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Bordighera, tre politici sotto protezione

Di Stefano Fantino il . Liguria

Non si ferma ancora l’onda lunga che
l’operazione contro la famiglia Pellegrino, scattata nei mesi scorsi
a Bordighera, ha prodotto. Prima il caso in sè, eclatante, le pressioni
sull’amministrazione, le minacce, con conseguente, e inedito per la
Liguria, insediamento di una commissione prefettizia per appurare
eventuali infiltrazioni mafiose nel tessuto comunale. Ora che tutti
gli imputati sono stati rinviati a giudizio, in un processo che
proprio a fine mese potrebbe prendere il via, una nuova notizia
spazza le vie assolate della Riviera di Ponente. Chi a quel processo
sarà iscritto in qualità di testimone, è stato, su intervento del
Comitato per l’ordine pubblico della Prefettura, inserito in un
particolare programma di prevenzione. Sono tre i consiglieri comunali
che, a Bordighera, sono stati messi sotto la protezione dei
Carabinieri. Non di vera e propria scorta si deve parlare ma di un
costante controllo che l’Arma assicurerà a Donatella Albano,
consigliere comunale di minoranza e capogruppo consiliare del Pd, e
ai due colleghi ed ex assessori Ugo Ingenito e Marco Sferrazza.

Segnale questo del clima tutt’altro che
tranquillo che si sta respirando nell’estremo Ponente ligure. Tutti e tre gli esponenti politici
bordigotti sono legati al caso “Pellegrino”, l’inchiesta
che la procura di San Remo ha condotto nei mesi scorsi e portato a
metà giugno a diversi arresti nel Ponente. A legare il Comune al
blitz, le pretese, come emergono dalle carte della procura di San
Remo, che la famiglia dei Pellegrino, costituita da imprenditori
originari di Seminara, ha avanzato nei confronti degli esponenti
politici. In merito all’apertura di alcune sale giochi nel territorio
comunale. Negato il nulla osta i Pellegrino avrebbero minacciato i
consiglieri comunali, rei di non aver dato l’approvazione al progetto
e rinfacciando un presunto appoggio elettorale, già concesso, in
virtù del quale sarebbe parso assurdo un diniego da parte del
Consiglio. In che modo i tre politici sono collegati al caso?
Donatella Albano, consigliera di minoranza, come sopra accennato, ha
guidato la sua parte a un “no netto”alle pretese della
famiglia Pellegrino ed è stata da tempo oggetto di minacce. Durante
lo scorso anno le fu recapitata una fetta di limone chiusa in una
busta bianca e alcuni mesi dopo un’altra missiva contenente un
santino bruciato di San Michele Arcangelo, ben noto simbolo di
rituale di affiliazione della mafia calabrese. Pare, a gli
inquirenti, un fil rouge da seguire e collegato alla mancata volontà
di far aprire le sale giochi in città.

Al fianco dell’Albano si erano
schierati anche diversi colleghi di maggioranza. Nella fattispecie
gli ex assessori Ingenito e Sferrazza avevano ricevuto, dopo il voto
contrario del consiglio comunale, le visite a casa dei Pellegrino.
Desiderosi, presumibilmente, di avere chiarimenti. Nei mesi scorsi la
testimonianza di Sferrazza aveva assunto tinte quanto meno
inquietanti. Nella ordinanza di custodia cautelare per i Pellegrino,
gli inquirenti ricordano come fu messo a verbale che lo Sferrazza
dopo la visita a casa di Giovanni Pellegrino e di suo suocero
Francesco Barilaro per quanto non avessero formulato esplicite
minacce, l’Assessore SFERRAZZA confermava di aver detto al M.llo
DAINESE che da allora dormiva con la pistola sotto il cuscino
.
Circostanza che poi successivamente Sferrazza ha etichettato come
espressione triviale e scherzosa per ribadire come, essendo
intestatario di un porto d’armi, era tranquillo e non avrebbe potuto
temere da quella visita. Gli inquirenti hanno trovato durante le
indagini elementi importanti che li hanno convinti ad inserire i due
ex assessori nel programma di tutela, e anche nel caso sopra
descritto, rimane tuttavia l’inquietante richiesta fatta di persona e
sotto casa da alcuni noti personaggi della Riviera, con a carico
pesanti precedenti.

Ricordiamo quanto si legge nell’ordinanza: “si
badi che Giovanni ha riportato una condanna definitiva ad oltre 6
anni di reclusione per associazione per delinquere finalizzata al
traffico di stupefacenti [?], Maurizio una condanna alla pena di otto
mesi di reclusione per favoreggiamento della latitanza di tale
COSTAGRANDE Carmelo, sottrattosi all’esecuzione di un ordine di
carcerazione della Procura Generale di Reggio Calabria per una
condanna definitiva in relazione al delitto dell’art. 416 bis c.p.;
Roberto – gi? recidivo specifico – ha di recente riportato una
condanna in primo grado alla pena di 2 anni di reclusione per
illecita detenzione di armi
“. E più avanti si chiarisce “ad
abundantiam” che in “questa riviera di ponente la famiglia
PELLEGRINO già da anni viene indicata dalla stampa come appartenente
o comunque contigua alla ‘Ndrangheta, circostanza che indubbiamente
contribuisce a rafforzare, nel contesto sociale e negli
amministratori locali, il timore di ritorsioni in caso di mancato
accoglimento delle loro richieste. In tal senso vedi gli articoli di
stampa (…) che fin dal 1994 descrivono i fratelli PELLEGRINO come
esponenti del ‘racket della Riviera’, con presunti continui
collegamenti con gli esponenti delle cosche calabresi, depositari
dell’arsenale di armi ed esplosivi utilizzati per attentati
incendiari e dinamitardi nonché favoreggiatori di killer della
‘Ndrangheta
“.

Quanto basta per stare con gli occhi
aperti, in attesa che il 29 novembre si apra il processo contro i
Pellegrino. Mentre la Commissione prefettizia continua il suo lavoro,
scandagliando atti amministravi e gare di appalto per capire se il
caso giudiziario dell’estate non rappresenti solo la punta di un
iceberg di cui da decenni la cittadinanza è consapevole ma che non
riesce mai ad essere, in toto, riconosciuto.


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