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Lombardia, il dottor Dobermann e gli altri

Di Lorenzo Frigerio il . Lombardia

È in programma per fine mese la manifestazione pubblica che, in questi ultimi giorni, stanno organizzando alcuni sindaci dei comuni ricadenti nell’ASL 1 di Milano, su input del primo cittadino di Vanzago, Roberto Nava, insieme alle associazioni antimafia, capofila “Sos Racket e Usura” di Frediano Manzi. Una plateale protesta si annuncia per chiedere la revoca della nomina del nuovo direttore Pietrogino Pezzano. In queste ore, dopo l’avvenuta nomina, Pezzano, ex direttore della ASL di Monza, è finito nell’occhio del ciclone per le sue dubbie frequentazioni. 

Nel luglio del 2009, infatti, il manager della sanità pubblica, è fotografato dai carabinieri in un bar di Desio, in compagnia di Candeloro Polimeni e Saverio Moscato, esponenti della cosca locale e il fermo immagine finisce nella voluminosa ordinanza di custodia cautelare che a luglio apre l’operazione “Infinito”, versante lombardo dell’inchiesta “Il crimine” che ha consentito alle Dda di Milano e Reggio Calabria di arrestare 300 persone e sequestrare beni per un valore di 60 milioni di euro. Il “dottor dobermann” – così soprannominato per l’amore viscerale che prova per i suoi cani – ha avuto la notorietà televisiva, quando le telecamere di Anno Zero sono andate a chiedergli ragione delle discutibili amicizie. Molti sorrisi e maliziosi ammiccamenti per arrivare a dire che non c’è nulla di penalmente rilevante.

Meglio avrebbe fatto la giunta guidata da Roberto Formigoni nel procedere a designare altri alla guida dell’azienda sanitaria più importante della regione. L’affaire Pezzano rischia di compromettere gli equilibri interni al Pirellone, con una Lega Nord spaccata al suo interno: il presidente del Consiglio Regionale Davide Boni critica la scelta, a differenza dell’assessore alla sanità, Luciano Bresciani, medico personale di Bossi, che l’avalla in pieno, seguito a ruota dallo stesso Formigoni.Altra foto dell’inchiesta “Infinito”, altra grana per la politica lombarda. Nello specifico, la foto è quella in cui il consigliere regionale della Lega, Angelo Ciocca, è immortalato a Pavia insieme ad altre persone, tra cui l’avvocato Pino Neri, in realtà boss di tutto rispetto.

Bossi ha dichiarato che una fotografia non prova nulla, ma di sicuro certifica la capacità degli uomini della ‘ndrangheta di scegliersi gli interlocutori con cui dialogare, fermo restando la necessità di accertamento in sede penale. Passando dalle fotografie ai fatti, occorre ricordare l’arresto, nell’ambito della retata disposta a luglio, di Carlo Antonio Chiriaco, potente manager della sanità lombarda, ma mafioso “per gioco” come ha cercato di schernirsi con gli inquirenti. Legato al nome di Chiriaco vi è quello del sindaco di Borgarello (Pv), Giovanni Valdes, in quota Pdl, arrestato in seguito alle scosse di “Infinito” ma parte di uno stesso gioco criminale. Per questi, come per altri politici citati nell’ordinanza dei magistrati, c’è ovviamente la presunzione d’innocenza.

Lo stesso discorso vale per le amministrazioni comunali nell’occhio del ciclone. A Desio, minoranza e Lega hanno mandato a casa il sindaco prima del probabile scioglimento prefettizio. Altri comuni navigano in cattive acque e le divisioni interne non fanno che fomentare le voci di scioglimento. Staremo a vedere. A completare il quadro della nuova realtà, che vede la politica fare i conti con le relazioni pericolose strette con i boss in decenni di silenzi, si segnalano le polemiche riguardanti il presunto appoggio del boss Franco Coco Trovato al leghista Roberto Castelli: secondo il pentito Giuseppe Di Bella, la ‘ndrangheta avrebbe appoggiato l’astro nascente della politica, la Lega Nord, con l’aspettativa di vantaggi futuri. Non c’è dubbio che l’operazione “Il crimine”, con l’importante capitolo lombardo “Infinito”, abbia segnato un punto di non ritorno nel contrasto alle cosche in Lombardia.

Punto di non ritorno, certamente per quanto riguarda le relazioni tra mafia e politica, come certificano i magistrati: «Inquietanti sono i rapporti del sodalizio con esponenti del mondo istituzionale: forze dell’ordine, candidati a elezioni, appartenenti alla p.a.: la ‘ndrangheta non e solo una rete criminale, ma un vero e proprio sistema di potere che entra in rapporto con altri poteri (economico, politico, imprenditoriale) e con gli stessi instaura rapporti e relazioni stabili non solo di carattere corruttivo ma anche di vicinanza e contiguità». Infatti, oltre a fotografare la penetrazione capillare – ben altro dell’infiltrazione che si tenta di accreditare – delle locali di ‘ndrangheta in terra padana, le indagini dei pm milanesi e calabresi hanno potuto portare alla luce relazioni e intrecci, che ancora lontani dal costituire prove a carico delle persone coinvolte, rivelano una colpevole e leggera indifferenza da parte di rappresentanti delle istituzioni nel rapportarsi con esponenti delle cosche, soprattutto con i “colletti bianchi” delle organizzazioni criminali. Prove di dialogo, fatti da provare, ma fine dell’innocenza sicuramente.

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