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Mafie e illegalità sono la negazione della vita, della libertà e della speranza

Di don Luigi Ciotti (da Il Quotidiano della Calabria) il . L'analisi

C’è una Calabria pulita, appassionata, responsabile dalla quale ho imparato molto in questi anni. Dire “no” alla ‘ndrangheta significa per me prima di tutto dire “sì” a quella Calabria, al suo coraggio, al suo impegno, alle sue speranze. Significa continuare a camminare al fianco delle persone e dei gruppi che hanno costruito percorsi positivi e non si sono stancati di rafforzarli e moltiplicarli.Sono tanti i calabresi che fanno onore alla Calabria. Ce ne sono in quelle oltre 60 realtà che hanno dato vita a Reggio-libera-Reggio, rete trasversale di gruppi e associazioni dai riferimenti diversi per sostenere con gesti concreti la scelta di chi non si piega al pizzo. E diffondere una cultura del consumo critico e della cittadinanza responsabile che è il primo passo per sradicare la mentalità mafiosa. 

Ce ne sono fra i giovani che quotidianamente si sporcano le mani con la terra bei beni confiscati. Ce ne sono, e non solo in Calabria, fra molti amministratori e sindaci di realtà impropriamente definite “piccole” perché non di vaste dimensioni.«La grandezza di una vita – scriveva don Milani – non si misura dalla grandezza del luogo in cui si svolge, ma da tutt’altre cose». Come certamente grande era Angelo Vassallo, ucciso pochi giorni fa nel Cilento, vittima di interessi criminali che – ricordiamocelo – non riguardano né solo la Calabria né solo il Sud. Il suo nome non vogliamo dimenticarlo, così come non vogliamo lasciare sola la sua famiglia. E lo stesso vale per tutti gli altri che, come Angelo, sono morti per aver difeso la vita di tutti noi. La qualità, la libertà e la dignità della nostra vita.
 Ma questi morti ci chiedono soprattutto di non dimenticare chi è ancora vivo. Di stringerci attorno a chi ha raccolto il testimone del loro impegno e lo rinnova con tenacia, continuità e intelligenza, ciascuno con i propri strumenti.I magistrati che non abbassano la testa e fanno in modo serio e rigoroso il proprio lavoro, anche quando vengono pesantemente intimiditi come è successo nell’arco di questi mesi. Le forze di polizia che ottengono grandi risultati spesso con risorse insufficienti. Le persone che vivono la politica come servizio al bene comune, fedeltà a una cultura dei diritti e dei doveri che deve scalzare la logica dei favori, delle raccomandazioni, delle protezioni pagate al prezzo della sottomissione, della rinuncia alla libertà. 
Le famiglie che si confrontano con il dolore più profondo, la perdita di un proprio caro ucciso dalla violenza mafiosa, e invece di lasciarsi schiacciare dalla disperazione trovano la forza di reagire, di aprirsi all’incontro con chi quella stessa sofferenza l’ha trasformata in testimonianza e impegno. Penso tra le tante alla famiglia del piccolo Domenico Gabriele, morto proprio un anno fa dopo mesi di coma. A ucciderlo i proiettili di un “regolamento di conti” che l’hanno raggiunto mentre giocava a calcetto in un campo della periferia di Crotone. Non lasciamo che la sua storia scivoli alla periferia dei nostri ricordi, facciamo sentire ai suoi genitori, che per Domenico combattono adesso una battaglia contro ogni forma d’illegalità e violenza, che siamo loro accanto.
Perché se la Calabria, e l’Italia, hanno bisogno di persone come queste, tanto più loro hanno bisogno di noi, del “noi”. Della nostra disponibilità a metterci in gioco. Anche attraverso iniziative come quella promossa il 25 settembre: momenti certo importanti per dire insieme “no” alla ‘ndrangheta, ma da trasformare poi in progetti, in fatti concreti. Perché non basta la mobilitazione di un giorno, per quanto sincera, dobbiamo fare in modo che lo straordinario diventi ordinario, che l’eccezionale si trasformi in “normale”. Sia normale l’attenzione educativa che alimenta corresponsabilità. Normale lo sforzo culturale per risvegliare le coscienze, conoscere e scegliere consapevolmente. Normale la lotta per garantire alle persone case, lavoro, diritti e condizioni di vita dignitose. Normale l’impegno per ridurre le disuguaglianze sociali che alimentano l’illegalità e le mafie. Normale un’informazione libera, non compiacente, non piegata a interessi di parte. Normale il contributo di tutti per la democrazia, per rendere concrete le parole della Costituzione. Normale il coraggio di guardare oltre le proprie paure per cercare insieme di trasformarle in speranze. È necessario dire con forza “no” alla ‘ndrangheta, alle altre mafie e a tutte le altre forme d’illegalità e corruzione, perché loro stesse sono una negazione totale: della vita, della libertà, della speranza. Ma dalla rabbia del “no” si sprigioni il coraggio di un “sì” ancora più forte.

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