaglia contro le mafie».
Il manifesto (on line sul portale www.professionistiliberi.org) contiene norme etiche specifiche che, una volta sottoscritte, impegneranno pubblicamente al loro rispetto e all’attenta osservanza ogni singolo professionista, pena l’esclusione dalla lista stessa.
«Questa esperienza nasce – spiega l’ingegnere Alessandro Maria Calì – perchè non potevamo più restare fermi a guardare. Abbiamo già riscontrato più di 500 casi di professionisti collusi che non dovrebbero rimanere iscritti ai rispettivi albi professionali. Le reazioni iniziali dei nostri colleghi sono varie, dall’indifferenza al consenso. La maggior parte però è entusiasta di questo percorso che è solo all’inzio». Alessandro Calì è stato il primo a proporre – dopo l’inchiesta delle Talpe alla Dda – la radiazione dall’albo del “prestanome di Provenzano”, Michele Aiello.
«Un’esperienza che nasce volutamente in sordina – dichiara Enrico Colajanni di Libero Futuro – poichè vogliamo raccogliere le adesioni, valutare e poi aprire il dibattito in seno agli albi professionali e anche con i non iscritti. A Palermo, dunque, nasce una sorta di terza gamba del movimento di contrasto alle infiltrazioni mafiose nell’economia.
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