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Onorata Sanità: condannato a 11 anni Domenico Crea

Di Gianluca Ursini il . Calabria

Mancava un giorno all’Antivigilia di Natale; giornata lunga nelle aule giudiziarie di Reggio, sullo Stretto; prima di allentare i ritmi per le feste natalizie, i giudici calabresi hanno portato a conclusione in primo grado alcune delle vicende giudiziarie che avevano caratterizzato l’azione della Procura antimafia, prima che iniziasse l’anno più spericolato e pericoloso, il 2010 delle bombe e dei bazooka, anno di attentati che va a conclusione.
Al termine di una giornata giudiziaria con un calendario fitto, arriva soprattutto la condanna a 11anni per Mimmo Crea, ex consigliere regionale nelle fila della Margherita, subentrato in Consiglio a palazzo Campanella, dopo l’omicidio del collega di partito Franco Fortugno, ex vicepresidente della giunta regionale, nell’ottobre 2005.

Oltre alla militanza nella Margherita e nel sistema di potere Loiero, i due politici condividevano anchela professione medica, ma Crea nonera dipendente di una Asl come Fortugno (Locri), ma aveva intravisto il business delle cliniche private, soprattutto nell’assistenza alla terza età, fondando Villa Anya a Melito; clinica che si considerava modello fino al gennaio 2008, quando con l’operazione “Onorata Sanità” scattarono le manette per tutta la famiglia Crea dal padre domenico al figlio Antonio, dirigente in Villa Anya, alla figlia Annunziata e alla moglie Angela Familiari.

Per il politico di centrosinistra l’accusa pesantissima fu di 416 bis per aver “avvantaggiato un’associazione di tipo mafioso, sodalizio articolato nel basso versante jonico tra la potente cosca Morabito – Zavettieri di Africo e Roghudi, con le cosche Cordì di Locri e Talia di Bova Marina”, secondo quanto disposto dai giudici adesso. Da allora, sono stati tre anni di carcere preventivo per Crea padre e figlio. A Crea è toccata una sentenza a 3anni e 3mesi per falso ideologico (niente 416 bis quindi), ed è potuto uscire per decorsi termini di carcerazione. Ma ha preferito rimanere fino all’ultimo di fianco al padre, raggiunto da una pesante condanna a 11 anni (dei 16 richiesti dai Pm Mario Andrigo e Marco Colamonici) per associazione mafiosa e diversi altri reati. Assolta la figlia Nunziata, per la moglie Angela, manager aziendale 9 mesi per truffa e niente 416 bis, così come per l’altro manager Antonino Iacopino: 9 mesi per truffa. Il collegamento tra l’ambiente medico melitese e le cosche aspromontane era anche assicurato dal dottore Giuseppe Pansera, cognato del capoclan dei Morabito, condannato il 17 gennaio scorso, nel rito abbreviato dello stesso processo, a 7 anni per 416bis.

In questa sede giudiziale non è stata vagliata l’accusa più pesante, che aleggia su Crea nel processo per l’omicidio di Franco Fortugno: quella di aver tramato nella pianificazione dell’assassinio del collega di partito per potergli subentrare prima in Consiglio regionale, poi magari in giunta a Catanzaro, come assessore alla Sanità, così da diventare per le ‘ndrine aspromontane, capeggiate da Peppe Morabito detto ‘U tiradrittu’, un referente politico nel centrosinistra per le politiche ospedaliere. La tesi fu adombrata anche dai maggiori quotidiani nazionali, ma si è rivelata niente più che una illazione, fino ad ora.
 
E nella stessa giornata un colpo letale è stato assestato dal gup Petrone di Reggio alle cosche storiche di Seminara, centro preaspromontano sopra Palmi: i Gioffrè, i Caia, Santaìti e Scicchitano. Ben 19 condanne disposte in primo grado su 22 richieste dall’accusa, rappresentata da Roberto Di Palma, più tre assoluzioni. Si va dai 14 anni per Vincenzo Emma ai 15 per Peppe Gioffrè (boss a 26 anni) fino ai 12 per Antonio Caia, giù fino a 2 anni a Michele Scicchitano. Assolti i fratelli Garzo, Donatella Fortunato e Pietro. Le indagini risalgono al 2006, all’indomani dell’omicidio in febbraio di Domenico “Micu l’orbu” Gaglioti, che scatenerà una serie di delitti, tra cui la cosidetta ‘faida di Barritteri’ tra i Bruzzise di quest’ultimo paesino e i Gallico (di Palmi) e altre ritorsioni tra famiglie della stessa Seminara.

Proprio in quest’ultimo centro, come dimostrato nel processo ‘Topa’ in primo grado (Pm sempre Roberto Di Palma, massimo esperto di Piana in Dda) i Gioffrè potevano condizionare con precisione aritmetica il conteggio dei voti alle elezioni comunali; “dovremmo disporre di 150 voti per la lista di nostro compare”, si sente in una intercettazione tra due Gioffrè, a proposito di un quartiere del centro aspromontano. E alla fine ne arrivarono 156. Tornando invece al processo Artemisia (ancora in corso al tribunale di Palmi per i processati con rito ordinario) si può considerare l’ennesimo successo del 2010 per Dda e Carabinieri calabresi, con oltre 150 anni di pene comminate, nonostante lo sconto di un terzo, previsto dal rito abbreviato.
 

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