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Nè eroi, nè paladini

Di Pierpaolo Romani* il . L'analisi

Ci sono voluti nove colpi di pistola sparati a bruciapelo la sera del 5 settembre a Pollica- Acciaroli contro Angelo Vassallo perché la maggioranza degli organi di informazione e degli italiani iniziassero a porre un po’ di attenzione sui rischi che corre un sindaco onesto e perbene nell’Italia del XXI secolo in alcune zone della penisola. Chi volesse compiere un semplice esercizio quotidiano potrebbe collegarsi con il proprio computer ad internet, aprire un motore di ricerca qualsiasi, e digitare l’espressione “sindaco minacciato” o “intimidazione a sindaco” oppure visitare il sito di qualche giornale locale del Sud Italia.

Si scoprirebbe in questo modo che ogni giorno un amministratore locale è fatto oggetto di atti intimidatori che vanno dall’invio di lettere minatorie, in alcuni casi accompagnate da proiettili inesplosi, sino all’incendio dell’auto, come di recente accaduto a Giovanni Di Martino, Sindaco di Niscemi (Caltanissetta), e a Carolina Girasole, Sindaco di Isola Capo Rizzato (Crotone). O finire addirittura aggrediti durante una processione religiosa, com’è successo in Sicilia al sindaco di Militello Val di Catania, Antonino Lo Presti, o accoltellati come è accaduto ad Antonio Bisignani, sindaco di Sant’Agata d’Esaro, in provincia di Cosenza. Ad alcuni amministratori è successo più di una volta di essere oggetto di violenza e di intimidazioni particolarmente pesanti. Un caso è quello di Giovanni Laruffa, ex sindaco di Polistena, la città in provincia di Reggio Calabria che nel 2007 ha ospitato la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, organizzata da Libera e Avviso Pubblico.

Laruffa, nei primi anni novanta, quand’era vice sindaco della sua città, scampò ad un omicidio di tipo mafioso. L’anno scorso, quand’era Sindaco, alcuni ignoti hanno rotto il finestrino della sua auto parcheggiata sotto casa ed hanno depositato un mazzo di crisantemi listati a lutto sul sedile posto di fronte al volante. La maggioranza degli amministratori locali minacciati vive nel Sud Italia ed amministra comuni di piccole-medie dimensioni. Tuttavia non sono mancati episodi di intimidazione anche al nord, a metà degli anni 2000. Ricordiamo le minacce nei confronti degli allora sindaci di Buccinasco (Milano), Maurizio Carbonera, e di Vignola (Modena), Roberto Adani. E non è da escludere che ancora oggi alcuni amministratori locali settentrionali siano minacciati se solo si pensa, ad esempio, alla presenza della ‘ndrangheta in Lombardia e alla sua infiltrazione nel tessuto economico, testimoniata dall’inchiesta “Crimine” di metà luglio di quest’anno.

Gli amministratori locali oggetto di attenzione criminale e violenta non sono né eroi né paladini senza macchia che intendono sfidare in solitaria l’illegalità e le mafie. Sono semplicemente persone perbene che intendono la politica come esercizio del bene comune per la collettività. Sono persone che hanno compreso che l’illegalità si nutre di consenso sociale fondato sulla concessione di privilegi, di raccomandazioni, e sull’esercizio di intimidazioni. E per questo motivo hanno iniziato un’opera di bonifica socio-territoriale che si fonda sull’investimento in politiche sociali (es. lotta alla dispersione scolastica), sul rispetto dell’ambiente (es. promozione della raccolta differenziata dei rifiuti), sulla pianificazione urbanistica che non tollera l’abusivismo edilizio e la cementificazione selvaggia, sulla promozione di uno sviluppo capace di garantire lavoro vero, anche attraverso l’utilizzo per fini sociali dei beni confiscati alle mafie, così come previsto dalle legge 109/96.

È per quest’ultimo motivo, ad esempio, che a Vincenzo Di Girolamo, sindaco di Altofonte, paese natale del boss Giovanni Brusca, da quasi due mesi è stata assegnata una scorta dopo una serie di minacce sempre più pesanti. La gran parte degli amministratori di cui stiamo parlando non è scortata, né è destinataria di stipendi elevati, come qualcuno può essere indotto a pensare in tempi in cui nel nostro paese al termine “politica” è associato il termine “casta”. Al contrario, spesso sono proprio molti sindaci, assessori e consiglieri onesti che si autotassano per permettere ai loro comuni di disporre di maggiori risorse da investire per garantire sviluppo e legalità.

E lo fanno, per esempio, o riducendosi le indennità oppure aprendo direttamente il proprio portafoglio per pagare la benzina dell’auto di servizio, un viaggio di lavoro, la carta per le fotocopie in ufficio. Avviso Pubblico ha iniziato da tempo a cercare questi sindaci e a metterli in rete tra di loro. Non lasciarli soli e sostenerli. Sono queste le risposte che possiamo dare a chi si chiede cosa possiamo fare.

*Coordinatore di Avviso Pubblico

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