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Anna, la memoria senza giustizia

Di Stefano Fantino il . Internazionale

«Loro hanno ucciso semplicemente per affari, hanno sparato a mia madre perché sono killer di professione. Non avevano altro motivo per farlo. Stiamo ancora cercando chi possa essere dietro a questo omicidio». Fumava mentre mi parlava di sua madre un ragazzone russo, Ilya Politkovsky. I dubbi sulle indagini, le contraddizioni, una scena politica, quella russa, dove non la democrazia e la trasparenza non parevano sufficienti a garantire che l’omicidio di sua madre,  Anna Politkovskaja, riuscisse a non rimanere l’ennesimo tassello di un mosaico ancora da comporre. Le parole di Ilya più di un anno e mezzo fa, davanti al Maschio Angioino a Napoli. L’omicidio di sua madre, la giornalista Anna, quattro anni fa in via Lesnaja a Mosca. Uccisa da cinque colpi di pistola mentre, in ascensore, si adoperava per portare in casa la spesa. Nessuno ha visto l’assassino fuggire e nonostante le telecamere avessero ripreso parte del suo volto ora, a distanza di quattro anni da quella sera di ottobre non si può che contare le piste sbagliate, gli stop e le ripartenze che ciclicamente invadono il terreno mediatico. In una Russia che dopo l’omicidio della giornalista che voleva raccontare i retroscena della guerra di Cecenia ha visto altro sangue versato, e tragicamente rimasto impunito.

Dopo l’omicidio della Politkovskaja, quello della Estemirova, della Saludaeva. Quello del gennaio 2009 di Stanislav Markelov e di Anastasia Baburova, anche loro della Novaja Gazeta, il giornale per il quale lavorava Anna. Il processo per la morte della celebre giornalista sta comunque cercando di rimettersi in moto dopo che per l’assassinio della Politkovskaja, nel febbraio del 2009, vennero assolti tutti e quattro gli imputati: Dzhabrail e Ibrahim Makhmudov, Pavel Ryaguzov e Sergei Khadzhikurbanov. Dopo ben dodici ore di camera di consiglio i giurati arrivano all’emissione di  sentenza di assoluzione, per insufficienza di prove.  Serghei Khadzhikurbanov, era accusato di essere il killer su commissione, mentre i fratelli ceceni Makhmudov erano invece considerati i pedinatori della giornalista.  Ora dopo un lungo stop la nuova ripartenza potrebbe riguardare proprio  Khadzhikurbanov. Ne parla in questi giorni il quotidiano Rossiskaja Gazeta riportando la notizia che riguardante l’individuazione del luogo in cui fu modificata l’arma con la quale e’ stata assassinata la giornalista della Novaja Gazeta.  Serghei Khadzhikurbanov,  prosciolto dall’accusa di essere l’autore dell’omicidio dovrà quindi essere reinterrogato. L’uomo, ex collaboratore della Direzione per la lotta al crimine organizzato della capitale russa,  ha iniziato la sua carriera nelle forze di sicurezza russe come autista e ora potrebbe ora far luce sui movimenti legati alla pistola, in quanto ritenuto, dagli investigatori, in contatto con chi ha modificato l’arma.

Senza verità e giustizia attende Anna, sepolta nel cimitero moscovita di Troekurov, che si faccia chiarezza su chi ha voluto uccidere la normalità del suo mestiere di giornalista che voleva raccontare. Ieri a Bruxelles, al Parlamento europeo, l’attrice Ottavia Piccolo ha interpretato la parte di Anna in un monologo teatrale dal titolo “Donna non rieducabile” diretto da Silvano Piccardi su un testo di Stefano Massini, nell’ambito dell’iniziativa “Libertà di espressione in Europa e nel mondo”. Un ricordo forte, ha sottolineato l’attrice ad Articolo 21, dato che «la vicenda di Anna ha suscitato interesse e sdegno per la barbara uccisione perché riguarda una persona semplice, una donna vera non un’eroina. Una giornalista che, come lei stessa affermava, voleva semplicemente fare il suo  mestiere, dire quello che osserva, raccontare i fatti». Una pretesa normale, forse troppo oltre nella “democratica” Russia. 

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