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Lotta la pizzo, svolta a Castel Volturno

Di Antonio Maria Mira* il . Campania

La fiction e la realtà. Pineta mare di Castel Volturno, una fila di camion è parcheggiata sulla strada principale, cavi elettrici, proiettori. Si girano alcune scene della nuova serie “La squadra”. Proprio di fronte è il bar pasticceria Crazy Horse. Il titolare è Daniele Manzo, giovane imprenditore, uno dei dieci che appena due mesi fa hanno dato vita alla prima associazione antiracket di Castel Volturno. Squilla il cellulare. «Buon giorno capitano, mi dica…». Già, là fuori storie romanzate di lotta alla camorra. Qua dentro la dura, ma vincente, realtà della vera lotta alle cosche. «Era il capitano dei carabinieri di Mondragone. Voleva parlarmi degli imprenditori che hanno chiesto di aderire all’associazione».

Una buona notizia. Non solo i dieci tengono duro, ma crescono le adesioni. «Dopo la nascita dell’associazione abbiamo avuto due richieste di adesione. Ma ci sono altri imprenditori interessati ». Segnali promettenti, ma non i soli. «Non ci sono state reazioni negative. Al massimo qualche battutina tipo “ma chi te l’ha fatto fare di metterti sui giornali”. Certo non siamo trattati come eroi ma abbiamo avuto attestati e complimenti. E non ce l’aspettavamo di avere subito tante richieste di adesione». Soddisfazione ma con prudenza. «C’è, probabilmente, chi vuole partecipare per avere un ritorno di immagine. Dobbiamo stare attenti». Li segue e li consiglia chi ha una lunga esperienza come Tano Grasso, fondatore venti anni fa dalla prima associazione antipizzo e ora presidente onorario della Fai, la Federazione antiracket. «Ci dice sempre di essere prudenti e, soprattutto, di stare alla larga da strumentalizzazioni politiche ». E questo fanno. Confermati nella loro scelta. «No, non abbiamo cambiato idea. Non abbiamo mai disertato una riunione, siamo sempre tutti presenti». Lo conferma anche Gianluca D’Auria, proprietario del negozio di articoli da regalo Stop & Shop. «Sì, ne valeva la pena. Sia da un punto di vista economico che di vivibilità della zona».

 Ma non si accontentano. «Vogliamo crescere in modo ragionevole, ma crescere. E fare iniziative pubbliche, non al chiuso: non siamo una società segreta ». E così stanno organizzando incontri pubblici con magistrati, giornalisti, testimoni di giustizia. Soddisfatti, ben sapendo però che la camorra non li mollerà. «Certo – ammette Manzo – il timore che prima o poi si facciano sentire c’è. Ora tutto è rose e fiori. Abbiamo tutti i riflettori addosso, siamo al centro dell’attenzione sia mediatica che delle istituzioni. Mentre magari tra due anni… Per questo dobbiamo avere un gruppo solido». Ma ora hanno anche una certezza. «Sappiamo che non saremo soli. Abbiamo capito l’importanza del rapporto con le istituzioni, con le Forze dell’ordine, coi magistrati. Oggi vengono da noi, ci dicono di chiamare quando abbiamo problemi. Abbiamo toccato con mano che ci possiamo fidare». Una prova? «Una delle persone che abbiamo denunciato e che era stato arrestato, è uscito dal carcere per decorrenza dei termini – racconta D’Auria –. Ogni giorno passa davanti ai nostri negozi per andare a firmare alla stazione dei carabinieri. Quando lo abbiamo visto la prima volta ci siamo, ovviamente, preoccupati e abbiamo chiamato il capitano. Ci ha detto che qualunque guardata storta o battuta avremmo dovuto chiamarlo. Per ora è andato tutto bene…».

Insomma bilancio positivo. «Qualche calo nelle vendite c’è stato perché non vengono più i delinquenti che abbiamo fatto arrestare, i parenti e gli amici. Anche loro compravano… Ma è stato meglio perderli come clienti. Gli altri, per fortuna, non li abbiamo persi».

* L’Avvenire

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