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No-B-Day2, fra vecchia politica e slogan da osteria

Di Sebastiano Gulisano il . L'analisi, Lazio

Chi vi scrive – consapevole che un movimento è un soggetto assai composito e non monolitico – è un cittadino di 52 anni che di movimenti, dagli anni 70 in poi ne ha visti tanti, tanti ne ha attraversati, vissuti, partecipati e qualcuno, da giornalista, l’ha anche raccontato. Ma lasciamo stare il giornalista, oggi c’ero da cittadino, come un anno fa; da cittadino stufo – e non da ora – di questo ceto politico. Pensate che ho aderito persino al primo V-Day di Grillo: sebbene detesti il personaggio, sentivo il bisogno di gridare un liberatorio «vaffanculo» e mi sono aggregato.   Oggi mi è sembrato di essere ancora al «vaffanculo», come se questi tre anni fossero trascorsi inutilmente. Oggi ero a disagio in un corteo che aveva come parole d’ordine «Berlusconi pezzo di merda» e «chi non salta Berlusconi è».

Certo, qua e là ho anche sentito «dimettiti», «resistenza resistenza» «uno due tre dieci cento passi» «l’Italia è nostra e non di Cosa Nostra» e persino «la Costituzione non si tocca, ce la riprenderemo con la lotta». Ma il leit-motif era, appunto, «Berlusconi pezzo di merda». Deprimente.   Così com’è deprimente ritrovarsi dal mezzo milione dell’anno scorso ai cinquemila di oggi. E, forse, altri cinquemila andati direttamente a San Giovanni. Ma sono di manica larga. Parimenti deprimente è vedere Di Pietro e i suoi seguaci ripetere il giochetto di un anno fa, abbandonare il corteo dopo un pezzo di strada e precipitarsi a San Giovanni per andarsi a piazzare sotto il palco. Piccinerie di chi va in cerca delle telecamere. Peccato che le telecamere fossero alle loro spalle e hanno dovuto ammainare le bandiere per consentire le riprese televisive.

Ero triste, oggi, e lo sono ancora. Perché oggi ho toccato con mano il fatto che vi siete fatti contagiare dalla stessa malattia che caratterizza le opposizioni che ho conosciuto da quando ho un minimo di coscienza: la divisione. Divisi prima della manifestazione – una parte di voi ha scelto un’altra data –  e divisi nel corteo, con un’altra parte che ne ha conquistato la testa, posizionandosi davanti al cordone dell’inutile servizio d’ordine (termine obsoleto, lo so, ma continuo a chiamarlo come allora) per rimarcare non ho capito quale diversità. Ho provato a chiederlo a uno dei vostri leader (?), ma mi ha risposto, contro ogni evidenza, che non c’era alcuna divisione. Non ho insistito e non ho provato con altri, ché  se quello con cui ho parlato, col quale ci conosciamo da una ventina d’anni, m’ha risposto a quel modo, figurarsi come m’avrebbe risposto chi non mi conosce.   Da cittadino, prendo atto delle divisioni e di quello che mi pare anche l’esaurimento di un ciclo iniziato un anno fa.

 Certo, oggi c’era anche fantasia, nel corteo, musica, allegria, colori e tanta speranza, voglia di futuro. Di un futuro senza Berlusconi e la sua cricca. Però, scusate se mi permetto, non è con slogan da osteria e divisioni da vecchia politica che il futuro sarà migliore.

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