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Quando le mafie fiutano il vento

Di Rino Giacalone il . Sicilia

La mafia è cambiata. Si è adeguata alle modernità. Quelle legali e
quelle illegali, come dimostrano recenti inchieste in Sicilia
sull’energia del vento. Corruzione e racket s’intrecciano per sistemare
un’infinita serie di pali eolici nelle campagne tra Mazara e Salemi.
L’operazione Eolo, ha fatto scoprire le “mazzette” della corruzione
anche per i boss: recentissimo il maxi sequestro di beni, oltre un
miliardo e mezzo di euro, che ha colpito Vito Nicastri, l’uomo del vento
con affari sparsi in Italia e all’estero. L’eolico italiano sta
crescendo, ma soffre il peso della mala-politica e dei troppi
speculatori, che finiscono per “inquinarla”. In Sicilia e in particolare
a Mazara ci sono autorizzazioni concesse, un buon numero di turbine
montate, e pochi megawatt davvero funzionanti.
 
Una serie di indagini hanno fatto scoprire come a presentare le domande
per le centrali e per i contributi spesso non sono le società che poi
realizzano il campo eolico, ma un sottobosco di “facilitatori”, che
vantano buone entrature nel Palazzo e arraffano permessi da vendere al
miglior offerente. L’autorizzazione per un impianto vale oro: 500 mila
euro per ogni megawatt. Una centrale da 30 megawatt vale quindi 15
milioni di euro. Le chiavi di questo forziere sono in mano alla
politica. Che ha partorito un sistema sballato. Gli impianti nascono in
posti inadatti, vicino ai centri abitati o dove non ci sono cavi per
trasportare l’energia pulita. In Sicilia la rete non è in grado di
sopportare gli impianti attuali ma, invece di costruire gli
elettrodotti, Stato e Regione hanno continuato a regalare centinaia di
milioni a imprese che hanno ingolfato il sistema.
 
E allora succede che le turbine non nascono dove c’è più vento, ma dove
c’è un sindaco che si fa “convincere” con l’assunzione dei figli, c’è
l’interesse di un politico che conta o peggio una famiglia di mafia alla
quale non si può dire di no. Coppole, lupare e turbine. La storia del
parco dell’Aquilotta di Mazara, quello della corruzione, sembra
combaciare a pennello. Alle cosche il vento piace. E a Mazara a
disposizione c’erano gli uomini del capo mafia Mariano Agate, assieme a
qualche politico, come l’ex assessore di Forza Italia, Vito Martino,
che, secondo gli inquirenti, si faceva corrompere con denaro e auto.
L’indagine scoprì che a corrompere mafiosi, politici e burocrati, fu un
imprenditore del nord, Gigi Franzinelli, che arrivò in Sicilia con una
valigetta piena di soldi.
 
Aveva intuito che quello era il modo giusto per ottenere la concessione
per il proprio impianto, sbaragliando la concorrenza. Nelle numerose le
indagini aperte da più procure uno dei nomi ricorrenti, indagato dalla
Procura di Avellino, e persona informata dei fatti, davanti alla Dda di
Palermo, è proprio Vito Nicastri. Un imprenditore di Alcamo che ha il
compito di ottenere le autorizzazioni per poi cederle a un prezzo
profumato. Nei primi anni ‘90 è stato coinvolto in una storia di
corruzione e ne è uscito indenne raccontando le mazzette pagate ai
politici per costruire impianti di energia solare. Poi ha cominciato con
l’ eolico.
 
Nell’indagine palermitana su Eolo è stato sentito come persona informata
dei fatti, per la semplice ragione che quel parco finì tra le sue mani
con un’azienda del tutto nuova, la Eolica del Vallo. Poi Nicastri fu
arrestato dalla Procura di Avellino, adesso ha subìto il maxi sequestro
del suo impero del quale si dice si serviva il latitante Messina Denaro.
L’affare dell’eolico nonostante tutto va avanti. Se in Sicilia non si
possono più alzare pali, adesso ci sono imprenditori trapanesi che si
sono trasferiti al Nord. Altri pensano all’avanguardia, e progettano di
collocare pali nelle secche in mare aperto. Al largo di Pantelleria, ad
esempio.
 

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