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Nel nome di Graziella Campagna

Di Norma Ferrara il . Sicilia

Poteva accadere anche questo in quella Messina di metà anni ’80. Che una ragazzina di 17 anni venisse rapita e uccisa a colpi di lupara e il movente, gli autori e i mandanti di questo delitto rimanessero a lungo nell’ombra. Graziella Campagna, originaria di Saponara, venne uccisa il 12 dicembre del 1985. Un omicidio ‘preventivo’, fatto allo scopo di impedire che la giovane si rendesse conto dell’identità di mafiosi di Cosa Nostra e delle complicità che garantirono la loro latitanza nella provincia di Messina. Graziella uccisa perché colpevole di lavorare nel posto sbagliato: la lavanderia dove, nella tasca di una giacca, aveva rinvenuto segreti scottanti per la mafia. Si trattava della vera identità dei mafiosi, poi condannati per il delitto: il boss palermitano di Cosa nostra, Gerlando Alberti junior e il suo braccio destro, Giovanni Sutera. A Villafranca Tirrena, ieri un dibattito e una fiaccolata nel nome di Graziella, vittima innocente delle mafie. La società civile si è stretta intorno alla famiglia per ricordarla, mentre finalmente la giustizia ha fatto il suo corso con la sentenza della Cassazione che nel marzo scorso ha confermato le condanne all’ergastolo per i killer e un film (“La vita rubata”) ha consegnato questa storia al resto del Paese.   
«Oltre il gelo», ricordando Graziella 25 anni dopo  
 «Nonostante la morte di Graziella – ha dichiarato il fratello Pasquale Campagna – la famiglia ha deciso, unita, di camminare al fianco della giustizia, senza rispondere con la violenza a chi aveva utilizzato violenza». Per accertare la verità i familiari hanno assistito ad un processo lungo 22 anni, più di quanti Graziella ne avesse vissuto. «Oggi siamo diventati testimoni di giustizia, la ricordano nelle scuole, negli incontri pubblici e ci chiedono di parlare di mafia. Noi non la conoscevamo, 25 anni fa la mafia – vivevamo sereni con dignità. Ma quel che è certo oggi è che quella ragazzina che loro hanno costretto al silenzio per sempre ha iniziato a dare voce a tanti altri». Al dibattito «Oltre il gelo» promosso dall’associazione familiari vittime delle mafie e moderato da Benny Calasanzio hanno partecipato l’eurodeputata Sonia Alfano, la famiglia Campagna, il procuratore di Palermo, Luigi Croce, il giornalista Nicola Biondo, il capostruttura di “Raitre”, Loris Mazzetti, l’instancabile avvocato, Fabio Repici, l’attore Maurizio Marchetti, uno degli interpreti del film “Una vita rubata” fiction che racconta la storia di Graziella. Dopo le parole di Campagna, il dibattito si è aperto con quell’episodio tanto anomalo quanto «peloritano» che fu legato alla messa in onda della fiction diretta da Graziano Diana e trasmesso sulla Rai. Il processo agli assassini di Graziella nel 2007 era ancora in corso e  l’allora Ministro della Giustizia, Clemente Mastella, chiese la sospensione della fiction per non interferire con l’udienza del processo d’appello, così come richiesto dai killer. «Viviamo in un eterno paradosso – ha dichiarato Marchetti – si è trattato di un caso in cui la burocrazia ha preso il sopravvento sulla logica. Stavamo parlando di efferati assassini che avevano commesso un omicidio…». Da Milano, dopo aver partecipato all’anniversario della strage di Piazza Fontana, Nicola Biondo, ha portato a Villafranca la sua testimonianza di giornalista de “L’Unità” e di trasmissioni come “Blu notte”, fra le poche ad occuparsi del caso Campagna. «Ma lo sai che il signor Cannata non è lui?» disse Graziella alla mamma – ricorda Biondo. «Quante volte ci siamo chiesti chi sono davvero i potenti in quest’isola. Se la morte di Graziella fosse stata perpetrata da criminali qualsiasi – commenta – sarebbe stata risolta da tempo. […] La storia della mafia racconta, purtroppo, dall’interno la storia di uno Stato, che tante volte si è manifestato diverso da quello che dovrebbe essere e non è stato dalla nostra parte». Accanto al mondo dell’informazione e del cinema, il giornalista, Loris Mazzetti. Il braccio destro di Enzo Biagi ricorda alla platea quando con lui si occuparono per il servizio pubblico di questa dolorosa vicenda. Mazzetti, oggi responsabile del programma di Saviano – Fazio “Vieni via con me”, sospeso per dieci giorni dalla Rai, dichiara: «Sulla vicenda di Graziella, la Rai ha svolto un ruolo importante. E’ fondamentale continuare a farlo per tenere la luce accesa sulla vicenda, come in questi anni ha fatto la famiglia Campagna». 
 Il procuratore Croce: «Dietro l’omicidio Campagna un contesto criminale sconvolgente» 
 25 anni di attesa per la condanna definitiva degli assassini. Un percorso complesso e con molti colpi di scena, ricordato dal Procuratore di Palermo, Luigi Croce nel suo intervento.  «Porto una testimonianza oculare – dichiara Croce – questo mi spinge a superare la consueta riservatezza. Dietro l’omicidio della giovane trovammo un contesto sconvolgente. Leggendo le carte processuali si scopriva un mondo criminale che si muoveva silenziosamente dentro la provincia». Ha una storia strana Messina, lo ribadisce Croce. Quando negli anni ’80 e ’90 i mafiosi palermitani subirono condanne e le inchieste del pool decisero di trasferirsi in direzione dello Stretto. Qui fecero di tutto: controllarono il traffico di droga, trascorsero latitanze, fecero affari e investimenti e nessuno venne a cercarli. L’omicidio Campagna – sottolinea Croce – ci consentì di capire qual era la realtà di un territorio in cui una ragazzina “pulita” può morire di mafia a 17 anni». E’ Piero Campagna – fratello di Graziella e appuntato dei Carabinieri a ricordare che se giustizia si è avuta è stato anche grazie all’impegno diell’avvocato Fabio Repici e del suo braccio destro, Mariella Cicero, difensore di quasi tutti i familiari di vittime delle mafie nella provincia di Messina. «Graziella si trovò come nelle favole di Andersen nella situazione di chi svela il potere – dichiara l’avvocato. Due latitanti che a Palermo venivano considerati «balordi» qui venivano considerati professionisti. Per questo è stata uccisa Graziella. Alla fine la verità è stata accertata ma ci sono tutti i complici morali di questo contesto legato all’omicidio che non hanno pagato». «Grande l’onore nell’aver potuto difendere questi familiari e ottenere giustizia – e sottolinea Repici – avere la dimostrazione che la magistratura può fare il suo dovere. L’unico settore che non ha mostrato riabilitazione in loco è la politica». Al ruolo di responsabilità cui non può sottrarsi la politica si appella anche Sonia Alfano – presidente dell’associazione familiari vittime delle mafie e eurodeputata. Figlia di Beppe Alfano, giornalista ucciso dalla mafia nella vicina Barcellona Pozzo di Gotto (Me) è oggi impegnata in prima persona in politica. Ricorda l’amicizia che legava suo padre, giornalista de “La Sicilia” e il fratello di Graziella, Piero.  «Ma vale la pena continuare e andare avanti – conclude la Alfano – ostinarsi a guardare in faccia quelle persone, serve del potere e dei mafiosi che si ostinano a dire che certe morti non sono morti di mafia. […] E vale la pena continuare perché ci sono persone che ci credono veramente in quello che fanno, con dedizione, per questo Paese». L’incontro si è chiuso con lo spettacolo di alcuni studenti che, sulla scia degli elenchi di “Vieni via con me” hanno spiegato i motivi che li portano a restare o andare via da questo posto. «Resto – dicono fra i tanti motivi – perché gli assassini di Graziella sono stati assicurati alla giustizia». La giustizia, quando c’è, rende questo Paese un posto in cui vale la pena di rimanere a vivere.

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