Messico, il potere dei narcos
Il “Proceso” è una delle riviste storiche messicane. Attento ai problemi sociali e politici, il settimanale più letto dai progressisti messicani dedica la sua prima sezione al narcotraffico. Una scelta non scontata in un paese dove, secondo la commissione d’inchiesta della Camera, il 71% del territorio è sotto l’influenza dei narcos e dove c’è il più alto numero di giornalisti uccisi o minacciati. Mi trovo a San Cristobal, nella città dove partì la ribellione zapatista. Sui tavolini del Tierra Adentro, un caffè molto legato ai movimenti sociali del Chiapas, spunta un numero di ottobre del Proceso che pone in copertina un titolo inequivocabile: “Il potere dei narcos”. Scorrendo le cifre citate dal giornalista, emerge un ritratto di un paese in guerra.
La Commissione di sviluppo municipale della Camera, in una ricerca pubblicata il 30 agosto 2010, ha calcolato che i narcos esercitano la totale egemonia in 195 municipi, mentre hanno un’influenza parziale in più di 1500. Il livello locale èinfatti l’anello più debole della catena del potere politico poichè i funzionari hanno un contatto diretto con i cittadini del luogo. Il processo che si verifica è dunque una vera e propria “feudalizzazione” del territorio. Dapprima si instaurano le relazioni e accordi di scambio con i funzionari locali, mentre in secondo luogo, quando questi vengono eletti senatori, si creano veri e propri feudi. Un sistema che si sta ampliando anche al livello del governatori degli stati.
Basti pensare a Mario Villanueva Madrid, ex governatore del Quintana Roo, lo stato che ha appena ospitato il vertice Onu sul clima Cop16, incarcerato per i legami con il cartello di Juarez. A San Cristobal gli studenti sembrano confermare questa tesi: “Il legame tra narcos e Stato è talmente profondo che si fa fatica a distinguere dove finisce l’uno e dove incomincia l’altro”. D’altronde la strategia di repressione militare portata avanti dal governo Calderon non ha fatto altro che aumentare la spirale di violenza causando oltre trentamila morti in quasi quattro anni. Un periodo nel quale secondo il professore universitario e coordinatore dell’ITAM Edgardo Buscaglia si è verificato una “afganizzazione” dello Stato.
“Un processo simile a quello avvenuto in Afghanistan dove l’autorità formale dello Stato è stata sostituita in ampie zone a quella che fa capo ai narcos o a funzionari collusi con la malavita organizzata. Negli ultimi tre anni, il processo si ampliato molto: nel 2007 si contavano circa 353 aree municipali controllate dai narcos, nel 2009 650 mentre oggi si arriva a 982”. Qui a San Cristobal la vita scorre tranquilla e il potere dei narcos sembra essere lontano, ma tra le montagne che circondano la città rappresentano zone di passaggio dei traffici di coca diretti verso gli Stati Uniti.
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