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La primavera di Isola

Di Norma Ferrara il . Calabria

Quindicimila abitanti, trentasette incantevoli chilometri di costa lungo la provincia di Crotone. Siamo in Calabria, a Isola di Capo Rizzuto. Qui si sta scrivendo una storia che ha il sapore dell’inversione di marcia, fatta ad un bivio fra la scelta di cambiare e la rassegnazione della sconfitta. Di traverso ci si è messa la tenacia di Carolina Girasole, biologa, primo sindaco donna della città, eletta tra le fila dell’allora Sinistra Arcobaleno, con il sostegno del Pd. Il punto della situazione con il primo cittadino della città.

Cinque anni di commissariamento e poi le elezioni del 2008, quale situazione avete trovato?

Dopo tanti anni di commissariamento abbiamo trovato, com’era prevedibile, l’assenza di politica, incapacità di programmazione. Tutto fermo. E non è stato facile far ripartire la macchina amministrativa, la programmazione politica e progettuale. Tutti erano legati al proprio ufficio, con le loro consolidate abitudini. Abbiamo gradualmente cercato di restituire forza e dinamicità all’azione comunale.

Nel 2008 le chiedono di mettersi a capo di una lista che ha poi avuto il consenso elettorale dei suoi concittadini. Qual era il clima a Isola?

Si avvertiva forte la necessità di un riscatto, di portare il paese in una nuova fase, di programmare e ricominciare. Questo è un luogo con delle particolari bellezze naturali, è una terra straordinaria. Ci sono 37 chilometri di coste, 15 mila abitanti. E’ un luogo che potrebbe vivere bene e fare molto per il proprio futuro e dei giovani che qui vivono.

Come ha maturato la scelta di candidarsi?

Ero un po’ titubante. Avevo per anni seguito le vicende che accadevano in paese, da spettatrice, subendo il disagio che tutti percepivano. Poi ho preso consapevolezza di un dato: non è possibile sempre delegare agli altri. C’è bisogno che ciascuno si assuma le proprie responsabilità, che ciascuno faccia la propria parte. Così ho scelto, e ho fatto la mia. Non è stato facile, ma oggi sono ancora più convinta di aver fatto la scelta giusta.

Con lei una giunta che lavora sui punti centrali del programma che state attuando per Isola Capo Rizzuto…

Uno dei punti di forza di questo percorso è stato che – come me – altri professionisti che nel passato non avevano fatto politica (o non solo politica) hanno scelto di affrontare questa nuova sfida e si sono messi a servizio di questo programma di rinnovamento. Sono professionisti credibili, ciascuno nel proprio ambito, hanno lavorato con serietà e raggiunto risultati importanti. Questo ha fatto sì che gli elettori capissero le intenzioni reali e la concretezza del progetto politico che ci aveva spinto a candidarci e su cui chiedevamo loro la fiducia.

Dalle parole ai fatti, avete dato inizio a questa esperienza e le reazioni non sono mancate. Quali sono gli atti amministrativi che hanno stabilito un punto di rottura con il “sistema precedente”?

Esattamente. Dopo una campagna concentrata sulle parole trasparenza, legalità e concretezza e lo slogan – per noi molto importante – “è qui che vogliamo vivere”, siamo passati ai fatti. Abbiamo dato inizio a questo percorso e il primo atto concreto – la prima vera delibera della giunta comunale – è stata quella che ha scelto la costituzione parte civile nei processi di mafia da parte del Comune. Un gesto, va da sé, non solo di linea, ma un messaggio chiaro. La costituzione parte civile qui, come immaginate, significa trovarsi dall’altra parte in tribunale contro persone del luogo, che conosciamo e che ci conoscono. Contro i boss locali. Poi a seguire la sfida dei beni confiscati.

Come nasce l’idea di dare vita ad una cooperativa sociale con bando pubblico?

A Isola Capo Rizzuto ci sono già esperienze di riutilizzo di beni confiscati. Alcune anche ben gestite e importanti per il territorio. Noi abbiamo scelto, per la prima volta, di aprire questa esperienza nata sui beni confiscati ai boss (al Clan Arena, ndr) al percorso delle cooperative sociali formate con bando pubblico e di affiancarci a Libera, in questo percorso. Il risultato è stato aprire questa realtà confiscata, simbolo di riscatto e possibilità economica di sviluppo per il territorio, al resto del Paese.

Atti importanti, provvedimenti che hanno dato fastidio alle ‘ndrine. Le reazioni non si sono fatte attendere. Come continuate a lavorare sapendo di essere nel mirino di boss?

Lavorare con chiarezza, fare scelte nette contro abusivismo e altre illegalità, ha comportato reazioni violente nei nostri confronti. Sono stati direttamente toccati, non solo gli interessi dei boss, ma anche quelli privati di tanti che avevano interesse che le cose continuassero come prima. In una notte sola quattro automobili sono state date a fuoco, sono arrivate minacce e intimidazioni. La paura c’è, questo non lo nascondiamo. Ma allo stesso tempo sappiamo che stiamo facendo la cosa giusta, sappiamo di ricoprire un ruolo pubblico e di responsabilità che non ci consente di arretrare. Andiamo avanti con il nostro progetto e non ci sentiamo soli.

Nel luglio scorso e anche nei mesi a seguire la cittadinanza si è stretta intorno a voi. Il paese ha trovato in questa occasione una reale opportunità di cambiamento?

La mia sensazione è che il cambiamento ha avuto inizio. Senza dubbio è in corso. Ovviamente c’è ancora tanto da fare. Durante le manifestazioni a luglio e anche in altri momenti è stato importante vedere in piazza a Isola Capo Rizzuto tante persone che si sono strette vicino a noi, dagli anziani, ai bambini. Sono stati per noi segnali importanti che non hanno precedenti.

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