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Reggio Calabria: i nuovi pentiti danno impulsi alle indagini

Di Gaetano Liardo il . Calabria

Armi e intimidazioni.
Bombe, ordigni artigianali, ma anche bazooka e armi pesanti. L’arsenale
militare che la ‘ndrangheta è in grado di reperire e di utilizzare
contro chi vuole ostacolarla non è assolutamente da sottovalutare.
Agli attentanti e alle intimidazioni, che da gennaio stanno caratterizzando
una nuova strategia delle cosche calabresi nei confronti degli inquirenti
e dei giornalisti, le Forze dell’ordine e la magistratura stanno cercando
di fare luce. Arresti, perquisizioni, blitz, a Reggio ma anche nel nord
Italia, grazie anche alle dichiarazioni di nuovi pentiti. Collaboratori
che stanno dando indicazioni preziose, utili, quanto meno, a colpire
il braccio militare della mafia calabrese. Come nel caso di Antonino
Lo Giudice, leader dell’omonima cosca, che si è assunto la responsabilità
degli attentati contro la Procura generale di Reggio Calabria dello
scorso 3 gennaio, contro l’abitazione del Procuratore generale Salvatore
di Landro e sul ritrovamento del bazooka nei pressi della Procura della
Repubblica, una “sorpresa” contro il Procuratore Giuseppe Pignatone. 
Proprio dalle dichiarazioni di Lo Giudice è stato possibile risalire
ad Antonio Cortese, arrestato lo scorso 20 ottobre al valico di frontiera
di Fernetti, al confine tra Italia e Slovenia. Cortese, fermato dagli
uomini della Squadra Mobile di Reggio Calabria e di Trieste, è accusato
dai magistrati della Dda reggina di essere l’esecutore materiale degli
attentati del 3 gennaio e del 26 agosto, e di aver fatto ritrovare,
su ordini di Antonino Lo Giudice il bazooka nei pressi della Procura
della Repubblica.  

Cortese, inoltre,
dalle rivelazioni fatte da Lo Giudice, oltre ad essere in grado di costruire
ordigni artigianali in proprio, usati per attentati intimidatori contro
commercianti e imprenditori della zona, era in grado di rifornire di
armi la cosca reggina. Almeno in una occasione in Austria, in compagnia
di uno dei fratelli del boss pentito, ha acquistato una trentina di
armi pesanti, tra le quali svariati kalasnikov a colpo singolo. Un uomo
in grado, quindi, di muoversi nel “mercato” internazionale come
compratore di armi. Armi pesanti e molto pericolose. Come quelle che
la polizia ha trovato e sequestrato,  la notte tra il 10 e l’11
ottobre scorsi, nel quartiere San Francesco Archi, all’interno di alcuni
casolari abbandonati. In una nota la Questura di Reggio Calabria elenca
l’arsenale di armi sequestrate: «circa nr. 400 munizioni di diverso
calibro per fucile automatico e pistola, nonché circa Kg. 1 di polvere
nera. Gran parte delle cartucce portavano il marchio NATO e sono da
considerare munizionamento da guerra, così come nr. 13 cartucce per
pistola cal. 9×19 parabellum in uso alle Forze di Polizia» .   

Armi con marchio
Nato, armi pesanti provenienti dall’Austria, bazooka provenienti dall’Europa
dell’Est, rendono la situazione  allarmante. La denuncia fatta
a più riprese dalla parlamentare finiana Angela Napoli e dal collega
democratico Franco Laratta, oltre che da numerosi esponenti della Commissione
antimafia punta l’indice contro una strategia stragista. La paura è
che a Reggio si sia ricreato quel clima torbido e violento che caratterizzò
la Palermo del periodo delle stragi. Un situazione di forte collusione
tra ambienti criminali, politici, servizi segreti e massoneria che diede
la spallata mortale alla Prima Repubblica.  E’ questa la nuova
strategia della ‘ndrangheta?

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