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Cuffaro in carcere. Ma non infieriremo sul nemico

Di Gaetano Alessi* il . Sicilia

E’ finita. Salvatore Cuffaro e’ entrato alle 16,35 nel carcere
romano di Rebibbia. L’ex governatore della Sicilia deve scontare una
pena di 7 anni dopo che la Cassazione ha confermato la condanna per
favoreggiamento aggravato a Cosa nostra e violazione del segreto
istruttorio. In mattinata la Seconda Sezione Penale della Cassazione,
presieduta da Antonio Esposito, ha confermato la condanna a sette anni
di reclusione inflitta in secondo grado all’ex presidente della Regione
Sicilia. La sentenza per lui diventa quindi definitiva. Il senatore si
e’ costituito. Dieci anni. Tanti ne sono passati da quando il ciclone
cuffariano si è abbattuto sulle nostre vite.  Un ciclone che portava con
sé il puzzo del compromesso morale, della cancellazione delle coscienze e
dell’annullamento della diversità. Un mondo nel quale o ti vendevi o
eri escluso, emarginato, “vinto”. Dieci anni sono passati da quel “no”
secco gridato in faccia al potente nella sua Raffadali (Ag). A quel
rifiuto di essere uguali agli altri, a quella rabbia sorda che ti
permette le più grandi follie e a quell’arroganza di ventenni che non ti
fa guardare al futuro. Otto anni sono invece trascorsi da quel giorno
di febbraio in cui questa rabbia e passione s’incanalarono nell’unico
mezzo che poteva mandare in tilt la macchina mastodontica del potente:
AdESt
, un giornale, la libera informazione. Otto anni a scrivere,
denunciare, a tenere alta una bandiera per troppo tempo lasciata a
sventolare in solitudine.

Con la stampa “ufficiale” a elemosinare
prebende o a mascherarsi dietro un “garantismo” figlio di contiguità che
è vigliaccheria. Otto anni di un infinito oggi, tra scherni, delusioni e
servi schiocchi che per farsi belli agli occhi del padrone minacciano,
offendono, attaccano chi ti è caro, torturano psicologicamente. Otto
anni in cui siamo cresciuti troppo in fretta. Otto anni che si sentono
tutti e che a furia di sconfitte hanno scavato un numero illimitato di
ferite equamente distribuite tra corpo e anima. Otto anni, un numero
infinito di giorni, ore e minuti aggrappati ad una speranza, vivi grazie
alla passione di chi ti è accanto, alla certezza che la gente con cui
hai lavorato non mollerà mai, neanche un centimetro. Mai. Otto anni e
quella frase “vincerete ragazzi, vincerete” che ti da forza perché
pronunciata da chi aveva sconfitto un buio più grande: quello del
fascismo. Otto anni in cui una generazione di uomini e donne ha saldato
con la storia il debito che i loro genitori, costruendo l’avvento del
cuffarismo per opulenza o per noia,gli avevano lasciato.Otto anni a
edificare futuro, a coinvolgere ragazzi, a rendere ogni angolo un
terreno di scontro col potente. La certezza che quelle sconfitte
momentanee si sarebbero tramutate in vittorie. Abbiamo vinto ed è
finita. Per noi oggi è il 25 aprile. La nostra Liberazione. Abbiamo
lottato e sofferto per ottenerla e per questo non infieriremo sul
nemico. Lo lasceremo fare agli “avvoltoi”, a quelli che arrivano a cose
fatte, quando tutto è finito.

Noi Cuffaro l’abbiamo affrontato quando
era potente, quando ci voleva coraggio, ora è scattata l’ora dei
vigliacchi e non ci appartiene. Non festeggeremo. Perché non c’è niente
da festeggiare. Con la sentenza di oggi si ratifica che per otto anni la
Regione siciliana è stata un’emanazione di “cosa nostra” e noi, uomini e
donne che amiamo ogni angolo della nostra terra, non pensiamo sia una
notizia che può farci felici. Lasceremo festeggiare chi fino ad ieri
leccava il culo al clan Cuffaro per avere le briciole e che ora per
rifarsi una verginità sputerà su Totò cercando di iscriversi al partito
degli anticuffariani. Ci fate pietà e molto più schifo di un nemico che
abbiamo sconfitto e a cui ora cediamo l’onore delle armi. Dieci anni
dopo siamo liberi. Liberi di tornare al nostro lavoro, alla nostra
terra, alle nostre donne, alle nostre passioni. Siamo stati “partigiani”
per troppo tempo, ora torniamo ad essere cittadini di una terra
martoriata ma da oggi più libera, e si ha come l’impressione di poter
finalmente respirare la bellezza del fresco profumo di libertà che fa
rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della
contiguità e quindi della complicità. AdEst per come l’abbiamo
conosciuta finisce qui. Domani ci sarà da ricostruire, con nuove idee,
nuove forze, nuovo entusiasmo. Ma domani.

Oggi è il 25 aprile si chiude
una fase della nostra vita, come sarà la prossima non ne abbiamo idea
ma, credetemi, è un’emozione bellissima.

* Ad Est

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