Dal nord al sud, duro colpo agli affari dei clan
Questa volta non si arrestano gli affiliati ma l’attività investigativa si concentra sulle tasche dei mafiosi. Notevole sequestro a Palermo, dove i carabinieri del Nucleo investigativo hanno confiscato 50 milioni di beni all’imprenditore palermitano Vincenzo Graziano, già condannato per associazione mafiosa e elemento di spicco della famiglia mafiosa dell’Acquasanta. Si tratta di beni mobili ed immobili tra cui uno yatch ed una Ferrari, frutto di un’attività di riciclaggio. Sempre a Palermo, due presunti fiancheggiatori del boss di Altofonte Domenico Raccuglia, Andrea Di Matteo, e Salvatore Giuseppe Raccuglia (omonimo ma non parente del capomafia catturato il 15 novembre del 2009 a Calatafimi), sono stati arrestati dai carabinieri del Comando Provinciale di Palermo. Dopo la condanna Graziano, però, era diventato più prudente e aveva trasferito tutte le sue attività economiche lontano dalla Sicilia, in Friuli. Da due anni, a Udine, era tornato a fare la bella vita e girava anche in Ferrari o sulla sua fiammante Bmw X6. Adesso, il tribunale per le Misure di prevenzione di Palermo ha disposto il sequestro del patrimonio di Graziano, che ammonta a circa 50 milioni di euro.
In Sicilia erano rimasti un cabinato di 13 metri e soprattutto tanti conti correnti. In provincia di Udine, a Martignacco, sono stati apposti i sigilli a sette appartamenti di un residence e a 14 autorimesse, poi anche a due terreni. A Tavagnacco, Vincenzo Graziano aveva fissato la sede della sua “A. g. costruzioni srl”, anche questa sequestrata: presto, sarebbero partiti nuovi cantieri. “Oggi Cosa nostra tende a parcellizzare il più possibile il proprio patrimonio per tentare di sfuggire alle investigazioni”, dice il tenente colonnello Paolo Piccinelli, comandante del Reparto Operativo dei carabinieri di Palermo: “I mafiosi e i loro prestanome cercano di crearsi una nuova immagine, soprattutto nel campo dell’imprenditoria”.
A Catania la Dia, invece, ha sequestrato beni per 30 milioni di euro a Maurizio Zuccaro, legato da vincoli di parentela alla cosca Santapaola in quanto cognato di Enzo Santapaola, nipote del capomafia Benedetto. Le indagini della Dia, che interessano un arco temporale compreso tra il 1993 al 2005, hanno consentito di ricostruire la rete di prestanome di Zuccaro, nonche’ di accertare l’evidente discrepanza tra i redditi dichiarati e il patrimonio posseduto. E’ stato accertato come la moglie e i figli dell’uomo, pur dichiarando redditi esigui, avrebbero acquistato quote societarie, immobili, una serie di attivita’ commerciali nel campo della ristorazione e alimentazione, nonche’ un parco auto di grossa cilindrata. Sotto sequestro sono finiti diciannove immobili, tra cui un complesso residenziale di lusso, diverse attivita’ commerciali, sei auto, altrettante moto e numerosi rapporti bancari intestati. Zuccaro e’ stato piu’ volte condannato per associazione mafiosa e deve scontare l’ergastolo per omicidio e distruzione di cadavere. Attualmente si trova agli arresti domiciliare per motivi di salute, con sentenza del Tribunale di Sorveglianza di Messina. Diversi pentiti lo hanno indicato elemento di spicco della famiglia catanese di Cosa nostra. Uomo d’onore della famiglia Santapaola, e’ figlio del pluripregiudicato Rosario, molto conosciuto nel quartiere “San Cocimo”, scomparso nel 2005 e uno dei principali protagonisti della storia criminale mafiosa catanese degli ultimi anni.
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