Doppio colpo
Mentre un primo troncone della vasta indagine “Doppio Colpo”, relativa ai rapporti tra la società “Calcestruzzi spa”, costola siciliana della multinazionale “Italcementi spa”, ed esponenti di cosa nostra nissena, si è concluso, altri particolari sul presunto legame continuano ad emergere. Dopo le confessioni rilasciate da diversi collaboratori di giustizia, già ai vertici delle famiglie nissene, giungono anche quelle di Alberto Carlo Ferrauto, ex affiliato al gruppo di Caltanissetta. Quello messo in atto attraverso “Calcestruzzi spa” sarebbe stato un sistema diretto a rafforzare i patrimoni dei gruppi mafiosi dell’area nissena, da Gela alla zona nord della provincia.
Secondo Ferrauto, che in questo senso ribadisce la linea assunta da collaboratori come Carmelo Barbieri e Crocifisso Smorta, i lavori che venivano appaltati sul territorio controllato da cosa nostra dovevano necessariamente passare per le forniture della “Calcestruzzi spa”. Forniture che, quindi, sarebbero state imposte a diversi imprenditori, costretti ad accogliere le richieste pena il rischio di attentati e danneggiamenti dei cantieri. Inoltre, secondo la versione fornita da Ferrauto, la “filiera illegale” poteva contare sull’azione svolta da autotrasportatori compiacenti, in grado di fatturare, per il servizio di trasporto degli inerti svolto, prezzi superiori rispetto a quelli praticati. In questo modo, la differenza incassata sarebbe confluita direttamente nelle casse delle famiglie di cosa nostra, alla base della gestione dell’intero sistema.
La strategia che sarebbe stata intessuta dai gruppi criminali della provincia di Caltanissetta insieme ad alcuni responsabili degli stabilimenti locali della “Calcestruzzi spa”, avrebbe assicurato un assoluto controllo del territorio: diverse commesse, pubbliche e private, sarebbero state rinchiuse all’interno di un circuito gestito esclusivamente da cosa nostra.
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