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Dittatura mediatica

Di Roberto Morrione il . L'analisi

Nell’ultimo scandalo che ha investito l’Italia, il “caso Ruby”, l’inchiesta della Procura di Milano che sta indagando Silvio Berlusconi per i reati di concussione e prostituzione minorile, il premier  applica  una vera e propria forma di dittatura mediatica. Berlusconi ha ovviamente pieno diritto di proclamarsi innocente, ma ancora una volta non lo fa davanti ai giudici che lo accusano, come prevede la legge. Attacca invece i magistrati con surreali accuse di “complotto politico-giudiziario”, “eversione”, “spionaggio” sulla sua vita privata, arrivando a chiedere punizioni per i PM milanesi. I suoi avvocati contestano la titolarità dell’inchiesta alla Procura di Milano, mentre la maggioranza è stretta a difesa di Berlusconi sembra senza smagliature o incertezze morali oltrechè politiche. La stampa italiana e internazionale si riempie intanto delle testimonianze sulle serate di cene e sesso ad Arcore, che il giornale cattolico Avvenire con un provocatorio titolo trasforma in HARD. CORE, con intercettazioni e rivelazioni di escort e aspiranti star, ospitate e pagate lautamente da uomini di Berlusconi. Ampio spazio al ruolo, un tempo chiamato di “prosseneta”, di Lele Mora ed Emilio Fede. Come già avvenuto in passato, entra intanto in azione l’artiglieria dei media televisivi e stampati posseduti o controllati da Berlusconi. Puntuale come braccio armato del cavaliere, si riaffaccia il “manganello mediatico” dei suoi giornali, che rilanciano la vecchia campagna di delegittimazione di Fini per l’appartamento affittato da Tulliani a Montecarlo, nonostante la Procura abbia chiesto l’archiviazione dell’indagine.

Pochi i commenti di stampa a sottolineare l’anomalo comportamento del ministro degli Esteri Frattini, che si è fatto portatore di questi strani documenti “emersi” dal governo-rifugio dei paradisi fiscali di Santa Lucia, al di fuori dei compiti istituzionali e di qualsiasi legittimità giudiziaria. Nello stesso tempo, secondo le regole teorizzate e messe in campo contro l’allora direttore de L’Avvenire Boffo, viene attaccata la figura di Ilda Boccassini, componente dello staff della Procura di Milano che indaga sullo scandalo Ruby e sui “festini” di Arcore. E’ riesumata una vecchia storia dell’81, già sgonfiata da anni e del tutto non attinente alle inchieste di cui la Boccassini è stata protagonista con riconosciuta competenza, coraggio, impegno professionale. La Boccassini viene difesa fermamente dal capo della Procura, dall’Associazione Nazionale Magistrati, dal CSM, dalla società civile, ma intanto la “campagna di fango” la dice lunga sul mandante, sugli obiettivi, sui mezzi ricattatori e terroristici usati. Gli obiettivi principali dell’offensiva mediatica restano però le fasce televisive del mattino e pomeridiane, rivolte soprattutto a casalinghe e pensionati, cioè a quello che viene ritenuto il nocciolo duro dell’elettorato berlusconiano: la deviazione programmata su altri temi è evidente, ma netto è il rifiuto di ogni testimonianza d’attualità sullo scandalo e sulle serate bunga-bunga. Il TG 1 guidato da Minzolini si distingue per gli slalom nei titoli, nell’impaginazione, nei silenzi guidati dei servizi. Incombono ossessivi con frequenza quasi quotidiana i video del premier, che interviene al telefono nei pochi spazi televisivi critici, quindi ritenuti ostili.

Dopo aver inutilmente tentato con Ballarò, il premier interviene a L’Infedele su La 7, con accuse pesantissime al conduttore e al dibattito. Gad Lerner, quando è riuscito a interrompere il fiume rabbioso del Cavaliere, ha risposto con dignità. Diversa la pressione su Anno Zero, con un intervento in diretta del direttore generale Masi, respinto da Santoro, a cavallo fra le minacce e l’evidente messaggio al capo: “vedi, ho fatto il possibile per bloccarlo”…Una cosa imbarazzante, senza precedenti nella pur travagliata storia del Servizio Pubblico…Altrove sono i fedelissimi, come Daniela Santanchè, a interrompere o a deviare i confronti televisivi, a snaturarne i toni, con aggressività e a volte con la plateale provocazione di abbandonare il talk show insultando il conduttore. Ma quella consistente fetta di italiani che si informa solo dalla TV (circa il 70 % degli ascoltatori secondo il CENSIS) cosa sa realmente di ciò che contiene l’inchiesta di Milano? E quanto pesa  il monito morale della Chiesa, sia pure con gli aggiustamenti tattici e volti alle scelte politiche espressi dal Presidente della CEI Bagnasco? Alle richieste di dimissioni avanzate dalle opposizioni, unite almeno in questo, si è saldata la posizione di Emma Marcegaglia con l’accusa dei “sei mesi di fermo del governo” sul rilancio produttivo, l’occupazione, i giovani.

Qui va inserito anche il fermo dell’azione contro la crescente penetrazione mafiosa nell’economia del Centro-Nord, visto che è scomparsa ogni informazione sulle nuove norme contenute nel piano sicurezza presentato da Maroni e votate all’unanimità. Il silenzio sulla questione non è stato spezzato neppure dalla decisione della Cassazione che ha reso definitiva la condanna di Totò Cuffaro. Stampa e Tv hanno dato risalto solo alla cronaca stretta, magnificando la decisione, certo insolita per un politico, di presentarsi al carcere (l’alternativa peraltro sarebbe stata  di essere arrestato a casa o la fuga stile Craxi). Nessun approfondimento invece in merito alla clamorosa conferma  del legame malato di parte del potere politico con interessi criminali. Cioè sul grande, vero problema nazionale che corrode il Paese: la questione morale e la corruzione. Le analisi impietose e derisorie della stampa internazionale, con imbarazzanti risvolti anche diplomatici, ovviamente non hanno trovato spazio nell’informazione a controllo berlusconiano…Vale per tutti il commento del “New York Times”, che parla di “una soap opera surreale, che mescola fatti e finzione…Berlusconi appare sempre meno il leader di una democrazia occidentale e sempre più un personaggio da tardo impero, i cui attori sembrano impotenti sulle loro sorti e in totale balia del destino”.

L’incombente dittatura mediatica attenta dunque alla nostra libertà, perché spacca l’Italia, condiziona un’opinione pubblica già divisa su tutto, nella politica, sui problemi sociali, sui valori etici e di responsabilità civile, svuota il diritto alla conoscenza della realtà sancito dalla Costituzione, nasconde il discredito della nazione nel mondo. Fa infine toccare con mano in quali condizioni si giocherebbe oggi un confronto elettorale decisivo per le sorti dell’Italia.

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