Un «nuovo corso» per il giornalismo
Guardare all’Italia pensando all’Europa. Da una parte ci sono i diritti rivendicati. Dall’altra, invece, quelli violati. In mezzo la libertà di stampa da tutelare. A questo argomento è dedicato il convegno che si è tenuto a Roma dal titolo “Libertà d’informazione. Quanto costa e a chi?”. «Quello che è certo – a sessant’anni dall’entrata in vigore della Legge sulla stampa – è che serve cambiare passo. Come sottolinea l’avvocato Flamminii Minuto – difensore di tanti giornalisti in Italia – si è rimasti incredibilmente fermi al 1948». Varata nell’immediato dopoguerra, subito dopo l’entrata in vigore della Carta costituzionale, la legge 47/1948 ha previsto per il reato di diffamazione a mezzo stampa la reclusione da uno a sei anni oltre la multa di 500.000 lire, suddividendo il risarcimento danni, in maniera solidale, fra il giornalista, il direttore e l’editore. Già da alcuni anni si cerca di ragionare in merito a questo complesso quanto centrale tema che riguarda la libertà d’informazione diventato sempre più una spada di Damocle che pende sulla testa di giornalisti. Un percorso promosso da Fnsi e Libera Informazione, iniziato a Perugia, al Festival internazionale del giornalismo (leggi qui la Carta di Perugia) ha portato ieri alla tappa fondamentale, per un primo obiettivo operativo.
La Legge del 1948, la magistratura e l’Europa
Dopo i primi anni di applicazione della legge 47/48 la magistratura si è attestata su posizioni tolleranti che (eccetto per il caso Guareschi) ha quasi sempre evitato il ricorso alla pena detentiva. Con l’avvento del giudice monocratico c’è stata una inversione di tendenza, le pene si sono inasprite e tutto è stato rimesso alla valutazione culturale di ogni singolo magistrato. Ce lo raccontano nella giornata di studio e approfondimento “Libertà d’informazione. Quanto cosa e a chi?” illustri avvocati, tenaci giornalisti, magistrati dell’Anm. Cosa significhi in concreto trovarsi oggi a lavorare all’interno di queste disposizioni normative e confrontarsi con la loro applicazione, lo spiega fra gli altri, il lucido intervento della giornalista di Report, Milena Gabanelli (leggi qui l’articolo con le sue dichiarazioni). La trasmissione d’inchiesta da 13 anni è nel mirino di querele temerarie, richieste di risarcimento danni in sede civile (dunque senza un giudice che valuti se ci sono gli elementi per dare il via da un processo) e indennizzi cospicui. Non solo giornalisti nel mirino delle cause temerarie, ma anche artisti storici, studiosi come Claudio Riolo, docente dell’università di Palermo. Saggista, impegnato nella società civile. Riolo ha vissuto un’incredibile vicenda difficile da catalogare. Per un articolo pubblicato sulla rivista “Narcomafie” fu condannato a risarcire un avvocato e politico siciliano, che manteneva la difesa di un suo cliente, imputato nel processo per la strage di Capaci, mentre l’ente locale che presiedeva si costituiva parte civile nello stesso processo. Ma nel 2008 la Corte europea di Strasburgo ha riconosciuto le sue ragioni condannando lo Stato italiano a risarcirlo.
Questo caso, passato ormai alla storia come esempio di una inadeguatezza dell’attuale normativa italiana sulla stampa, sotto il profilo del risarcimento danni da parte dei giornalisti, porta subito al tavolo del dibattito, un tema: l’Europa ci guarda. La legislazione europea ha in quel caso e in altri sottolineato la centralità della libertà di informare rispetto ad altre, parimenti importanti, come la privacy o l’immagine pubblica dei soggetti coinvolti. E proprio al confronto fra i diversi orientamenti legislativi è dedicato l’intervento, fra gli altri, dell’avvocato dell’Open Society Justice Initiative, Darian Pavli. «La vera sfida – sottolinea Pavli – è introdurre gli aspetti costituzionali di questo argomento nella vita quotidiana dell’informazione». Pavli illustra le differenze che intercorrono fra la situazione italiana, quella inglese, quella tedesca. Una panoramica europea che evidenzia come la nostra c.d. Legge sulla stampa sia un passo indietro rispetto alla tutela della libertà d’informazione. Già collocati nel 2009 al 49° posto per la libertà di stampa nel Paese, gli italiani, si trovano a dover fare i conti non solo con i tanti conflitti di interessi presenti nel “sistema Italia” ma anche con un ulteriore elemento di “Bavaglio”, quello delle querele temerarie e del risarcimento civile, che pesano come un macigno, anche sul servizio pubblico radiotelevisivo.
Nasceranno presidi territoriali in difesa della libera informazione
“Occorre una legislazione che garantisca più attivamente il diritto-dovere dei giornalisti di fornire le informazioni all’opinione pubblica – dichiara il direttore dell’Osservatorio sui cronisti minacciati, Alberto Spampinato – e allo stesso tempo, il diritto dei cittadini di essere informati”. Su questo punto centrale, sono intervenuti nel dibattito moderato da Roberto Morrione, presidente di Libera Informazione, Oreste Flamminii Minuto, avvocato a lungo impegnato nella tutela legale dei giornalisti nel nostro Paese, Vladimiro Zagrebescky, rappresentante italiano alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, l’avvocato Domenico D’Amati (Articolo 21) il Presidente Unione Camere Penali, Valerio Spigarelli (che ha sottolineato la necessità di ridurre le pene in materia di risarcimento ma anche di ritornare dentro i termini imposti dalla deontologia professionale, evitando i tanti casi “Avetrana”). Tante le testimonianze di giorvani giornalisti che sui territori hanno pagato sulla propria pelle il danno economico dell’iniziativa civile o penale contro la libertà di informare. Assenti l’avvocato Gaetano Pecorella, (Pdl) e Roberto Zaccaria (Pd). Il primo promotore dell’unica proposta di legge alla 47 del 1948 (presentata alla Camera dei deputati l’8 maggio del 2008) insieme al collega Costa, il secondo, già presidente della Rai a cavallo fra il 1998 e il 2002. Un convegno denso di proposte, riflessioni e alternative praticabili, per uscire da queste difficoltà, che peggiorano lo stato di salute del giornalismo italiano. Due in particolare, sono state raccolte nell’intervento conclusivo di Roberto Natale, presidente della Fnsi: continuare, non appena la crisi di governo consentirà, l’iter legislativo della proposta di Legge Pecorella – Costa (apportando modifiche, molte delle quali emerse durante il dibattito) e dall’altro, proprio alla luce del periodo “particolare” che l’Italia attraversa, promuovere la nascita di presidi territoriali che possano sostenere i giornalisti che si trovano attaccati sotto il profilo delle richieste di risarcimento danni milionarie, imbavagliati da cause, spese legali incluse, che durano anni. «Saranno presidi che vedranno la partecipazione di avvocati, associazioni di categoria – dichiara Natale – e insieme a Libera informazione porranno le basi per stare accanto a tutti quei colleghi che vogliono continuare a fare il proprio lavoro nel rispetto delle norme deontologiche ma anche della libertà d’informazione, dovere dei giornalisti e diritto dei cittadini».
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