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‘Ndrangheta in Lombardia
Boni querela Cavalli

Di Lorenzo Frigerio il . Lombardia

Alla fine,
un effetto dirompente, la puntata di ieri sera de “L’Infedele”
– la trasmissione di Gad Lerner in onda su La7 – lo ha prodotto,
anche se forse non era quello previsto. Dopo le dichiarazioni rese davanti
alle telecamere dall’attore Giulio Cavalli, oggi consigliere dell’IdV
al Pirellone, il presidente del Consiglio Regionale della Lombardia,
Davide Boni della Lega Nord ha deciso di querelarlo.

Per capire
cosa è successo, va spiegato che, ieri sera, era in programma un dibattito
sul tema della presenza mafiosa al nord, nello specifico in Lombardia.
Punto di partenza il libro “Metastasi”, scritto dai giornalisti
Gianluigi Nuzzi e Claudio Antonelli ed edito da Chiarelettere: nel testo
si presentano le rivelazioni di un collaboratore di giustizia, Giuseppe
Di Bella, che abbracciano trent’anni della presenza delle cosche calabresi
in Lombardia. Ospiti in studio, oltre agli autori del libro, sono il
magistrato calabrese Nicola Gratteri, la parlamentare della Commissione
Antimafia Angela Napoli, il sindaco di Lecco Virginio Brivio e un altro
parlamentare del PdL, Santo Versace, imprenditore e fratello di Gianni,
ucciso a Miami da uno squilibrato nel 1997. Ospite mancato, invece,
il viceministro Roberto Castelli che, grazie ad una intervista preregistrata,
interviene comunque nel dibattito.

Un dibattito
che, però, stenta a decollare per più di un’ora e che vede Santo
Versace e Nuzzi impegnati in un corpo a corpo verbale, legato a una
delle vicende narrate nel libro. Il Di Bella, infatti, oltre ad affermare
che Gianni Versace è ancora vivo – concetto che ribadisce anche intervenendo
telefonicamente nel corso della puntata – afferma di essere stato
assoldato per trafugare le ceneri dello stilista dal cimitero di Moltrasio.
I minuti passano velocemente ma il confronto si trascina stancamente,
senza entrare nel vivo delle questioni: presenza radicata delle cosche,
potere economico e finanziario, riciclaggio e beni confiscati, omertà
dei commercianti e reazione di cittadini e associazioni.

Tutti temi
sui quali sarebbe stato bello sentire anche cosa hanno da dire, quanti,
chiamati tra il pubblico, rappresentano associazioni come Libera e Ammazzateci
Tutti!, ma si preferisce lasciare languire la discussione tra ceneri
del defunto e prove del DNA, fino a quando interviene, seppure in registrata,
il viceministro leghista, il vero piatto forte, però mancato, della
serata. Eh sì, perché il Di Bella, racconta di averlo visto a Lecco,
in compagnia del famoso boss Franco Coco Trovato, agli inizi degli anni
Novanta. Di Bella sostiene anche che la ‘ndrangheta avrebbe investito
consensi e rapporti in direzione della Lega, favorendo proprio l’ascesa
di Castelli. Nel libro si parla di “Gamma”, ma è lo stesso Castelli
a riconoscersi nella descrizione fatta, annunciando strascichi in sede
giudiziaria per gli autori e per il collaboratore.

Siamo ormai
sul finire della trasmissione e dopo che analoghi concetti sono stati
espressi sia da Gratteri e Napoli, capita che Cavalli, alla domanda
del conduttore, risponda di essere certo, anche in ragione delle recenti
conferme in sede investigativa, che le infiltrazioni mafiose riguardino
tutti i partiti e che in Lombardia gli interessi delle cosche siano
rivolti nei confronti di chi si è candidato all’interno delle amministrazioni
comunali e, anche, del consiglio regionale.

Nulla di nuovo,
nulla di sconvolgente: la ‘ndrangheta ha sempre cercato di avere rapporti
con chi comanda, fin dagli albori della sua esistenza e suonerebbe strano
il contrario, cioè che si disinteressasse della politica. Del resto,
oltre alle ultime inchieste della magistratura, a supporto di questo
semplice assunto arrivano anche le conclusioni dell’ultima semestrale
della DIA che parla di “mafia imprenditrice calabrese” e di “consolidata
presenza” delle cosche nel tessuto sociale ed economico della regione.

Nulla di nuovo,
nulla di sconvolgente, quindi, salvo che per il presidente Boni che,
questa mattina, dichiara di voler prima visionare la trasmissione e
poi, nell’annunciare querela, invita il consigliere di opposizione
a riferire in aula quanto a sua conoscenza: «Vogliamo anche sapere
perché è rimasto in aula per 7 mesi al fianco di quelli che lui considera
consiglieri eletti con i voti della ‘ndrangheta. Adesso basta se è
al corrente di qualcosa lo dica apertamente in Consiglio».

La replica
di Cavalli non si fa attendere: «Il Presidente Boni mi invita a fare
i nomi e i cognomi: i nomi e cognomi sono gli stessi che continuo a
fare nella mia attività extra politica. Quindi, se Boni ritiene che
io li debba fare in Aula, il copione è già pronto. Mi sorprende che
il Presidente del Consiglio regionale si chieda come faccio a rimanere
in Aula ‘vicino a persone che considera eletti con i voti della ‘ndrangheta’.
Caro presidente, non credo di dover essere io a lasciare il mio posto
in Aula, forse dovrebbe farlo chi siede lì grazie ai voti della ‘ndrangheta».

«Evidentemente
– afferma il consigliere dell’IdV – sono ritenuti diffamatori
i dati, sempre più allarmanti, diffusi dalla Commissione Antimafia
e confermati, nel corso della trasmissione televisiva di ieri, dall’On.
Angela Napoli (che, addirittura, parla di un’assemblea che meriterebbe
lo scioglimento)».

La polemica
di qualche settimana fa tra Saviano e Maroni ora si sposta dal piano
nazionale a quello lombardo e l’oggetto del contendere è sempre lo
stesso: la presenza delle cosche nelle regioni del nord e la presunta
impermeabilità della Lega Nord alle infiltrazioni mafiose.

Sono lontani
i giorni in cui il Consiglio Regionale della Lombardia votò all’unanimità
un ordine del giorno volto a rafforzare l’azione amministrativa contro
le cosche. Le divisioni tra le forze politiche non mancano e probabilmente
produrranno il loro effetto al momento di approvare in aula i provvedimenti
legislativi tanto auspicati e che ora rischiano di naufragare, prima
ancora di prendere il largo. E le mafie, intanto, si sbellicano dalle
risate…

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