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28 anni fa l’uccisione del magistrato Ciaccio Montalto

Di Rino Giacalone il . Sicilia

Ventotto anni fa la mafia uccideva il sostituto procuratore Giangiacomo Ciaccio Montalto. Colse l’attimo giusto: l’isolamento del magistrato, che si muoveva senza scorta, ma anche quell’isolamento nasceva anche dalle divisioni che c’erano con il capo della Procura dell’epoca, Lumia, il suo prossimo trasferimento a Firenze, dove le sue attenzioni si erano già posate sul «nucleo» di mafiosi alcamesi che lì si muovevano, tra mafia e massoneria. Il magistrato era uno di quelli che per Cosa Nostra trapanese andava «punito». I giudici hanno condannato come mandanti del suo omicidio, Totò Riina e Mariano Agate.  Aveva 41 anni Ciaccio Montalto quando fu ammazzato, sposato, padre di tre figlie. Faceva il pm in un periodo in cui a Trapani si andava sostenendo che la mafia non esisteva, e invece Ciaccio Montalto era uno di quelli che ne aveva registrato la presenza in tanti faldoni d’indagine.

Il magistrato aveva colpito gli interessi delle cosche applicando senza attendismi la legge sul sequestro dei beni “la Rognoni-La Torre” (passaggio che in una nota ha ricordato ieri il presidente del Consiglio provinciale Peppe Poma) approvata nel settembre 1982: «È triste ricordare questo evento – dice Poma – ma, nel contempo, mi sento onorato di farlo, a nome anche di tutti i gruppi politici che compongono il Consiglio Provinciale di Trapani, per sottolineare ancora una volta  che Giangiacomo Ciaccio Montalto seppe intuire la centralità del ruolo svolto dal territorio trapanese nella ramificazione mafiosa siciliana e internazionale». Per il presidente Poma la strada tracciata da Ciaccio Montalto è quella che oggi va ancora seguita, «il sequestro e le confische dei beni, per recidere i collettori che rendono ancora redditizio lo svolgimento di talune attività imprenditoriali messe al servizio del latitante Matteo Messina Denaro». 

Il Comune di Valderice ha previsto una cerimonia sul luogo del delitto, intanto il sindaco Camillo Iovino ha scritto agli studenti valdericini, fuori da ogni imbarazzo del fatto di trovarsi oggi imputato in un processo per favoreggiamento all’imprenditore mafioso Tommaso Coppola, circostanza da lui negata. Iovino ha esortato le giovani generazioni a coltivare l’esercizio della memoria. «Un dovere civico ma insieme anche un diritto perché – spiega il sindaco – l’oblio può divenire strumento per annacquare insieme al ricordo anche le coscienze».

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