L’appello della società civile al Presidente della Repubblica
Recenti e qualificate ricerche hanno delineato una Sicilia marchiata dall’economia sommersa, “della complicità o dell’alleanza con le organizzazioni criminali”. Al declino della violenza esplicita mafiosa fa da contraltare l’estensione delle mafie nell’economia formalmente legale, dove l’accumilazione della ricchezza avviene attraverso relazioni sociali e attività economiche costruite sulla base del coinvolgimento diretto e dei favori scambiati con i potentati economici,politici,professionali, fino a godere della complicità di specifici e decisivi ambiti istituzionali. Si è creato uno spazio dove lecito e illecito finiscono per entrare in commistione, una commistione ove le classi dirigenti sono tali in quanto espressione degli interessi della borghesia mafiosa dominante. Le scelte di poltica economica e finanziaria più rilevanti, dall’urbanistica agli interventi nel settore energetico, dai servizi alla gestione dei beni pubblici, alle grandi opere, sono ispirate da questo contesto e dal dominio della borghesia mafiosa. Scelte che comportano gravi danni ai bisogni sociali, alla salvaguardia dell’ambiente e del patrimonio collettivo.
In questo quadro la città di Catania viene considerata, oggi anche dal presidente di Confindustria Sicilia, l’epicentro dell'”area grigia”, dove massimamente si compenetrano mafia ed economia legale. Una città dove, diversamente che a Palermo o Caltanissetta o Agrigento, l’azione di contrasto delle istituzioni delegate risulta o inefficace o largamente insufficiente. Aggiungiamo, incapace o deliberatamente inerte nel colpire i ceti politici ed economici dominanti della città. Emblematica ed evidente, da questo punto di vista, è apparsa la gestione delle indagini relative al governatore Lombardo, al fratello Angelo, a rilevanti ambienti imprenditoriali. L’intervento del Procuratore D’Agata è apparso ai più quello del difensore dei potentati piuttosto che quello del difensore della legalità repubblicana e costituzionale. Ne è conferma il contenuto dell’intervista rilasciata a Toni Zermo sul quotidiano “La Sicilia” di Mario Ciancio, anch’esso indagato, rivolto contro le considerazioni espresse da Ivan Lo Bello.
Alla vigilia della nomina del nuovo Procuratore della Republica di Catania, facciamo appello al Presidente della Repubblica, affinchè non si ripeta quando avvenne tre anni nel 2008 quando il Csm, allora presieduto da Mancino, con una decisione ispirata dai Palazzi romani e dai potentati politici ed economici catanesi, nominò D’Agata, sovvertendo l’indicazione largamente maggioritaria della Prima Commissione favorevole ad una figura esterna avente le caratteristiche della impermeabilità e dell’internità al sistema di potere catanese.
* società civile catanese
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