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O mia bella Madundrina

Di Anna Foti il . Calabria, Recensioni

Un viaggio in un libro. Un viaggio, non per svago ma per scelta, responsabile e necessaria, di capire e aiutare a capire. Un viaggio in una Lombardia che, per certi aspetti, è più Calabria della Calabria stessa. Evidenziare come l’emigrazione verso il Nord non abbia riguardato solo i cervelli ma anche i soldi da riciclare e le menti criminali e soprattutto spiegare, senza tralasciare i recenti fatti di Reggio Calabria, come la ndrangheta si sia estesa al nord: questi i propositi. ‘O mia Bella Madundrina, da Sud a Nord l’inarrestabile ascesa della Ndrangheta’, volume edito da Aliberti, scritto a quattro mani dai reggini Felice Manti, firma del ‘Giornale’, e Antonino Monteleone, inviato di La 7 per la trasmissione televisiva ‘Exit’, sarà presentato questa mattina nella capitale commerciale del nostro Paese, divenuta simbolo della potenza economica del crimine mafioso calabrese che, in ragione della debolezza del tessuto produttivo, imprenditoriale ed economico del Sud, negli anni Sessanta ha aggredito, e senza neanche troppa fatica, il tessuto invece prolifero del Nord. Presto una presentazione anche a Reggio Calabria, ma intanto oggi l’esordio al circolo della stampa di Milano per il volume, ultimo cronologicamente nella letteratura già nutrita sul tema, che però non rappresenta semplicemente ‘un altro libro, un altro titolo’ da aggiungere alla bibliografia in esponenziale crescita, ma si propone come un racconto. E a proporlo sono chi la guerra di mafia l’ha vissuta, Felice Manti, e chi, come la generazione successiva, ne ha raccolto la pesante eredità e ha voluto studiarla e comprenderla, Antonino Monteleone.

Un viaggio al Nord ma tornando al Sud, terra matrigna di origine, e il tutto senza dimenticare ciò che oggi sta accadendo a Reggio Calabria, la strategia della tensione con cui le ‘ndrine colpiscono le istituzioni di cui, anche, si servono in tutta Italia per infiltrarsi, per gestire potere, per prevaricare e calpestare i diritti e il bene comune. Dunque il racconto e la denuncia di coinvolgimenti di apparati, di segmenti della Stato, quello infedele, quello corrotto, quello abitato o connivente con faccendieri, quello deviato che lascia trapelare informazioni, che spiffera notizie per consentire a chi è ricercato dalle forze dell’ordine di sfuggire alla cattura. Tra le tante voci raccolte dai giornalisti reggini Il contributo fondamentale di un agente del servizio segreto civile in forza a Reggio Calabria per diversi anni, che ha delineato un rapporto sinallagmatico, di prestazioni dunque corrispettive tra Stato e intrastato mafioso, tra pezzi di istituzioni e boss della ndrangheta. Trattative quasi quotidiane in grado di, e questo è il grave campanello di allarme, condizionare le attività investigative della magistratura. Poi ancora ascoltato lo storico pentito di ndrangheta, Saverio Mandalari che fornisce un’interpretazione dei pentimenti in seno ai Tegano e ai Logiudice e del loro ruolo all’interno delle nuove dinamiche della criminalità a Reggio Calabria. Voce anche al disagio di un giovane dal cognome pesante e dalla reputazione forse irreversibile che, ad oggi, studia all’Università e si dissocia dalla ndrangheta, nonostante sia il nipote di un potente capobastone calabrese.

Fatto anche il punto sulla politica con un’intervista ad Alberto Sarra, sottosegretario alla Presidenza della Regione Calabria, citato in alcuni atti giudiziari ma mai indagato, il quale si è concesso ai due giornalisti reggini, contrariamente a quanto fatto dal presidente della Giunta Regionale Giuseppe Scopelliti, sottrattosi invece alle loro domande. Eppure l’impegno sul tema è ben manifesto, atteso che proprio Alberto Sarra e Giuseppe Scopelliti, unitamente a Consigliere regionale delegato all’Emigrazione, Alfonsino Grillo, sono stati a New York per un incontro internazionale teso ad avviare un progetto di collaborazione sui temi della criminalita’ organizzata, che nel 2011 porrà a disposizione della Calabria esperti internazionali in grado di porre in essere strategie di cooperazione e ‘best-practices’ idonee a fronteggiare le organizzazioni criminali’. Dalla Calabria alla Lombardia per esplorare quella zona grigia di cui tanto di parla senza che si venga a capo di chi effettivamente la popoli, la alimenti. Un viaggio che la ndrangheta ha avviato già da mezzo secolo quando, come richiama l’introduzione del libro, nel film girato nel 1956, ‘Totò, Peppino e la malafemmina’ con lo straordinario principe De Curtis, l’umile contadino Antonio Capone, nel primo Dopoguerra, colloca Milano in Calabria. Un presagio, forse un’intuizione. Oggi una verità che Felice Manti e Antonino Monteleone scandagliano e che oggi, certamente e purtroppo, non fa più ridere.

 O mia bella madu’ndrina Felice;

Monteleone Antonino Aliberti 2010 € 15,00 240 p.

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