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Migranti in marcia a Rosarno

Di Anna Foti il . Calabria

Ad un anno dalla rivolta carica di esasperazione e disperazione, migranti marciano a Rosarno e Reggio Calabria e presidiano la Prefettura della Provincia reggina per rivendicare i loro diritti. Tornati in Calabria, hanno difficoltà a lavorare e ad affittare la casa perché le uniche cose mutate attengono all’aumento dei controlli per arginare il lavoro nero di migranti irregolari ed alla diminuzione di quegli episodi avvenuti invece per decenni in cui gesti di intolleranza, violenza gratuita, come lanci di sassi, pestaggi poi degenerati in ferimenti e rapine dei guadagni di giornata nei campi, venivano posti in essere da parte di giovani imbevuti di logiche di sopraffazione mafiosa.
Ad oggi questo fenomeno si è  notevolmente ridotto e gli africani che avevano sempre avuto paura, hanno un giorno trovato il coraggio di denunciare e collaborare con le Istituzioni italiane per incidere su questa che era, realmente, una situazione di disordine pubblico e insicurezza sociale. In un contesto generale di grande impegno di magistratura e forze dell’Ordine e mutamenti – duri colpi inferti alle cosche del luogo, Pesce e Bellocco, arresti, sequestri e confische, ed il fenomeno finora quasi del tutto inedito da queste parti del collaborazionismo rosa con la Giustizia – anche il ruolo di chi ha sfidato, da cittadino straniero mosso dunque da un senso universale di dignità e giustizia, quel fare arrogante e radicato si è rivelato fondamentale.  Mali, Burkina Faso, Gambia, Guinea. Sono solo alcuni dei paesi di provenienza dei cittadini africani di Rosarno. Paesi in cui i diritti non sono cibo quotidiano, ecco perché molti di loro sono tornati in Calabria, anche dopo la rivolta a causa quelle dure condizioni di vita e di sfruttamento nei campi di raccolta degli agrumi, condizioni ancora più o meno presenti.
Oggi quei cittadini stranieri sono scesi in piazza con un unico messaggio chiaro e deciso. Documenti per lavorare con dignità, affittare una casa e vivere in terra calabrese, oggi più soggetta a controllo sul fronte della prevenzione del lavoro nero. Documenti per un presente in Calabria senza rischiare il carcere in caso di sopralluoghi dell’Ispettorato del Lavoro, senza essere sfruttati in un settore quale quello agricolo fortemente piegato da una crisi particolarmente spinosa e senza violare una legge che purtroppo ormai ammette sanatoria solo in casi limitatissimi e che non consente loro spazi in assenza di contratti di lavoro già al momento dell’ingresso. In marcia questa mattina nell’antica città di Medma, oggi Rosarno, per rivendicare diritti ad un anno di distanza dal gennaio dello scorso anno in cui la rivolta di molti cittadini extracomunitari catalizzò l’informazione nazionale.
Ad oggi la CGIL Gioia Tauro e la Rete Radici, con l’adesione di tante altre realtà associative impegnate sul fronte dell’integrazione e della giustizia sociale, registrano l’assenza di quel cambiamento in termini di tutela invocato da più parti. In centinaia hanno sfilato per le vie principali di Rosarno. Dopo l’accentramento in piazza Giuseppe Valarioti, il saluto del primo cittadino Elisabetta Tripodi, il corteo prevalentemente costituito da migranti, ha percorso le vie del centro prima di ritornare al piazzale di partenza e da lì, con i pullman arrivare a Reggio Calabria per il presidio davanti alla Prefettura per chiedere un tavolo regionale e discutere di accoglienza, permesso di soggiorno, lavoro regolare, politiche di sostegno ai migranti e agli operatori del settore agricolo. Ma intanto ad un anno da quella rivolta – denuncia, i migranti sono tornati perché in Calabria con una casa e un lavoro vivrebbero bene, in un clima di accoglienza e benevolenza. In un contesto mutato solo sotto il profilo dei controlli e che li vede non più bersaglio di quella violenza cieca che essi stessi hanno sfidato con lo strumento della denuncia e della parola, tutte note per sé positive come l’odierna mobilitazione e la partecipazione dei migranti arrivati in numero inferiore rispetto agli anni scorsi, il dato per nulla incoraggiante purtroppo rimane inascoltato.
Esso attiene alle condizioni di vita e quest’anno, più che allo sfruttamento stroncato sul nascere anche le indagini e gli arresti dello scorso novembre, all’assenza di lavoro senza documenti di soggiorno. Dunque il paradosso rimane e si ingigantisce; c’è bisogno di lavorare ma le assunzione non sono consentite in assenza di titolo di permanenza in territorio italiano, né questo oggi costituisce più requisito per una sanatoria successiva. Non si lavora senza permesso di soggiorno, tranne colf e badanti per cui si è proceduto ad una corposa sanatoria, ma non si ottiene il permesso di soggiorno senza un lavoro. Una spirale senza uscita.
Inoltre, adesso che le maglie si sono ristrette e che i controlli dell’Ispettorato del Lavoro si sono intensificati, la crisi del settore agricolo in gran parte alla base dello sfruttamento dilagante della manodopera nel settore, non può concedersi più alibi e a fronte di prezzi taglieggiati dal mercato ormai globale degli agrumi, elimina i rischi alla radice e, pur avendone bisogno, non assume rassegnandosi, in assenza di politiche governative di sostegno e valorizzazione dei prodotti a chilometro zero rispetto a quelli importati dall’estero, anche ad un declino ineluttabile della propria attività produttiva. Lati positivi e negativi, dunque, sulla vicenda di Rosarno. Ridurre l’area grigia dell’illegalità con maggiori controlli evidentemente non è bastato. La mobilitazione di oggi lo dimostra. I Diritti fondamentali dei cittadini stranieri invocano ancora tutela, perché sono mancati gli interventi legislativi a supporto dell’accoglienza e dell’agricoltura. La questione non era quindi di solo ordine pubblico, come invece è stata inquadrata dal governo Berlusconi.
Ancora una volta, come successo già  in occasione della denuncia e delle indagini per il ferimento di un cittadino africano nel dicembre 2008 a Rosarno, come avvenuto per la testimonianza del cittadino rumeno nella strage di fine 2010 a Filandari nel vibonese, anche oggi a Rosarno e a Reggio Calabria, la sensazione che si registra è che molte delle illegalità diffuse nel nostro territorio stiano emergendo e, pur se non in maniera compiuta ed esaustiva, stiano attirando degli interventi e innescando un meccanismo di consapevolezza e risveglio delle coscienze. Dunque il contributo alla crescita civile della nostra terra che i cittadini stranieri in cerca di asilo e lavoro, molti dei quali oggi in piazza per rivendicare civilmente i proprio diritti, stanno offrendo sia di un valore inestimabile e ancora troppo sconosciuto.

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