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Nuova consapevolezza sull’uso sociale dei beni confiscati

Di Angela De Lorenzo* il . Calabria

“Oggi a Isola Capo Rizzuto è stata scritta una pagina di cronaca con la c maiuscola”: il ministro dell’Interno Roberto Maroni non ha dubbi nel definire il protocollo d’intesa, siglato venerdì in occasione del convegno sulla legalità che si è tenuto sulle terre confiscate alla criminalità organizzata, un modello vincente nel contrasto alla criminalità organizzata. Il patto firmato dal direttore dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati Mario Morcone, dal prefetto di Crotone Vincenzo Panico, dal presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti, dal presidente della Provincia di Crotone Stanislao Zurlo, dai sindaci di Isola Capo Rizzuto Carolina Girasole e di Cirò Mario Caruso, da rappresentanti di associazioni di categoria e operatori del settore agricolo, prevede la costituzione di un’associazione temporanea di scopo per avviare e condurre le attività produttive in attesa della costituzione di una cooperativa sociale che gestirà i beni confiscati. Maroni, in particolare, ha sottolineato l’importanza del coordinamento tra istituzioni centrali e locali, forze di polizia e autorità giudiziaria in materia di sequestri e confische ma proprio su questo aspetto non sono mancati i rilievi. 

Fra tutti i soggetti cui la legge attribuisce la facoltà di proporre misure patrimoniali nei confronti dei mafiosi – ha sottolineato in proposito il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso – potrebbero anche insorgere contrasti senza che una norma specifichi a chi spetta l’ultima parola. Una prerogativa che – a parere di Grasso – andrebbe attribuita ai procuratori distrettuali che conoscono meglio di tutti le vicende del territorio.“Nel piano straordinario di contrasto alle mafie approvato dal Governo – ha replicato il ministro dell’Interno – ci sono tutti gli strumenti per affrontare il problema del coordinamento e comunque serve la voglia di collaborare piuttosto che una norma che obbliga; oggi, quando si arresta un mafioso scatta contemporaneamente il sequestro dei beni: non c’è una norma che lo impone ma è il frutto di una nuova consapevolezza”.
 Gli ha fatto eco il prefetto Antonio Manganelli, capo della Polizia, affermando che la pluralità di soggetti legittimati a proporre misure patrimoniali è una ricchezza, anche a costo di sovrapposizioni; Manganelli ha citato il ‘modello Caserta’, un tavolo speciale che integra investigazioni, aggressione ai patrimoni e controllo del territorio, da replicare su scala nazionale.Le numerose criticità nella gestione dei patrimoni sottratti ai mafiosi sono state evidenziate dal prefetto Mario Morcone, direttore dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati; una struttura che ha difficoltà a decollare per carenza di risorse; “con trenta persone – ha detto Morcone – non si va da nessuna parte; comprendo le difficoltà economiche del Governo ma ne servono altre 120 e inoltre l’agenzia dovrà essere presente su tutto il territorio, avere rapporti quotidiani con la magistratura inquirente e la polizia giudiziaria, serve una squadra forte”.
Anche per il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti, occorre fare di più, prevedendo la creazione di un fondo nazionale di garanzia che faciliti l’accesso al credito delle cooperative che non hanno quattrini, lo stanziamento di risorse per ristrutturare gli immobili, il varo di procedure più rapide e trasparenti per la destinazione dei beni. “Non è possibile – ha tuonato don Ciotti – che le banche blocchino con le ipoteche il 42 per cento dei beni confiscati”. Per il fondatore di Libera, inoltre, bisogna ottenere la confisca dei patrimoni ed il loro riutilizzo per uso sociale in tutta Europa, “perché i nostri criminali ormai investono all’estero”.
Concetto condiviso dal procuratore Grasso, il quale ha ricordato la vicenda dei finocchi che il clan Arena ha continuato continuato a coltivare sulle terre confiscate ed ha rivelato che la stessa cosca percepisce 8 mila euro di fitto dal vicino parco eolico, ma ha aggiunto che “i soldi che ormai troviamo qui sono briciole, i mafiosi portano tutto all’estero, dove però le nostre misure patrimoniali non sono riconosciute”. In proposito, il prefetto Manganelli ha riconosciuto che nel contrasto alla criminalità organizzata lo Stato ha capito in ritardo che bisognava agire soprattutto con l’aggressione ai suoi patrimoni aggiungendo che dall’inizio dell’anno sono stati sequestrati più beni che nell’arco del 2008 e del 2009 messi insieme.Rispondendo a tutti i rilievi emersi nei vari interventi, il ministro Maroni ha ricordato che l’agenzia è nata solo 8 mesi fa, “non si può pretendere che sia già a pieno regime per gestire 28 mila sequestri e 6 mila confische tra beni immobili, mobili, titoli, rapporti bancari; l’agenzia non poteva fare il miracolo”. Dopo aver annunciato che dopo la sede principale di Reggio Calabria l’agenzia aprirà nuove sedi a Roma, Palermo e Milano, il ministro dell’Interno ha ammesso che alcune criticità non possono essere risolte subito. 
“Serve una struttura che collabori con tutti gli altri soggetti, ma non sarà una nuova Gepi; alcuni comuni hanno troppi immobili confiscati da gestire, ma ora, con la nuova legge tanto criticata, li potranno vendere o dare in fitto. La vera sfida è usarli il più presto possibile. Con alcuni beni fungibili, come il denaro, è stato creato il fondo unico della giustizia, utilizzandoli così prima ancora della confisca. Le autovetture tolte ai mafiosi le diamo in uso alle forze di polizia”. Per Maroni, inoltre, è necessario abbreviare i tempi processuali tra sequestri e confische, ma non servono leggi speciali, ci sono già strumenti ordinari da racchiudere in un codice antimafia. “Abbiamo sviluppato un modello di contrasto alla criminalità organizzata che è il più efficiente al mondo ma bisogna convincere gli altri paesi europei che la mafia non è solo un problema italiano”.Il governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti ha ricordato l’esperienza vissuta quand’era sindaco di Reggio Calabria e i tempi celeri in cui è stato consegnato l’immobile che ospita l’Agenzia, quindi ha lanciato un appello all’Anci per il ruolo chiave che può svolgere nella gestione dei beni confiscati. Sergio Chiamparino, presidente dell’associazione nazionale dei comuni italiani e sindaco di Torino, ha assicurato che il suo impegno ci sarà.
* Il Crotonese

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