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Un anno fa la bomba che ha squarciato l’Italia

Di Giulia Fresca* il . Calabria

Cosa è cambiato in Calabria ad un anno dalla bomba che squarciò
l’ingresso della Procura di Reggio Calabria ed insieme ad esso la
coscienza dell’Italia tutta?. Da quel 3 gennaio 2010 una delle parole
più “di moda” nel panorama mediatico è “ndrangheta”. Tutti ne parlano,
chiunque si sente in diritto di intraprendere su di essa il proprio
percorso filosofico contribuendo ad alimentare quel mondo di confusione
che mette insieme chi la ‘ndrangheta la studia da chi la combatte
quotidianamente a discapito della propria esistenza.

Una bomba,
che ha squarciato l’Italia, ponendo il discriminante tra Sud e Nord del
Paese, con particolare riferimento alla Lombardia dove, quasi
all’improvviso, ci si è accorti essere la regione dove la ramificazione
delle famiglie “calabresi” criminali aveva maggiormente attecchito.

C’è
chi si ostina a sostenere che nel corso di questo anno da quell’attacco
alla Procura della Repubblica, seguita dagli scontri di Rosarno, dalla
bomba all’abitazione del Procuratore Salvatore di Landro, ed ancora al
ritrovamento, il 21 gennaio in occasione della visita del Presidente
della Repubblica, Giorgio Napolitano di un’auto lasciata al margine
della carreggiata lungo il percorso presidenziale contenente un arsenale
di fucili, pistole e due ordigni rudimentali collegati a una miccia,
per continuare con intimidazioni e lettere minatorie indirizzate a
giornalisti e giudici tra i quali Giuseppe Lombardo, sostituto
procuratore della Dda di Reggio Calabria, che il 25 gennaio si vide
indirizzare una busta contenente un messaggio di morte con tanto di
cartuccia caricata a pallettoni allegata.

Un anno che ha visto la
Calabria protagonista della prima pagina, di tante edizioni nazionali,
per la cronaca nera e giudiziaria. La “presenza dello Stato”, tanto
invocata e mistificata, si è risolta nell’invio di poche decine di
poliziotti che, stando alla carenza di organico presente nell’intera
regione, rappresentano la risposta più inidonea che si potesse ricevere
per contrastate la criminalità. Ciò di cui si aveva bisogno, ovvero la
nomina di un numero sufficiente di Giudici, la vera lotta alla
ndrangheta condotta con le armi bianche della legalità, del lavoro,
della fiducia nello Stato, non si sono state ed a distanza di un anno, è
l’antistato che ancora ha la meglio su un popolo che stenta a
riemergere per i suoi valori positivi, agli occhi dell’opinione
pubblica.

Sarà il Movimento ReggioNonTace, a richiamare a
raccolta tutti i cittadini di Reggio Calabria per partecipare ad un
incontro del titolo “L’effetto Bomba” che si terrà presso la Sala
Conferenze del Palazzo della Provincia, nel corso del quale saranno
esaminati gli effetti che quella bomba ha prodotto sul nostro territorio
per le Istituzioni, le Forze dell’Ordine, i Magistrati e la società
civile. Sarà presente all’incontro anche il Procuratore Di Landro, con
il quale si farà il punto su: attentati, iniziative di contrasto alla
‘ndrangheta, attuazione o meno degli impegni assunti dalle Istituzioni,
collaborazione e risposte della società civile.

Il Movimento
ReggioNonTace, ancora una volta si propone di contribuire al risveglio
delle Coscienze, nella personale assunzione di responsabilità, per
riscattare la nostra città di Reggio Calabria, per prima, dalla presenza
criminale e soprattutto dalla sfiducia e dalla rassegnazione. «Siamo
convinti – commenta padre Giovanni Ladiana dal Movimento- che solo la
riflessione e le scelte concrete di crescita civile, da parte di tutti,
possono minare la prepotenza di questo cancro della nostra società. Del
resto, come tante volte hanno rivelato i magistrati, gli stessi
‘ndranghetisti ne sono consapevoli, affermando: “se la gente comincia a
ribellarsi per noi è finita”. L’iniziativa sarà anche l’occasione per
definire il programma che pensiamo di svolgere nel 2011e che ci vedrà
concentrati sul tentativo di smascherare la cosiddetta zona grigia.
Vogliamo incontrare associazioni imprenditoriali, ordini professionali e
responsabili dei partiti, da cui esigere la sottoscrizione di codici
etici che li impegnino nei confronti di tutti i cittadini. In tale
contesto, esamineremo quali passi la Società Civile sta attuando per
rispondere alla recrudescenza della violenza della ‘ndrangheta e per il
ripristino della dignità e libertà di tutti e di ciascuno. Da qui
vogliamo rilanciare la proposta della nascita di una rete cittadina, e
contribuire a crearla».

A distanza di un anno ciò che si muove è
il “basso”, ovvero quella larga parte della cittadinanza che spesso è
invece associata all’immagine criminale non fosse altro che per il suo
silenzio. Al pari di Reggio, oggi sarà la Calabria a non voler tacere,
tanta è forte il sentimento di quanti si sentono mortificati da
quell’opinione pubblica nazionale che, per colpa di quella distorta
informazione spesso dettata da velleità personali dettate dal “fenomeno
modaiolo della ndrangheta”, vengono associati all’idea di un fenomeno
criminale, pericoloso e ramificato che al contrario, combattono
quotidianamente.

L’anno trascorso deve servire per non
dimenticare che lo squarcio maggiore non lo ha provocato la bomba alla
Procura di Reggio Calabria, ma il giudizio di quanti, nell’ignoranza e
supponenza dei propri ragionamenti, continuano ad associare la Calabria
alla Ndrangheta senza ricordare che essa riamane la regione più povera
d’Italia, l’unica vera vittima della criminalità alla quale continua,
disperatamente ed in solitudine a ribellarsi.

*da articolo21.org

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