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Loggia P3, l’ultimo scandalo di palazzo

Di Gaetano Liardo il . L'analisi

E’ stato definito il più grande scandalo italiano degli ultimi anni. Ha investito politici, imprenditori, giuristi, magistrati e alti funzionari della pubblica amministrazione. Ha lambito i giudici della Corte Costituzionale, e investito la Corte di Cassazione, il Consiglio Superiore della Magistratura e la Corte d’Appello di Milano. Ha coinvolto  coordinatori di partito, presidenti di regione e politici. Un terremoto chiamato P3. Tre come il numero dei soggetti che ne ispiravano le mosse: Flavio Carboni, noto faccendiere sardo, Pasquale Lombardi, giudice tributario, e Arcangelo Martino, imprenditore napoletano. Tutti accusati di aver costituito, organizzato e diretto: «Un’associazione per delinquere – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere – diretta a realizzare una serie indeterminata di delitti, ivi compresi quelli di corruzione, abuso di ufficio, diffamazione e violenza privata».   «Caratterizzata dalla segretezza degli scopi, dell’attività e della composizione del sodalizio».

Un gruppo che aveva come obiettivo di: «Condizionare il funzionamento di organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, nonché di apparati della pubblica amministrazione e degli enti locali». In parole povere, una bomba. Una mina per la vita democratica del nostro Paese. Capace di arrivare a “Cesare”, il personaggio politico che Martino, dopo l’arresto, dirà essere Berlusconi. Una vicenda che il diretto interessato ha liquidato con sarcasmo: «P3, quattro sfigati pensionati che vogliono cambiare l’Italia, ma se non ci sono riuscito io…». Nessuna sottovalutazione, invece, dagli inquirenti. Nell’ordinanza, infatti si parla di: «Un vero e proprio gruppo di potere occulto» che, tramite pressioni, minacce ha generato un: «Potere di fatto che consente ai membri del gruppo di proporsi – perfino a personalità di alto livello – quali efficaci elementi di pressione e di intervento presso i più diversi organi dello Stato». 

Ad esempio, cercando di avvicinare e, quindi, influenzare i giudici della Corte Costituzionale sul parere di costituzionalità sul lodo Alfano. Chiedendo, in cambio dell’aiuto promesso, la: «Candidatura pretesa come contropartita» di Nicola Cosentino alla presidenza della Campania. Martino, parlando con Carboni, è stato intercettato nel dire: «Io ho fatto un passaggio…quel Nicola Cosentino (…) può proseguire perché credo che sia bravo come candidato», oppure: «Se tu mi senti invece Denis (…) gli devi dì io gli ho liberato la strada per quel candidato là…». La candidatura di Cosentino, si sa, fu bloccata dall’ordinanza di custodia cautelare da parte della Procura di Napoli. Anche in questo caso, pur senza successo, i “Tre” sono intervenuti. Da un lato sulla Corte di Cassazione, sfruttando il rapporto tra Lombardi e il presidente Vincenzo Carbone, dall’altro screditando il candidato, poi eletto, Stefano Caldoro. Dalla Campania alla Lombardia.   I “Tre” hanno prima sponsorizzato la nomina di Alfonso Marra a Presidente della Corte di Appello di Milano da parte del Csm. Da Marra hanno preteso un intervento per influire sull’esito del ricorso della lista civica di Formigoni, esclusa per presunte irregolarità. Infine, non avendo avuto gli appoggi sperati a Milano, hanno caldeggiato l’invio di una ispezione ministeriale contro i magistrati che avevano costituito il collegio.

Dalla Lombardia alla Sardegna. Qui la P3 si è lanciata nel business dell’eolico. Sfruttando, anche in questo caso, amicizie e imponendo nomine utili. Un intreccio tentacolare di elevata pericolosità, non di certo quattro sfigati.

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