Milano, rompere il muro dell’omertà
«Dopo i soldi delle mafie sono arrivati anche i mafiosi». Così l’avvocato Ilaria Ramoni, referente per l’associazione Libera nella provincia di Milano commenta la situazione in cui versa la regione dagli anni ’70 ad oggi. Le organizzazioni criminali in Lombardia hanno il volto degli affari illeciti, del racket e dell’usura – ci racconta la Ramoni. Ma non solo. Con lei abbiamo parlato del “radicamento” delle organizzazioni criminali nel tessuto sociale ed economico e ragionato sulle risposte concrete che si possono dare all’avanzare delle mafie nella regione.
A giudicare dalle inchieste giudiziarie la Lombardia non sembra solo terra di infiltrazioni mafiose ma appare luogo in cui i clan si sono insediati. Cosa è accaduto?
Della presenza mafiosa in Lombardia si parla sin dagli anni ’70. Da Cosa nostra alle altre mafie, tutti avevano utilizzato questa regione per attività illecite di varia natura. Da tempo però denunciamo, come Libera, un fatto: non siamo più di fronte a tentativi di “infiltrazione” mafiosa ma ad un costante radicamento delle organizzazioni criminali sul territorio. Nel luglio scorso, l’inchiesta “Crimine” ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica e dei media la capillarità e pericolosità con la quale operano i clan sul territorio lombardo. Caratteristiche già note sin dalla prima operazione “Nord – sud” che avrebbero dovuto portare ad alzare il livello di attenzione e prevenzione.
Qual è il volto della mafia al nord e in particolare in Lombardia?
Nelle inchieste giudiziarie, inclusa l’operazione “Crimine”, si evince come questo territorio sia stato terreno di conquista per tutte le organizzazioni criminali. Non solo ‘Ndrangheta, dunque. Ma anche Camorra e Cosa nostra, senza trascurare la presenza della Stidda (mafia di origine siciliana dell’area gelese). Queste organizzazioni criminali hanno messo radici in Lombardia e a Milano in maniera silenziosa. Il territorio si è presentato a loro come “una torta” talmente ricca di denaro che non c’è stata, quasi mai, la necessità di lottare per gli affari e le aree da controllare.
Un radicamento silenzioso che oggi vede la ‘ndrangheta affermarsi come la mafia più presente e potente. Quali gli ambiti di interesse dei clan?
I settori nei quali operano i clan sono tutti quelli in cui transitano ingenti quantità di denaro: si va dal traffico di cocaina, al ciclo del cemento e con questo al controllo del mercato immobiliare. Dalle aziende per il movimento terra, al traffico illecito di rifiuti. Se un tempo si pensava a questa regione solo come luogo di riciclaggio, oggi è il caso di dire, che dopo i soldi della mafia sono arrivati anche i mafiosi.
I boss hanno puntato dritto al cuore della capitale finanziaria del Paese. Come si palesa nel capoluogo la presenza delle mafie?
Al di là dei numeri, delle inchieste, dei fatti, la presenza delle mafie a Milano si concretizza in un dato in particolare: l’omertà. Gli imprenditori non denunciano, i commercianti nemmeno. In Lombardia solo 40 reati denunciati sono collegati alla criminalità organizzata. Questo non lo diciamo noi, ma la relazione presentata all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Milano. Un dato sconcertante è arrivato con l’operazione “Crimine”. Nonostante intercettazioni telefoniche e 160 arrestati, gli imprenditori vittime del racket e dell’usura non hanno denunciato i mafiosi. Questi episodi si prestano ad una doppia lettura. Da un lato potrebbero essere molti gli imprenditori “collusi” con il sistema, dall’altro in tanti non denunciano perché hanno paura,sentono lontane le istituzioni e preferiscono rimanere in silenzio.
La Lombardia fa registrare dati da record anche per il numero di beni confiscati ai mafiosi. Qual è la situazione?
Siamo la quarta regione per numero di beni immobili confiscati ai boss. Molti sono oggi riutilizzati a fini istituzionali e sociali Solo dal 2008, anche nella città di Milano, ci sono beni confiscati destinati ad associazioni e enti locali e dal 2009, c’è un bando pubblico per la loro assegnazione. Quello che chiediamo – anche alla luce dell’ingente patrimonio sequestrato nelle ultime operazioni – è di fare scelte politiche programmate in vista delle confische definitive.
Qual è stato l’atteggiamento delle istituzioni locali di fronte all’avanzare di questo fenomeno nella regione?
Alcune dichiarazioni, quelle del Sindaco della nostra città e del Prefetto, non serve ricordarle perché hanno assunto rilevanza nazionale. Sostenevano che le mafie a Milano non fossero presenti. E qualora lo fossero state era comunque assente il controllo del territorio. Dopo l’operazione del luglio scorso perlomeno non si è più continuato a negare l’evidente. Inoltre è in corso l’approvazione di una Legge regionale che mira a prendere misure specifiche nei confronti di questo fenomeno. In luogo di una politica a lungo assente, come Libera, abbiamo riscontrato un forte dinamismo della società civile che ha scelto subito da che parte stare.
Quali gli strumenti possibili per una risposta organizzata del tessuto sano della regione all’aggressione delle mafie e all’indifferenza di chi non vuol vedere?
Tanto si continua a fare ogni giorno, sotto il profilo del contrasto culturale alle mafie, e sotto quello dell’informazione. Ma siamo lontani dalle scelte fatte, ad esempio, da Confindustria in Sicilia. Serve lavorare in rete, tutti verso la stessa direzione, trasversalmente, poiché la strada è ancora lunga. Molto spetta alla politica. Da poco abbiamo chiesto, sia a livello regionale che comunale, che venisse attivato uno sportello che possa accompagnare, in maniera efficiente e efficace, tutti coloro i quali si sentano vittime di soprusi da parte delle mafie. Noi come associazione abbiamo in cantiere, a gennaio, l’apertura di uno sportello che si chiamerà “Sos giustizia” che sarà messo a disposizione dei cittadini. Rimane fondamentale non smettere mai di informare i cittadini su questo argomento e sensibilizzare la politica a fare di più, a prendere atto della gravità della situazione.
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