Terzigno, quei tre giorni maledetti
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Si è scritto tanto e di tutto
sulle
proteste di Terzigno.
Dalla camorra agli eversivi. Dai gruppi ultrà
ai centri
sociali. Per arrivare anche a termini
desueti come
“anarco-insurrezionalisti”. Prime pagine dei quotidiani,
telecamere di tutto il mondo. Tutti a riprendere e commentare.
Editorialisti
pronti a dire la loro. E nel calderone
della legge
della comunicazione, la popolazione, le mamme di Terzigno
e gli
anziani sono stati descritti come
persone violente, incapaci di una
proposta politica. Buone solo a protestare. Senza cognizione di
causa. Un
editorialista come Galli della Loggia,
in un’ intervista
al Corriere del Mezzogiorno, quelle proteste le ha definite «un atto
simile a quello del popolo
dei vicoli che difendeva i delinquenti
di fronte ai poliziotti». Poi è arrivato
Bertolaso. Si è
informato, ha incontrato gli amministratori. Ha raccontato di una
telefonata del Presidente
del Consiglio che si era commosso
davanti
alle immagini di studenti e
mamme prese a manganellate e ai
loro
volti insanguinati. Proviamo a
ragionare e capire come sono andate
le cose. Premessa necessaria: nessuno vuole e deve nascondere che
nella
protesta civile della gran parte della
popolazione di
quell’area vesuviana
si siano infiltrati delinquenti che con
quella protesta non avevano nulla a
che vedere. Sarà compito della
magistratura indagare e capire il ruolo
della criminalità
organizzata. Che
interesse aveva la camorra nell’armare pochi
delinquenti e alimentare
e strumentalizzare la protesta? Una
cosa è
certa, ai boss conviene l’apertura della seconda discarica. Una
discarica che apre significa trasporto,
movimento terra, rifiuti che
entrano.
Ma se torniamo un attimo indietro ci
poniamo alcune domande. Perché si
è arrivati alla violenza degli
scontri?
Perché non si è intervenuti prima?
C’è qualcosa nello
scadenzario temporale della vicenda di Terzigno che
lascia dei
dubbi. La gente ha iniziato a protestare perché nella discari
ca
stava arrivando di tutto. I miasmi
erano insopportabili. Del resto i
cittadini di quell’area sarebbero solo dei
folli da preferire i
sacchetti a marcire per strada con conseguenti rischi
di epidemia.
Volevano solo garanzie
che la discarica fosse a norma. Temevano che
insieme alla parte secca dei
rifiuti solidi urbani arrivassero
anche
i veleni. Il nuovo veleno si chiama
percolato, negli ultimi
anni diventato il concime dell’agricoltura campana, che è
fuoriuscito dai camion
parcheggiati in attesa di sversare. E
davanti all’ennesima presa in giro la
gente chiedeva certezze.
Garanzie. A
partire dal blocco dell’ipotesi dell’apertura della
seconda mega discarica,
una tra le più grandi d’Europa nella
stessa area, nello stesso territorio.
Un’area protetta, con il Parco Nazionale istituito con legge dello
Stato.
C’era tensione, si poteva e si doveva aprire un dialogo.
Eravamo solo all’inizio del
presidio e dell’occupazione della
rotonda di Terzigno. E invece in data 20 ottobre un lancio dell’Ansa
in rete annunciava: «Rifiuti: PDL Campano, CONFERMATO Sì a Cava
Vitiello».
Si presume una decisione concordata
dopo aver sentito il governo nazionale.
La notizia rimbalza sui cittadini di
Terzigno. E’ come accendere una miccia su una polveriera.
Inevitabilmente la gente si e’ sentita presa in giro e gli scontri
diventano violenti.E la ten
sione sale. Quell’annuncio diventa
uno spartiacque per capire quello che è successo a Terzigno. Infatti
dopo appena tre giorni il 23 ottobre l’Ansa batte in rete un altro
take: «Rifiuti: Vertice Prefettura ‘CONGELA’Cava Vitiello» .
Dopo che Berlusconi aveva promesso che in dieci giorni tutto sarebbe
stato risolto e mandava il fedele Bertolaso aNapoli. Cosa è
successoin quei tre giorni? Perché il congelamento non è avvenuto
prima, quando si poteva e si doveva dialogare con la popolazione? E
perche’ il governo ed i vertici del Pdl dopo tre giorni hanno
smentito e revoca-
to di fatto la decisione del governo
regionale del Pdl? Tre giorni trascorsi sulle barricate.
Ogni sera quella rotonda diventava la
Beirut vesuviana. Le immagini facevano il giro del mondo. Tutti a
gridare vergogna. E dopo l’arrivo di Bertolaso e l’annuncio di
Berlusconi, anche le proteste
delle mamme di Terzigno vengono
legittimate dallo stesso capo della protezione civile. Quella
discarica Sari era gestita male con problemi di percolato e di miasmi
per la popolazione.
Semplicemente quello che chiedevano le
mamme di Terzigno e la popolazione dell’area vesuviana. Tanti
dubbi, tante domande senza risposta. Tutto intorno a quei tre giorni
maledetti.
E ancora una volta la rivolta della
popolazione ha fatto più notizia delle ragioni della protesta. E non
da oggi. Ma da sedici anni.
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