Rosarno, luogo simbolo per i migranti
Rosarno come Roma ed altre località italiane ha ospitato la presentazione del XX Rapporto Immigrazione stilato dalla Caritas e dalla Fondazione Migrantes. Una scelta fortemente simbolica quella attuata in Calabria, di illustrare i dati di questo documento in un luogo simbolo delle difficoltà e delle discriminazioni che il popolo migrante spesso incontra in terra calabra, ma anche delle storie di accoglienza e integrazione che fanno sempre meno scalpore.
Il dossier ha fotografato la Calabria come terra di accoglienza e di radicamento per i cittadini stranieri che qui vengano a riprogettare la loro esistenza. Il dato nazionale invece si attesta sui 5 milioni di immigrati regolari in Italia, il doppio rispetto al 1990 e il 7% dei residenti totali dello stivale. Oltre un ottavo degli immigrati, quasi 600 mila, sono di seconda generazione dunque sono nati in Italia. Un immigrato su quattro vive in Lombardia (982.225; 23,2%) mentre Roma (405.657) perde il primato di provincia col più alto numero di immigrati consegnandolo a Milano (407.191).
A corredo di questa presentazione, anche la sentenza a Sezioni Unite della Corte di Cassazione che tutela i minori stranieri.
Cittadini immigrati irregolari o rei non potranno essere espulsi e rimpatriati se genitori e ciò per tutelare i minori dal trauma del distacco. E’ in sintesi il contenuto della sentenza numero 21799 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite con cui, in sostanza, si qualifica come elastica l’interpretazione dei cosiddetti gravi motivi sui quali basare la temporanea autorizzazione a permanere in territorio nazionale nonostante il foglio di via. A proporre ricorso per motivi di legittimità alla Suprema Corte è stata una cittadina africana che avrebbe dovuto allontanarsi dall’Italia, pur essendo madre di tre figli, perché condannata per sfruttamento della prostituzione.
Tra i gravi motivi, dunque non sono contemplati solo stringenti esigenze di salute ma anche, recita le sentenza, “qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico – fisico derivi o deriverà certamente al minore dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto”.
La Corte evidenzia che non si tratta di una situazione indeterminata nei tempi e nei contenuti e che, dunque, la priorità è inequivocabilmente rappresentata dalla tutela del minore straniero, dal suo rapporto con la madre e con il contesto italiano sociale e umano con cui è venuto a contatto. Un correttivo interpretativo che allarga le maglie applicative della normativa nazionale allineandola alle convenzioni internazionali in materia di diritti dei migranti e dei minori.
La speranza è che non si dia luogo a situazioni di insostenibilità concreta, laddove, non parlandosi propriamente di titolo di soggiorno, e non potrebbe essere trattandosi di cittadini immigrati condannati dalla legge italiana a irregolari, ma solo di un’autorizzazione temporanea, poi non siano riconosciuti i diritti fondamentali connaturati alla stessa. Viene in mente l’introduzione dell’inespellibilità della madre immigrata irregolare partoriente e poi l’impossibilità di registrare la nascita del piccolo o della piccola venuti al mondo da genitore non regolare. A volte non basta prevedere una possibilità ma bisogna calarla nella realtà della vita di ogni giorno.
* da Reggiotv.it
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