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L’allarme del Procuratore anti-doping del Coni: «I ciclisti tutti dopati»

Di Claudio Lenzi il . L'analisi, Lombardia

Martedì scorso la presentazione del Tour de France, sabato tocca al Giro d’Italia. Il grande ciclismo, quello professionista, delle imprese e degli interessi, è pronto a ripartire dopo aver incrociato compatto le ruote contro le dichiarazioni del procuratore capo antidoping del Coni, Ettore Torri. Cos’ha dichiarato il 79enne ex magistrato di Cassazione? “I ciclisti sono tutti dopati, non sono l’unico a dirlo. Quelli che ho interrogato, mi hanno detto che tutti si dopano”. Una lunga e sconfortata confessione, rilasciata lo scorso 5 ottobre all’agenzia di stampa Associated Press per dirlo a tutti e a nessuno in particolare, che ha sortito l’effetto di uno Tsunami. “Se il doping non fosse dannoso per la salute degli atleti – l’altra frase choc di Torri – una soluzione possibile, per non configurare ingiustizie, sarebbe la legalizzazione dell’abuso di farmaci”.

“Il doping è invincibile – l’assunto del procuratore capo – per il semplice fatto che si evolve continuamente. Escono sempre nuove sostanze sulle quali non esistono controlli. Non c’è giustizia – ha dichiarato per chiarire la sua provocazione sulla liberalizzazione dei farmaci – quando su cento ciclisti ce ne sono novantanove che si dopano senza subire conseguenze”. Due i problemi principali, secondo Torri: “La scorciatoia farmacologica continuerà a esistere fino a quando sarà un’opzione economicamente fattibile. I preparatori, poi, sono bravissimi nel loro lavoro e sono in grado di prescrivere il necessario per rimanere al di sotto della soglia del doping”. Quindi un appello all’Uci, l’Unione ciclista internazionale: “Il passaporto biologico è da semplificare, la complessità dei regolamenti favorisce gli incolpati”.

In quattro anni di lavoro al Coni, Torri ha condotto numerose indagini che hanno portato alla squalifica di corridori (e sportivi) noti come Ivan Basso, Danilo Di Luca, Riccardo Riccò, oggi rientrati tutti regolarmente in gruppo dopo aver collaborato. Inchieste come “Oil for drug” e “Operacion Puerto” sono passate sulla sua scrivania, portandolo a indagare quel sistema spagnolo che fino al 2006 “era una torre inattaccabile”. Certe dichiarazioni, dunque, fanno pensare a una resa, anche se lo stesso Torri ha assicurato di non voler mollare. E’ un dato di fatto, però, che mentre in Italia tredici Procure stanno portando avanti a vari livelli operazioni antidoping, Torri si è visto ridurre gli investigatori a disposizione. Intanto le sentenze della Cassazione in materia di applicazione della legge antidoping italiana, entrata in vigore nel 2000, sono già cinquanta.

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