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Maroni vs Saviano, il ruggito della Lega

Di Lorenzo Frigerio il . Lombardia

Il trionfo dell’ultima puntata di “Vieni via con me” – nove milioni di spettatori e quasi venti milioni di contatti per una rete come Rai Tre è un risultato davvero unico – passa subito in secondo piano di fronte alle polemiche scatenate dalla Lega Nord contro la trasmissione di Fabio Fazio: l’obiettivo è Roberto Saviano e le dichiarazioni dell’altra sera. Il monologo dello scrittore, dedicato al tema della presenza della ‘ndrangheta nelle regioni del nord, ha il pregio di porre all’attenzione del grande pubblico televisivo le ragioni del radicamento criminale in Lombardia, pur senza aggiungere nulla di nuovo a quanto si conosce da tempo, ma finisce con creare ancora una volta un caso politico che sembra destinato ad ulteriori sviluppi.

Il ministro dell’Interno Roberto Maroni, infatti, giudica <<accuse infamanti>> l’accostamento della ‘ndrangheta al suo partito e, oltre alla minaccia di adire le vie legali, sollecita la possibilità di una pronta replica televisiva <<anche a nome dei milioni di leghisti che si sono sentiti indignati dalle insinuazioni gravissime di Saviano>>, chiedendo a gran voce l’intervento dei vertici RAI e del Presidente della Repubblica. Nell’intervento dell’altra sera, l’autore di Gomorra, a partire dalla riproposizione della leggenda fondante le mafie con protagonisti i cavalieri spagnoli Osso, Mastrosso, Carcagnosso e dalla lettura del giuramento d’affiliazione alle cosche calabresi, ha sottolineato il pericolo di ritenere le mafie solo un problema del sud, prendendo poi le mosse dal racconto delle ultime vicende processuali.

Il riferimento puntuale è stato all’inchiesta condotta congiuntamente dalle DDA di Milano e Reggio Calabria che, a metà luglio di quest’anno, ha portato all’arresto di trecento persone tra Lombardia e Calabria e al sequestro di beni alle cosche per un valore di circa sessanta milioni di euro. Saviano ha parlato del tentativo delle cosche operanti al nord di trovare una loro via autonoma al federalismo in salsa criminale, rimarcando come tradizione e modernità si coniughino costantemente nella ricerca del massimo profitto. Ulteriore elemento di continuità nel metodo mafioso, lo scrittore lo ha ritrovato nella ricerca costante del rapporto con la politica. Politica che al nord vuol dire, ovviamente, soprattutto Lega. E qui, nel suo intervento, paradossalmente senza mai nominarlo, Saviano ha ricordato che dall’inchiesta è stato sfiorato anche un consigliere regionale della Lega Nord.

Si tratta di Angelo Ciocca, eletto lo scorso anno in Regione Lombardia con ben 18.000 preferenze: nelle carte dei magistrati milanesi e calabresi, si ricostruisce l’incontro avvenuto a Pavia tra lui e l’avvocato Pino Neri, finito poi in manette, l’imprenditore edile Antonio Dieni e Francesco Del Prete, candidato al consiglio comunale nelle liste di “Rinnovare Pavia”. Già quest’estate il leader leghista Umberto Bossi aveva sminuito la questione – <<è solo una fotografia>> – che è tuttora al vaglio della magistratura, ma ora l’ultimo affondo dello scrittore sotto scorta, per di più dagli schermi televisivi, scatena il finimondo.  Davide Boni, esponente di punta della Lega Nord e presidente del Consiglio regionale della Lombardia minaccia azioni legali: <<Ha affermato che la nostra Regione avrebbe al suo interno dei rappresentanti istituzionali collusi con associazioni di chiaro stampo mafioso ma non esistono atti giudiziari che convalidano il ‘teorema Saviano’>>.

Maroni è il dirigente leghista più irritato e non lo nasconde, dichiarandosi “offeso e indignato” e citando anche i successi riportati come ministro dell’Interno nella lotta alle mafie: <<Dire che la mafia e la camorra sono presenti al nord è una ovvietà. Ma accusare, come ha fatto Saviano, un intero partito di essere il referente della mafia mi fa venire la pelle d’oca>>.  Il titolare del Viminale chiede di esercitare il diritto di replica, per contestare in radice le argomentazioni portate da Saviano a supporto della sua tesi.

Se il capostruttura di Rai Tre Loris Mazzetti inizialmente oppone un veto alla presenza del ministro nella prossima puntata – <<Un ministro ha la possibilità di parlare in tutti i programmi e in tutti i telegiornali, quindi si organizzi in qualche maniera. Se noi abbiamo detto cose non vere, cose smentibili, se lo abbiamo ingiuriato o offeso, si rivolga direttamente alla magistratura>> – in tarda serata, invece, il direttore della rete Paolo Ruffini lascia aperto uno spiraglio alla composizione della lite: <<una dichiarazione scritta o filmata di precisazione, di rettifica o di replica a quanto affermato, troverà posto all`interno della prossima puntata, se il ministro ritiene di rilasciarla>>. Saviano, dal canto suo, si è detto “stupito e allarmato” per la reazione, perché i fatti ricostruiti in trasmissione <<dovrebbero preoccupare il ministro dell’Interno invece di spingerlo ad accusare chi li denuncia>>.

Lo scrittore ha paragonato la richiesta di Maroni – <<Vorrei un faccia a faccia con lui per vedere se ha il coraggio di dire quelle cose guardandomi negli occhi>> – alla richiesta fatta a suo tempo dall’avvocato di Francesco Schiavone – <<Voglio vedere se Saviano ha il coraggio di dire quelle cose guardando Sandokan negli occhi>> – dichiarandosi comunque pronto al confronto, in qualsiasi momento. Sono davvero lontani i tempi in cui Maroni riconosceva i grandi meriti dell’autore di Gomorra, per la denuncia del dominio dei casalesi, pur precisando lui stesso come le mafie fossero diffuse in altre aree del paese e del mondo, mentre lo scrittore ricambiava definendo il dirigente leghista <<il miglior ministro degli Interni di sempre>>.

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