No B day 2
Sabato in piazza per protestare contro l’esecutivo Berlusconi. Migliaia di persone chiamate in raccolta dal Popolo Viola. 500.000 secondo gli organizzatori, molti di meno in realtà. Una manifestazione comunque significativa e importante che cerca di dare la sveglia ad un’opposizione “dormiente”. «L’Italia è una repubblica televisiva fondata sull’impunità», «Paolo vive!», «siamo tutti di Pomigliano». Questi alcuni degli slogan urlati dai partecipanti nel corteo che da piazza della Repubblica ha attraversato Roma fino a piazza San Giovanni. Moltissimi giovani, ventenni delusi da un’Italia che corre dritta verso lo sfascio. «Resistenza, resistenza, resistenza!» urla per tre volte dal palco Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo ucciso in via d’Amelio nel 1992. Centinaia di agende rosse alzate nel cielo della Capitale, su cui aleggiano ancora gli insulti del leader leghista. «Roma non è un porcile, è la capitale d’Italia», ammonisce dal palco Raniero La Valle, animatore dei Comitati per la Costituzione. «Roma sa che per molte volte dal nord sono venuti i barbari – continua – ma non importa perché ha civilizzato anche loro». «Il barbaro che oggi ci governa – conclude La Valle – lo fa per abuso d’ufficio».
«Viva la Costituzione, viva l’Italia, viva la libertà» urlano dal palco i partigiani dell’Anpi e della Fiap. «Qui si fanno leggi ad personam per pararsi il culo!» sbottano gli eredi della resistenza anti-fascista. Gli interventi dal palco sono serrati. Si alternano numerosi relatori. Filippo Vendemmiati giornalista e regista, autore del film documentario, presentato a Venezia, “E’ stato morto un ragazzo”, che racconta la storia di Federico Aldovrandi, vittima della violenza repressiva delle forze dell’ordine. Dopo di lui Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, ragazzo pestato e ucciso in cella. Un racconto straziante e pieno di dolore. Subito dopo tocca a Stefano Rodotà. «Abbiamo un sistema politico che ha assunto tratti oligarchici. La corruzione è diventata strutturale». Una situazione, commenta Rodotà, figlia di una «deliberata pianificazione legislativa».
La legge elettorale che consente ai segretari di partito di scegliere chi dovrà essere eletto. «Le cricche si sono diffuse e hanno prosperato all’ombra di una presunta legalità». «Oggi il problema è tutti con tutti – conclude il giurista – se la diagnosi è dura non bisogna dividerci dopo la denuncia». Legge elettorale ma anche informazione. Sul palco sono numerosi i giornalisti che intervengono. Norma Rangeri, direttore de Il Manifesto; Conchita De Gregorio, direttore de l’Unità; Santo Della Volpe, caporedattore del Tg 3 e vicepresidente di Libera Informazione; Luca Telese de Il Fatto Quotidiano. L’avvocato Domenico D’Amati, esperto di diritto dell’informazione snocciola dati importanti: «una recente sentenza della Cassazione, pronunciandosi su un caso di giornalismo d’inchiesta, ha stabilito che il diritto all’informazione prevale sul diritto alla riservatezza, e prevale sugli altri diritti perché l’informazione è il fondamento della sovranità popolare». «In questo momento il popolo sovrano – continua D’Amati – si accinge a votare». «Non possiamo quindi permetterci che Berlusconi faccia una campagna elettorale alla testa del suo impero mediatico. Oltre alla riforma della legge elettorale – conclude – serve anche una riforma del conflitto di interessi».
Applausi, indignazione, molti contenuti. Unica assente la politica. Le forze di opposizione non si sono fatte coinvolgere. A parte la presenza di Di Pietro, Vendola e Marino, i partiti che dovrebbero intercettare il dissenso dei manifestanti di piazza San Giovanni non si sono visti. Un’occasione sprecata.
Trackback dal tuo sito.