Problemi reali e manovre poco chiare
Cumuli di rifiuti per
strada, proteste contro una nuova discarica, camion bruciati. Cronaca
di un’emergenza annunciata. Malgrado in Campania sia formalmente finita
il 31 dicembre 2009 la situazione non è migliorata. Nella regione
si continuano a produrre 7.400 tonnellate di rifiuti al giorno, come
negli anni dell’emergenza. Da qualche parte dovranno pur andare. E
visto che nella regione la raccolta differenziata è ancora al
18% – la metà di quanto previsto dalle norme italiane e europee
– questa “qualche parte” restano le discariche e l’unico
termovalorizzatore, quello di Acerra, che «sta funzionando a scartamento
ridotto».
Lo disse ad Avvenire l’assessore regionale all’Ambiente,
Giovanni Romano. Un politico onesto e competente, che come sindaco di
Mercato San Severino ha raggiunto una differenziata superiore al 67%.
L’assessore quattro mesi fa aveva fatto un quadro preciso: «Siamo
in una situazione di fortissima criticità, non solo ambientale, ma
anche finanziaria». Mancavano soldi, troppo il personale, pochi gli
impianti e mal funzionanti, e pochissima la differenziata. Anticipava
quello che oggi vediamo davanti i nostri occhi e che i campani nuovamente
sentono sotto il loro naso. Ma cosa è successo? Chiudono i carrozzoni
clientelari (e inquinati dai clan) dei consorzi di bacino. Al loro posto
nascono le società provinciali.
Molti comuni si affidano a nuove imprese dopo i risultati fallimentari
delle precedenti (a Napoli ne devono arrivare addirittura due liguri…).
Il tutto fa temere la perdita di posti di lavoro, molti dei quali precari.
E scatta la protesta dei lavoratori, con scioperi e improvvise “epidemie”.
Così i rifiuti non si raccolgono, o non si scaricano. L’effetto è
nei cassonetti stracolmi e nelle strade che tornano a riempirsi di sacchetti.
Ed è il primo problema. Il secondo sono le discariche. Con la differenziata
ancora al palo e l’unico termovalorizzatore, non ci sono alternative.
Dovevano assicurare un’autonomia di almeno due anni ma in una situazione
come l’attuale non basteranno. Ne servono altre. Scelta teoricamente
sbagliata: non c’è niente di meno efficiente di una discarica. Ma
praticamente l’unica possibile, visto che gli altri termovalorizzatori
previsti non sono neanche stati appaltati, e che ancora si litiga sui
siti. L’ultimo decreto sull’emergenza faceva un elenco delle discariche.
C’era anche Cava Vitiello a Terzigno, quella dove infuria la protesta.
Perché il territorio comunale ne ha già un’altra, perché si trova
nel Parco nazionale del Vesuvio, perché la stessa Ue ha avanzato dubbi.
Tutti “perché” sacrosanti. Ma, lo ripetiamo, da qualche parte
i rifiuti devono andare. Quelli di questi giorni sono problemi contingenti
che si innestano su problemi strutturali. Trovare una soluzione è necessario.
E anche possibile. Perfino in Campania. Non ci sono più alibi. Ce lo
dicono con chiarezza gli oltre 250 comuni “ricicloni” della
regione, che vanno ben oltre il 35% di differenziata. Non solo piccoli
centri ma anche capoluoghi come Avellino e Salerno che arrivano al 60.
È possibile. Lo sapeva bene Angelo Vassallo, coraggioso sindaco di
Pollica ucciso 20 giorni fa, che nel suo paese era arrivato al 71%.
A tanti altri, purtroppo, il ritorno dell’emergenza fa molto comodo.
Alla camorra in primo luogo, le cui discariche vanno a pieno ritmo senza
che nessuno intervenga e protesti. Ma anche a chi, nel mondo politico
e imprenditoriale, con le cosche fa ricchi affari. Emergenza come brodo
di cultura per malavita e malaffare. Da chiudere questa volta davvero.
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