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L’amarezza della vittoria

Di Renato Camarda il . Sicilia

Ci sarebbe di che essere soddisfatti alla Procura di Catania. “Iblis” è la più importante operazione antimafia anche sotto il profilo imprenditoriale, frutto di cinque anni di indagini, come ha dichiarato il comandante del Ros, generale Giampaolo Ganzer. Eppure in Tribunale oggi si respira un’aria di frustrazione. Perché? Ma perché tutti i media, e non solo, hanno più o meno esplicitamente criticato la mancata incriminazione del Presidente della Regione, Raffaele Lombardo o di suo fratello Angelo, deputato dell’Mpa alla Camera. Trascurando, nei fatti, l’importanza storica dell’operazione. Poiché una cosa deve essere chiara: “Iblis” ha rivelato al di là di ogni dubbio l’esistenza e le forme di controllo mafioso dell’economia catanese e siciliana da parte di imprenditori, non solo siciliani, di pubblici amministratori e di politici di livello regionale, provinciale e comunale.

Non a caso sono stati effettuati fermi ed arresti per un totale di 48 persone e sono stati sequestrati beni per oltre 400 milioni di euro. Ora, non è che i fratelli Lombardo escano da questa storia con i colori della vittoria. I due sono stati e continuano ad essere oggetto di indagine a seguito di alcune rivelazioni di un pentito e di intercettazioni telefoniche e ambientali che documenterebbero i contatti tra Vincenzo Aiello, della cosca Santapaola, e gli stessi fratelli Lombardo. E allora, perché non li si arresta? Perché un macigno lo impedisce. Parliamo della famosa sentenza della Corte di Cassazione del 12/7/2005, la sentenza che poi ha portato all’assoluzione di Calogero Mannino, secondo la quale: «nei delitti associativi (concorso esterno ad associazione mafiosa) si esige che il concorrente esterno… sia…consapevole dei metodi e dei fini della stessa associazione… egli sa e vuole che il suo contributo sia diretto alla realizzazione anche parziale del programma criminoso del sodalizio»

Tradotto: i fratelli Lombardo avrebbero potuto essere accusati di concorso esterno solo nel caso in cui si fosse dimostrato che essi si sono coscientemente adoperati per favorire i piani della mafia. Ed è proprio questo che, fino ad ora, non è stato dimostrato. Per questo, dicono in Procura, non c’è stata alcuna incriminazione, perché il giudice per le indagini preliminari avrebbe sicuramente dovuto respingere ogni richiesta in tal senso. Con grave danno alla prosecuzione delle indagini. La sentenza Mannino può non piacere, e infatti presenta molte ambiguità, ma è la legge. Non ne escono bene i fratelli Lombardo da questa operazione, ma di questo il Pd regionale non sembra volersi accorgere e invece continua il suo di sodalizio con il presidente. Anzi, all’appello del sen. Enzo Bianco che lo scorso 10 novembre invitava i deputati regionali del Pd ad uscire dalla maggioranza, hanno risposto positivamente solo quattro su 27: Bernardo Mattarella, Miguel Donegani, Franco Barbagallo e Giacomo Di Benedetto.

Il resto ha invece firmato una dichiarazione in cui si definisce «inaccettabile che una vicenda giudiziaria rispetto alla quale la stessa Procura di Catania ha ritenuto di non dovere adottare provvedimenti nei confronti del presidente Lombardo, venga strumentalizzata per mettere in discussione il pronunciamento della stragrande maggioranza del Pd siciliano e del gruppo parlamentare all’Ars sul sostegno ad un governo formato da persone perbene». Evidentemente per questi signori, e per i loro capi romani, frequentazioni e intercettazioni sono sciocchezze di nessun conto. E tuttavia rimane il grande successo dell’operazione. Dice Ganzer: «E’ un intervento che azzera i vertici di Cosa nostra a Catania, con le storiche famiglie Santapaola o Ercolano, ma anche a Ramacca, Caltagirone, Palagonia e Misterbianco. Un intervento che ha individuato la presenza mafiosa tra gli imprenditori di tutti i settori: dalla grande distribuzione all’edilizia, al commercio, al movimento terra, ai trasporti e alla ristorazione». L’inchiesta, per chi non lo avesse capito, continua. E sono molti a tremare nei più grandi palazzi del potere politico ed economico di Catania e del resto della Sicilia.

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