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Mafia, etica, economia in Lombardia

Di Mauro Toninelli il . Lombardia

Ci sono alcune realtà, nel bene e nel male, che non sono nuove ma su cui ci si trova a chiudere spesso gli occhi, fi­no a quando qualche evento ci obbliga a porvi attenzione. Così è stato per l’in­contro all’interno dell’Ottobre missio­nario lumezzanese. “Etica nell’econo­mia. Mafia e illegalità in Lombardia: il ruolo della società civile e responsabi­le” è il titolo dell’incontro che ha visto ospite il giornalista Lorenzo Frigerio, rappresentante di “Libera, associazio­ni, nomi e numeri contro le mafie” e, tra l’altro, componente del comitato scientifico della rivista “Narcomafie” e del sito “Libera informazione”. Se in ambito economico non è più impor­tante l’etica e questa non guida più le scelte dell’economia è chiaro che le priorità cambiano e, conseguentemen­te, non si avranno più remore a schiac­ciare l’altro, a vantaggio dell’interesse personale.

“Ritengo che etica ed eco­nomia oggi siano parole che cozzano quotidianamente − dice Frigerio − e che si legano inevitabilmente alla ma­fia. Oggi i veri mafiosi non sono quel­li con la coppola e la lupara ma sono in colletti bianchi, uomini del mondo economico, che parlano bresciano, bergamasco… In Lombardia la mafia è presente da almeno 50 anni”.  “Libera”, nata nel 1995 con l’intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giu­stizia, ha una giornata fondamentale: il 21 marzo. È il giorno in cui fa me­moria delle vittime della mafia. Sono circa 1000 i nomi tra cui persone co­muni che si sono trovati in mezzo alle sparatorie o ad attentati mafiosi come Silvia Ruotolo, madre di due bambini, uccisa in una sparatoria per il control­lo di una piazza di spaccio fra due clan. “La questione delle mafie riguarda tutti − ricorda ancora il rappresentante di “Libera” −.

 A Milano nella giornata il conteggio era di 150mila. È stata una giornata in cui in una città al nord, capitale dell’economia e della finan­za, migliaia di persone si sono riunite per dire: le mafie non le vogliamo”. In Italia il ruolo e il peso del crimine or­ganizzato è sempre aumentato tanto quanto è venuto meno il ruolo dell’eti­ca nell’economia e “i confini tra eco­nomia legale ed economia illegale han­no teso a scomparire”. La riflessione di Frigerio fa il quadro della gestione economica e impressiona i presenti ci­tando i dati della Confesercenti per il 2009: “Le mafie in Italia hanno messo insieme un fatturato di 135 miliardi di euro, con un utile netto che sfiora gli 80 miliardi, tolti killer, avvocati, cor­ruzione… Questi soldi vanno a finire nell’economia legale.

La mafia non spara, compra. Spara solo quando le persone non si possono più compra­re”. Comodo pensare che la mafia sia solo al Sud o del sottosviluppo, ma a metà luglio 150 persone sono state ar­restate in Lombardia, per associazio­ne mafiosa. Don Ciotti, fondatore di “Libera”, parla di una società respon­sabile. Ognuno deve fare la sua parte.  Se si parla di responsabilità di ciascuno, qualcosa deve cam­biare nel modo di agire: “Non è più un problema di guardie e ladri, di delega a magistrati e polizia” − ricorda Lorenzo Fri­gerio − “Libera si impegna in percorsi di formazione ed edu­cazione, perché non si finisce mai di conoscere. Non si tratta di essere esperti di mafia e antimafia, ma si tratta di avere gli strumenti per capire in quale società siamo per chiedere più etica all’economia, più etica nei rapporti umani e meno spa­zio per la criminalità organizzata”. 

Don Ciotti, quando parla di questi temi e della situazione della mafia in Italia, usa sempre un esempio. Il paragone è quello del pesce che vive nell’acqua. Il problema non è il pesce, cioè la mafia, ma l’acqua in cui vive, cioè l’orizzonte culturale in cui il fenomeno si muove. “Il problema è prosciugare il baci­no e fare in modo che tutti si accorgano che è un problema di tutti” aggiunge Frigerio. Un fenomeno che coinvolge tutti e che ha una sua prima risposta da parte di “Libera” con la pre­venzione. I beni che vengono confiscati alla mafia, e non sono pochi, dal 1995 quando l’associazione nasce ha chiesto con un milione di firme per presentare al Parlamento un disegno di legge, divenuto la legge 109 del 1996, che consente l’utilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie. “Con questo passo ‘Libe­ra’ propone così una soluzione sociale ma anche di economia per percorsi di liberazione dei territori.

Oggi si conoscono al­cuni prodotti con il marchio ‘Liberaterra’, un marchio di qua­lità e legalità che abbiamo registrato e che contraddistingue i prodotti realizzati dalle coperative che lavorano sui terreni confiscati e che fanno parte del circuito di ‘Libera’. Il primo prodotto fu l’olio” racconta ancora Lorenzo.  Dall’olio, comparso sul mercato meno di 10 anni fa, oggi c’è una filiera di circa 30 prodotti diversi. Questo vuol dire coope­rative, vuol dire un indotto significativo e una collaborazione con Coop. I beni confiscati però non sono solo terreni e ven­gono utilizzati a fini sociali, che creano comunque economia e attenzioni sociali “Molti non sono iscritti a ‘Libera’, ma non importa, l’importante è che utilizzino la legge per il bene di tutti. Questa è la cosa che dà più fastidio ai mafiosi” chiude Frigerio.

In Provincia di Brescia i beni confiscati alla mafia sono 69 e la Lombardia, parlano i numeri, è al terzo posto in Italia per beni confiscati.

I dati su www.libera.it.

Fonte: La voce del popolo

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