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Napoli, colpo al clan Misso

Di Stefano Fantino il . Campania

Un duro colpo che potrebbe portare
all’estinzione del clan, ventuno arresti che oggi colpiscono la
camorra dei Misso, che agiva nel quartiere Sanità in centro a
Napoli. L’azione è scattata per mano dei Carabinieri del Nucleo
Investigativo del comando provinciale di Napoli, in esecuzione di una
ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip, su
richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. Le accuse per gli
arrestati sono, a vario titolo, omicidio, tentato omicidio,
detenzione e porto illegali di armi da fuoco aggravati dal metodo
mafioso. Sotto la lente della magistratura gli anni che vanno dal
1999 al 2006 e che hanno visto proprio alla Sanità lo scoppio di una
sanguinosa guerra di camorra. I Misso, ovviamente, da una parte,
dall’altra il potente cartello camorristico denominato “Alleanza di
Secondigliano”; questo nella prima parte perché successivamente lo
scontro è diventato interno allo stesso clan Misso che ha dovuto
contrastare la frangia scissionista creata e guidata da Salvatore
Torino.

Arrestati anche nomi di spicco del clan
camorrista, lo storico capo Giuseppe Missi, lo stesso Salvatore
Torino e Giuseppe Misso, detto “o chiatto”.Nell’ordinanza del gip
di Napoli, Umberto Lucarelli si elencano 12 omicidi e 8 tentati
omicidi alla cui decifrazione hanno portato un contributo decisivo
alcune dichiarazioni di pentiti, testimonianze che sono servite a
chiarire responsabilità di boss già in carcere e a identificare gli
altri affiliati alla famiglia Misso. Missi, così all’anagrafe per un
errore di trascrizione, detto “’O Nasone”, è storicamente il
leader del clan e ha attraversato non solo la storia criminale
napoletana ma è anche stato, per i suoi legami con l’estrema destra,
implicato, processato e poi assolto per la strage del Rapido 904
nella notte del 23 dicembre 1984. Ad avvicinarsi ai Misso, nella
geopolitica dei clan è Salvatore Torino che si stacca dalla
‘famiglia’ Lo Russo e si avvicina a Giuseppe Missi, tuttavia il clan
incappò in una scissione dopo l’arresto del “capo” nel 2003,
quando allo stesso Torino, non piacque più la gestione degli affari
da parte di Peppe “’o Chiatto” nel frattempo subentrato a “’O
Nasone”.

Non si può, per dovere di cronaca,
omettere che già sul finire degli anni Novanta il temporaneo ritorno
in libertà di Missi, dopo quasi quindici anni di detenzione
continua, aveva permesso al clan Misso di avvicinarsi ai Lo Russo. Ce
lo racconta la relazione della Dna del 2009: «con la scarcerazione
del suo capo storico il clan Misso tornò, infatti,
nuovamente in
auge e, nel giro d i pochi mesi, si pose al centro delle strategie
criminali della camorra cittadina». La strategia di Missi era quella
di creare una solida base di alleanze per muovere guerra contro i
Licciardi e i Mallardo, responsabili della “strage di Acerra”,
dove la moglie di Missi aveva perso la vita. Nella strategia di
allargare alleanze e gruppo di fuoco i Misso aggregarono un gruppo
scissionista dei Lo Russo. Il quale si dimostrò subito attivo,
uccidendo due referenti del clan Licciardi. «Con questi due omicidi
il gruppo scissionista del clan Lo Russo, spostatosi
nella Sanità.
intese dare subito ai Misso un in equivocabile prova di fedeltà. Ma
il progetto di aggressione di Missi Giuseppe al clan Licciardi fece
sì che, in
quegli stessi anni, si registrarono scontri armati ed
omicidi anche in altre zone

della città».
Altri omicidi che
seguirono videro addirittura la presenza effettiva non sono degli
scissionisti già aggregatisi ma dell’intero clan Lo Russo, entrato
in rottura col clan Licciardi. Azione questa che metteva i Misso nel
dubbio: scissionisti e clan Lo Russo avrebbero potuto rinsaldarsi. E
per questo fu ucciso uno dei primi scissionisti, Giuseppe Perinelli,
per dare un segnale, perché il timore di un rinsaldamento tra le due
parti non potesse avvenire.

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