Pisanu, candidati “indegni”
Sarebbero oltre cento i sospettati di aver avuto accesso alla “macchina amministrativa” senza avere i requisiti richiesti dal codice etico, proposto e varato, dalla Commissione antimafia prima delle ultime elezioni regionali. Da allora, come se non fosse mai accaduto, nonostante le continue segnalazioni di deputati, come Angela Napoli (Fli), Laura Garavini (Pd) e Fabio Granata (Fli), tutto si è svolto con i parametri di sempre. Consiglieri e assessori regionali, comunali, provinciali, ma anche colletti bianchi invischiati in affari sporchi, alcuni considerati vicini alle organizzazioni criminali, altri perfino parenti di uomini delle cosche; nei casi meno gravi accusati o condannati per reati di corruzione e concussione: tutti sono stati regolarmente eletti nonostante l’appello “alle liste pulite” lanciato e poi messo nero su bianco a palazzo San Macuto.
A mesi da questo silenzio assordante che avvolge queste elezioni e le tante candidature “incompatibili” con i parametri di eleggibilità richiesti, in questi mesi la Commissione antimafia, non si è arresa, ha chiesto chiarimenti. A chi? Alle prefetture, per cominciare. Gli uffici che – secondo quanto stabilito – avrebbero dovuto far giungere alla Commissione d’inchiesta i nomi di coloro i quali erano stati condannati per mafia o corruzione, o erano coinvolti in procedimenti giudiziari per questi reati. A conti fatti, poche le prefetture che hanno risposto come chiesto all’invito ufficiale giunto da Roma. 25, stando alle informazioni in possesso della commissione, hanno
fornito appunto dei dati parziali o incompleti, comunque
insoddisfacenti. Si tratta di Milano, Latina (competenza su Fondi, per
esempio), Viterbo, Bergamo, Isernia, Savona, Terni, Enna, tra le altre. A queste si aggiungono le prefetture che non hanno risposto, ad oggi: Mantova, Messina, Agrigento, Bolzano, Catania.
Una nota dell’associazione dei prefetti ha reso noto che il Ministro Maroni avrebbe inviato una circolare, non sufficientemente vincolante, che confermava la richiesta di inviare i dossier all’antimafia. Dal Viminale, invece rispondono che: «da subito il Ministero ha sensibilizzato i prefetti a un’adeguata divulgazione tanto della ‘relazione in materia di formazione delle liste di candidati per le elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionalì approvata dalla Commissione Antimafia, quanto del codice di autoregolamentazione».
“Dal lavoro dell’Antimafia sulle ultime elezioni amministrative emerge una certa disinvoltura nella formazione delle liste. Gremite di persone che non sono certe degne di rappresentare nessuno”. Questo ha affermato il presidente Pisanu ieri durante la seduta dedicata alla mancata trasmissione alla commissione da parte dei Prefetti di molti dati necessari ad approntare un rapporto sulla attuazione del Codice di autoregolamentazione per le elezioni. Già per approvarlo il codice etico, i promotori avevano dovuto faticare a lungo con parti del Pdl che si opponevano alla normativa. Oggi a distanza di mesi, di fronte a questi dati sconfortanti, molti deputati hanno fatto sentire la loro voce.
A cominciare da Angela Napoli(Fli) che già nel maggio scorso, a Libera informazione, aveva tratteggiato un bilancio ampiamente negativo sulle elezioni appena concluse, affermando: “nonostante avessimo segnalato molti politici in odore di mafia, questi sono stati ugualmente candidati, in Calabria come in Campania e in altre regioni. A queste, sono state anche affiancate anche altre candidature discusse. In Commissione antimafia avevamo varato il codice etico cui i partiti avrebbero dovuto attenersi. Questo non è avvenuto ma noi non ci siamo fermati. […]. Il bilancio è negativo, dicevo, soprattutto perché anche questa volta siamo costretti ad ammettere che la ‘ndrangheta ha dato il suo contributo a queste elezioni. Anche la giunta regionale neo eletta in Calabria, non è vergine, sotto questo aspetto. Lo abbiamo denunciato più volte, con scarsi risultati”*.
Oggi, di fronte ai dati emersi durante l’incontro, aggiunge: “solo io di nomi di politici collusi ne posso indicare a decine nella mia Calabria, invece ci ritroviamo con una lista di una manciata di consiglieri” . Fabio Granata (Fli) chiama in causa i ritardi di prefetture importanti, a partire da Milano, la prefettura secondo la quale nel capoluogo lombardo il fenomeno mafioso sarebbe assente (nonostante i numerosi arresti e le inchieste degli ultimi anni nella regione). Una sorta di muro di gomma, nei fatti, quello incontrato dai componenti della Commissione antimafia toccando un tasto delicato quanto fondamentale. Adesso la richiesta della Commissione si fa più esplicita, Pisanu chiede di vederci chiaro e di mettere le carte sul tavolo per capire i perché di questi silenzi e le mancate segnalazioni di candidati – come ha affermato Walter Veltroni (Pd) ieri ai colleghi dell’agenzia Agi – “non degni di rappresentare i cittadini”
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