Erice: l’antimafia con i giovani
Studenti interessati, curiosi, perfetti conoscitori di quello che succede attorno a loro, capaci di fare le domande anche quelle che suscitano difficoltà anche al più ferrato degli interlocutori, come i due magistrati del Tribunale di Palermo, Pierluigi Morosini e Mario Conte. Nei giorni scorsi, invitati dal Comune di Erice, hanno parlato con gli studenti di otto scuole ericine, che hanno partecipato ad un incontro presso l’aula bunker del carcere di San Giuliano. Presenti anche il giornalista Flavio Tranquillo, noto telecronista di basket, il sindaco Giacomo Tranchida e Margherita Asta, nella qualità di presidente della commissione che ha esaminato le idee progettuali relative al bando comunale per realizzare il «parco della memoria» sul luogo in cui nel 1985 la mafia fece piazzare una autobomba destinata al giudice Carlo Palermo e che uccise Barbara Rizzo Asta e i suoi due gemellini, Salvatore e Giuseppe, di sei anni, mamma e fratellini di Margherita.
Il «parco» è stato uno dei temi affrontati, l’altro è stato quello della presentazione del libro scritto da Tranquillo e Conte, «I dieci passi», «piccolo breviario sulla legalità». Comune denominatore la lotta alla mafia e la crescita di una società civile più sana.
«Il parco della memoria – ha detto Margherita Asta attivista instancabile di Libera – ha anche questo obiettivo, unire la memoria all’impegno, ci sono voluti 25 anni per arrivare a questo progetto, un primo passo il Comune di Erice lo ha fatto con l’acquisizione dell’area, oggi viene fatto un secondo passo, e andiamo avanti. È importante poi sapere che parte delle spese l’amministrazione le può sostenere con il risarcimento ottenuto in sede civile per essersi costituita nel processo per la strage, questo denaro è il maltolto che torna alla società, il risultato deve spronare le amministrazioni pubbliche a non tirarsi indietro dai processi contro la mafia».
La legalità non è poi così distante da noi. Basta fare «dieci passi» dicono il giornalista Flavio Tranquillo, e Mario Conte, giudice al Tribunale di Palermo. «Dieci sono le parole chiave – spiega il giudice Conte – dialogo, mafia, legalità, giudice, processo, soldi, società, sport, informazione, dovere». Un libro che porta una dedica particolare, quella ai gemellini Asta e alla loro mamma, uccisi nella strage di Pizzolungo del 2 aprile 1985. Perché? «Intanto – risponde Tranquillo – io ho due gemelli che sono cresciuti e avendo conosciuto la storia di Pizzolungo spesso li guardo pensando che loro hanno avuto e hanno la fortuna di crescere, mentre il tritolo mafioso ha negato la vita a Salvatore e Giuseppe. Ho conosciuto la mafia in maniera anomala, nel ’92, a 30 anni, lontano dalla Sicilia, delle stragi a Palermo. A 30 anni ho cominciato a cercare di capire davanti a quelle stragi cosa è la mafia, ai giovani di oggi dico che non bisogna avere 30 anni per cominciare a capire cosa sia la mafia, ma a 30 bisogna arrivare conoscendo bene cosa sia la mafia».
Il giudice Pierluigi Morosini ha dato ai ragazzi un giudizio netto, sbagliato pensare che la mafia sia sconfitta: «Oggi – dice il giudice Morosini – emerge dalle indagini, la crisi economica, la crisi del lavoro sono aspetti ai quali la mafia ha messo mano, alla solita maniera. I mafiosi non chiedono più soldi per il pizzo, chiedono alle imprese, alle aziende, agli stessi commercianti taglieggiati l’assunzione di persone, la mafia gestisce pacchetti di assunzioni, soddisfa la domanda di lavoro e conquista nuovo sostegno, Cosa Nostra cerca di dare risposte ai cittadini».
«Noi adulti – aggiunge il giudice Conte – oggi abbiamo l’obbligo di lavorare perché loro i giovani possano essere capaci di costruire una società ancora più sana, non saremo noi a potere mettere la parola fine alla mafia, i giovani se troveranno una società ben fatta lo potranno fare, questo è il mio sogno».
Gli studenti hanno posto tante domande ai giudici, anche quella sul bullismo. «Il bullo a scuola va denunciato così come il mafioso. In fin dei conti hanno atteggiamenti comuni, il bullo come il mafioso si presenta agli altri facendo il simpatico, in modo accattivante, facendo sorridere, bullo e mafioso si atteggiano, ma in fin dei conti sono tutti e due dei deboli». «Credo – dice il vice sindaco di Erice Laura Montanti – che i giovanissimi siano migliori di quanto noi crediamo. Penso che per diffondere l’amore per la correttezza ed il senso del dovere, unici baluardi contro mafia e prepotenza, ci vogliano parole semplici ed esempi chiari, così come hanno fatto Conte e Tranquillo nel loro libro e nella manifestazione all’Aula Bunker».
La presentazione del libro ha accompagnato la presentazione del progetto per fare nascere il «parco della memoria» laddove nel 1985 i mafiosi fecero orrenda strage uccidendo una mamma ed i suoi due gemellini: «Sono emozionata – dice l’avvocato Montanti – nel sapere che tra poco tempo a Pizzolungo, anche grazie al mio impegno personale che si è sommato a quello del sindaco Tranchida, sorgerà qualcosa di bello nel ricordo di Barbara, Salvatore e Giuseppe».
I ragazzi hanno chiesto come è nata la mafia e come è possibile difendersi dal mafioso così come dal «bullo» che si incontra a scuola, come funziona la legislazione antimafia. Hanno anche detto di essere pronti alla sfida lanciata dal giudice Conte «perchè tocchi a loro mettere la parola fine alle mafie». «Oggi – ha commentato il sindaco Tranchida – abbiamo fatto un passo in più perchè nelle città che vogliamo non si senta più il puzzolente odore della mafia».
Sono giovani da incoraggiare questi ericini, hanno la fortuna di avere un gruppo di insegnanti sensibili a portare in classe i temi della legalità, una amministrazione che decide di fare arrivare negli istituti l’agenda della legalità e libri come quello firmato da Mario Conte e Flavio Tranquillo. A qualche chilometro di distanza altri Comuni pensano a fare altro, a tenere lontano le scuole dai temi dell’attualità, se non qualche eccezione isolata, la legalità semmai diventa occasione per comparire, chiamare il fotografo e farsi fare la foto e farla pubblicare sul giornale, così da pulirsi la coscienza. Si distribuiscono premi e attestati che non costano nulla e non lasciano niente. Succede a Trapani la città che vorrebbe cittadino onorario il prefetto Fulvio Sodano, il prefetto che cacciò via la mafia dal suo ufficio quando era prefetto a Trapani.
Il sindaco Fazio che ha negato il riconoscimento di questa cittadinanza, ha spiegato che lo ha fatto anche perchè Sodano a lui di queste cose non parlò mai. Lo dice Fazio che qualche giorno addietro ha detto di avere subito pressioni mafiose e di non essersi a queste mai piegato, dimenticando, pare, però, di rassegnare i fatti all’autorità giudiziaria. Sodano invece chiamò i poliziotti e riferì di quell’imprenditore mafioso che era andato a trovarlo accompagnati da un funzionario pubblico per convincerlo a vendere la Calcestruzzi Ericina confiscata alla mafia, Cosa Nostra tentò di riavere indietro il maltolto, ma sulla strada incontrò l’opposizione di Sodano, che per il suo no nel 2003 venne di corsa trasferito da Trapani, ma prima denunciò quell’episodio, disse che la mafia l’aveva non solo sentita sulla sua pelle ma l’aveva incontrata.
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