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Parma: dopo gli incendi gli omicidi

Di Gaetano Liardo il . Campania, Emilia-Romagna

Dopo un’estate caratterizzata da incendi di chiara natura intimidatoria, a Parma si alza il tiro. L’omicidio del boss camorrista Raffaele Guarino a Medesano, alcuni giorni fa, è il sintomo della sempre più forte presenza delle organizzazioni criminali in tutta l’Emilia Romagna. La ricca e opulenta regione del nord che attira gli appetiti e gli affari delle mafie nostrane. Droga, usura, estorsioni, infiltrazione negli appalti ed ora anche omicidi. «L’episodio dell’uccisione di Raffaele Guarino a Medesano – ha commentato in una nota il coordinamento di Libera Parma – ancora una volta chiede a tutti noi di non fermarci al singolo fatto di cronaca ma di guardare oltre, di saper leggere ciò che da diversi anni avviene nel parmense ad opera della Camorra, della ‘Ndrangheta e della Mafia siciliana». Ovvero affari e investimenti lucrosi.

In Emilia Romagna, si legge nella relazione della Dia del secondo semestre 2009, «le attività investigative hanno fatto emergere la presenza di sodalizi contigui a gruppi camorristici i cui interessi criminali prevalenti sono stati riscontrati nei settori economico – imprenditoriali e del traffico di stupefacenti». I camorristi, attivi principalmente a Parma, Modena e Reggio Emilia impongono la propria legge all’economia legale: racket ed estorsioni. Chi non si adegua e paga, va incontro alle ritorsioni dei boss. Auto, camion, materiali di costruzione di ditte impegnate nel settore edile, quello che maggiormente attira gli investimenti mafiosi, sono dati alle fiamme. Proprio quello che si è verificato nel mese di agosto a tre diverse ditte impegnate nei lavori della linea ferroviaria Parma – La Spezia. 

Trend confermato dalla recente relazione della Corte dei Conti sulla confisca dei beni alle organizzazioni criminali, con una dettagliata analisi sull’inserimento delle mafie nel tessuto economico – produttivo del nord. «Il progressivo inserimento nel sistema economico, finanziario e imprenditoriale – si legge nella relazione – fa sì che le organizzazioni delinquenziali (al nord, ndr) arrivino a perdere quei connotati criminogeni che le caratterizzavano originariamente, per divenire un vero e proprio potere economico – finanziario in grado di competere nel sistema produttivo».

Quali sono i settori dove le mafie investono maggiormente? L’edilizia, il settore immobiliare, quello commerciale e la grande distribuzione. Settori nei quali, secondo la Corte dei Conti, è più facile ripulire capitali frutto di attività illecite. In Emilia Romagna, come nelle principali regioni del nord Italia, i boss puntano a controllare questi quattro importanti settori produttivi. Con le buone o con le cattive. Imponendo la propria legge e drogando il mercato, estromettono di fatto gli operatori economici che operano nella legalità. All’imposizione del racket, scrive la DIA relativamente all’Emilia Romagna, «potrebbe conseguire una soggezione psicologica ed economica funzionale, oltre che a fini di riciclaggio e reinvestimento speculativo, a più complessi obiettivi di infiltrazione nella realtà economico – sociale della regione».  Ovvero il controllo del mercato.

E’ già «assai rilevante – scrive la Dia – l’effetto di alterazione del regolare andamento del mercato delle imprese del settore edile connesso all’imposizione di ditte sub – appaltatrici fiduciariamente legate a gruppi criminali campani e, in particolare, casertani». Una «presenza elevatissima» sottolinea la relazione della Dia in riferimento alle ditte campane coinvolte nella realizzazione delle grandi opere.  Una soluzione, nel tentativo di impedire ai boss di spadroneggiare nel settore edilizio, potrebbe essere quella dell’applicazione rigida della cosiddetta “white list”. La direttiva del Ministero dell’Interno, diramata il 23 giugno, che obbliga le centrali appaltatrici, gli enti pubblici quindi, a richiedere alle ditte aggiudicatrici di fornire l’elenco dei fornitori dell’indotto.

Aziende che si occupano di movimento terra, smaltimento di rifiuti, fornitura di materiali, autotrasporti, servizi di guardiania, sono così sottoposte al vaglio delle Prefetture, nel tentativo di bloccare l’imposizione mafiosa di ditte fornitrici e materiali scadenti. Un piccolo passo che tuttavia dà fastidio ai boss. Anche in Emilia Romagna.

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