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‘Ndrangheta in Lombardia, l’Infinito alla sbarra

Di Lorenzo Frigerio il . Calabria

Il dado ormai
è tratto e la Direzione Distrettuale Antimafia di Milano ha sciolto
il nodo, scegliendo la via principale per portare alla sbarra i presunti
mafiosi finiti nelle maglie lombarde dell’operazione “Il Crimine”
nel luglio di quest’anno. Oggi, infatti, si formalizza la richiesta
per il giudizio immediato a carico dei 174 soggetti arrestati nell’ambito
delle indagini coordinate con la DDA di Reggio Calabria. L’importante
annuncio è stato dato ieri nel corso di una conferenza stampa, che
ha visto la presenza, tra gli altri, del procuratore di Milano Edmondo
Bruti Liberati, dell’aggiunto Ilda Boccassini e dei loro colleghi
calabresi Giuseppe Pignatone e Nicola Gratteri. Un segnale importante
che testimonia l’unità d’azione delle due procure antimafia che
hanno disarticolato l’organizzazione delle cosche, soprattutto nelle
loro propaggini al nord.

È la svolta
per il versante lombardo dell’inchiesta, denominato significativamente
“Infinito”, che ha avuto l’effetto di un vero e proprio scossone
sia sull’opinione pubblica sia sulla politica regionale, chiamata
a confrontarsi con la diffusione delle cosche sul territorio lombardo.
Le polemiche successive alla denuncia televisiva di Roberto Saviano
sulla presenza delle mafie al nord, in particolare in Lombardia; le
rivelazioni contenute nel libro “Metastasi” sulle presunte relazioni
tra ‘ndrangheta e Lega Nord in quel di Lecco: sono tutti fattori che
hanno ravvivato ulteriormente il fuoco che covava sotto le ceneri e
oggi, di fronte al nuovo passo formale della magistratura, tornano antichi
dubbi e nuove paure.

È certo che,
nel silenzio assordante delle istituzioni, i giudici milanesi hanno
avuto la capacità di operare sotto traccia, portando a termine una
delle più importanti operazioni antimafia mai eseguite nel nostro Paese.
Un’inchiesta che, senza tema di smentite e ben oltre i futuri esiti
processuali, ha fin da adesso, ma ancora di più lo assumerà in seguito,
lo stesso significato culturale di altri due importanti processi: il
maxiprocesso contro Cosa Nostra, istruito dal pool di Falcone e Borsellino
e il procedimento denominato “Spartacus” che ha riguardato il clan
dei Casalesi. Abbiamo a che fare cioè con un’inchiesta che determinerà
la fine dell’alibi negazionista per giustificare il mancato impegno
contro le cosche in Lombardia. Dopo questo processo, non sarà più
possibile sostenere che il fenomeno mafioso riguarda il meridione e
che, al nord, si è in presenza di singole infiltrazioni.

La scelta di
adire la via del giudizio immediato rivela che i magistrati ritengono
di essere in possesso delle prove necessarie e sufficienti per inchiodare
alle loro responsabilità i boss e i gregari finiti in manette a luglio.
Si salta quindi l’udienza preliminare e si arriva direttamente in
aula per l’esame delle prove. I 174 presunti mafiosi appartengono
alle quindici locali di ‘ndrangheta che sono state portate alla luce
durante l’operazione e che erano attive in tutta la Lombardia, da
Milano a Pavia, dalla Brianza al resto della regione. I nomi eccellenti
che finiscono ancora una volta sotto i riflettori sono quelli dell’avvocato
Pino Neri, di Vincenzo Mandalari, di Pasquale Zappia, ma non mancano
anche esponenti della cosiddetta “zona grigia”; un nome per tutti
quello di Carlo Chiriaco, già direttore della ASL di Pavia. Secondo
la Boccassini, Chiriaco «non è certo un personaggio di secondo piano».
Proprio il riferimento all’ex manager della sanità pavese, consente
al magistrato di tornare sui rapporti tra ‘ndrangheta e politica:
«se ne chiacchiera molto e da tempo, ma noi ci occupiamo di fatti.
E poi non è una novità, oltre all’ala cosiddetta militare c’è
un’ala che cura contatti con colletti bianchi e istituzioni».

Probabile invece
lo stralcio e la richiesta di rinvio a giudizio per mandanti ed esecutori
dell’omicidio di Carmelo Novella, l’uomo che aveva l’ambizione
di rivendicare la piena autonomia per le cosche calabresi in Lombardia
e che per quest’affronto è stato spazzato via nel luglio di due anni
fa. Per quanto riguarda invece il versante calabrese dell’operazione,
il procuratore Pignatone ha dovuto ammettere, con rammarico, un ritardo
per problemi organizzativi e di risorse, dando come scadenza probabile,
per la chiusura e la richiesta di rinvio a giudizio, l’inizio del
nuovo anno.

Nell’incontro
con i giornalisti, Ilda Boccassini ha avuto modo di tornare sull’allarme
lanciato a più riprese nei mesi scorsi: nonostante la mancanza di denunce
– ha dichiarato il procuratore – «ritengo che il fenomeno criminale
che riguarda l’usura e l’estorsione sul territorio di Milano sia esteso».

Cittadini e
imprenditori quindi non denunciano le pressioni e le violenze subite,
segno di una capacità d’intimidazione diffusa e in grado di esercitare
un peso nelle decisioni dei singoli, anche quando lo Stato dimostra
di colpire le cosche duramente e con determinazione. Si preferisce pagare
e subire, piuttosto che ribellarsi e denunciare. In una fase di crisi
economica come quello attuale, secondo Bruti Liberati, «è molto più
facile per la criminalità agganciare chi è in difficoltà».

Il clima di
omertà è quindi il dato più allarmante da registrare,
a fronte degli innegabili successi di magistratura e forze dell’ordine.
La situazione quindi è assolutamente preoccupante e i magistrati hanno
rivolto un nuovo appello, non escludendo la richiesta di attivarsi in
tal senso con realtà imprenditoriali, come Assolombarda e mondo dell’associazionismo
e dei sindacati, per trovare una sinergia di intenti e attivare circuiti
virtuosi che alimentino la fiducia nelle istituzioni e incentivino la
collaborazione con la giustizia. Un impegno, quello a farsi avanti e
a denunciare che Libera aveva raccolto in tempi non sospetti e ulteriormente
rilanciato negli ultimi mesi, proprio in ragione di quanto stava avvenendo,
dalla referente milanese dell’associazione, l’avvocato Ilaria Ramoni,
che, ha annunciato il prossimo avvio dello sportello “Sos giustizia”:
«Siamo pronti a fare la nostra parte e ad aiutare la magistratura nel
convincere i cittadini e gli imprenditori che la denuncia è un dovere
e un diritto che devono esercitare per essere più liberi dal condizionamento
mafioso».

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