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Il no dei cittadini alla centrale a Carbone a Saline Joniche

Di Anna Foti* il . Calabria

E’ dannosa, inquinante, vetusta e frutto di un investimento privato che ha tutto  l’aspetto di volere defraudare la Calabria dell’ennesima limpida a pulita prospettiva e di depredare il territorio di una possibilità di sviluppo che  in realtà si tradurrà in profitti e promesse di occupazione. Un ricatto, insomma, l’ennesimo che si registri da queste parti cui però non si intende cedere.
Mentre l’iter autorizzativo per la costruzione dell’impianto nel sito dell’ex-liquichimica avanza, la cittadinanza, Legambiente, rappresentata da Nuccio Barillà, WWF, rappresentato da Tito Solendo, il coordinamento dell’area jonica e i rappresentanti istituzionali  del Pd come di Fiamma Tricolore tornano a manifestare la loro contrarietà presso il centro Polifunzionale della cittadina jonica.

Un manifestazione popolare, spontanea, corsa anche in rete con una piattaforma di adesioni su facebook. Presenti a Saline anche molti studenti, come Antonio Palumbo e Giovanna Mandica, che hanno fatto un’assenza per protestare e prendere parte all’incontro. C’è Angela Stelitano che ha le idee chiare su che cosa vuole, sviluppo e futuro per il territorio in cui cresce e vive, e su che cosa non vuole: il carbone e l’inquinamento. Da Rossano, anche una delegazione del comitato contro la riconversione della centrale elettrica Enel per far crescere una voce calabrese sempre più decisa nel pronunciare il no al carbone come fonte di energia nel 2010.

Rimane l’interrogativo se non sia troppo tardi per parlare di progetti alternativi per un’area in fondo abbandonata da quarant’anni su cui nessuno, purtroppo prima della società elvetica Sei che ha già comprato terreni, ha messo in essere dei progetti di riqualificazione e recupero concreti e operativi. Tanti, a tutti i livelli, in questi decenni le parole e i buoni propositi ma quella ruggine è rimasta lì visibile dalla superstrada 106, sotto gli occhi tutti e adesso rischia di essere rimossa, sotto il ricatto, diffuso da queste parti e fin troppo semplice da imporre, dell’occupazione, del lavoro e di uno sviluppo che in realtà potrebbe nascondere il prezzo altissimo della salute dell’uomo e dell’ambiente.

Ancora di questi progetti parlano i rappresentanti politici, presenti a Saline Joniche. Di fronte alla sfida lanciata alla maggioranza di governo regionale dalla Federazione della Sinistra con Nino De Gaetano, che chiede chiarezza sulla questione dato che il governo  cosiddetto “amico” sta invece favorendo la costruzione di questo impianto in Calabria, risponde il vicepresidente del Consiglio regionale Alessandro Nicolò che si impegna a ricercare un’alternativa. L’auspicio è che non sia troppo tardi e questa sia anche la volta buona per rendere tali progetti concreti. Intanto una mozione ad hoc è stata proposta dal consigliere Giuseppe Giordano di Italia dei Valori e sarà discussa in occasione della seduta della massima assemblea elettiva della Regione del prossimo 15 novembre. Tre giorni prima, anche la prossima seduta del consiglio provinciale di Reggio Calabria, sarà dedicata alla centrale a carbone, ha ricordato il capogruppo FDS in consiglio, Omar Minniti.

Veniamo ai sindaci, ultimi baluardi di difesa del territorio, le cui posizioni sono per alcuni ferme per altri fluttuanti. Confermano il no i contrari della prima ora: Pasquale Sapone, sindaco di San Lorenzo, e il giovane Federico Curatola, sindaco di Bagaladi che ha già al suo attivo un progetto di energia alternativa proprio nel suo comune. Antonio Guarna dopo il pioniere del no Loris Nisi, sindaco di Montebello Jonico sul cui territorio insisterebbe questo impianto energetico non rinnovabile, pur manifestando la sua ferma contrarietà fa i conti con un’area depressa da decenni e con una necessità vitale per tutta la provincia di Reggio Calabria, cioè quella di attirare investimenti che possano innescare sviluppo e occupazione.

Si tratterebbe di una questione politica, secondo Guarna, ora che la commissione Via ha assicurato che il carbone pulito non arreca danno alla salute e all’ambiente, esprimendo parere favorevole, e venuta meno la necessità di nominare quella commissione locale di esperti che illustri gli impatti ambientali sul territorio, non rimarrebbe che progettare e concertare, se si è ancora in tempo, con Regione e Ministero per ettari ed ettari di terreno e per un porto lì adiacente che non sono una zavorra per questo comprensorio ma una grande risorsa.

 Solo una passerella oppure una serie di atti utili ad ostacolare la costruzione di questo impianto di 1300 megawatt di potenza che costerà oltre un miliardo di euro di capitale privato e che da più punti vista è ravvisato come uno scempio? La risposta, ormai, nel bene o nel male ha il tempo contato.

* da Reggiotv.it

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