Taranto: la dose che fa il veleno
Da anni in Puglia, nel tarantino, agisce un serial killer. Un omicida seriale che indisturbato, lentamente e inesorabilmente, tortura e uccide. Per molto tempo questi crimini sono rimasti nascosti, si dava la colpa alla casualità o al destino, ma poi con il passare del tempo, con lo sviluppo delle nuove tecnologie tutti i casi hanno iniziato a mostrare analogie e le prove sono diventate sempre più schiaccianti. E’ risultato evidente che benché l’omicida seriale fosse da tutti conosciuto e pienamente integrato nel tessuto sociale, economico e politico della città, la sua figura nascondeva un altro mondo. Oggi anche se il nome è noto nessuno riesce ancora a fermarlo, sarà perché il suo corpo è di metallo e il suo aspetto è quello di una fabbrica, sarà perché uccide attraverso micro particelle disperse nell’aria e nell’acqua. L’Ilva continua a mietere le sue vittime.
Di questa acciaieria di Taranto abbiamo già parlato diverse volte su Libera Informazione, all’Ilva è dedicato il nostro dossier “Silenzio Tossico”. Per raccontare questa storia di orrore e violenza potremmo raccontare la storia dell’Ilva (ex Italsider) da quando è stata costruita a oggi e di come negli anni nessuna scoperta, nessuna ricerca sia riuscita a normalizzare una situazione ostacolata da un muro di interessi economici, convenienze politiche, indifferenza e in alcuni casi rassegnazione. Ma probabilmente nulla è più significativo dell’ultimo capitolo, scritto finora, su questa situazione. Perché sia chiaro, quello che succede a Taranto non è il frutto della “dannazione” di un popolo, della sua ignavia o connivenza, quello che non permette di fermare la “mano” di questo serial killer è qualcosa di ben più grande ed esteso. Il benzo(a)pirene è un cancerogeno altamente pericoloso che fa parte della famiglia degli IPA (idrocarburi policiclici aromatici). Alcuni IPA non hanno evidenza di essere agenti cancerogeni, ma il benzo(a)pirene lo è sicuramente. Può provocare il cancro se inalato, ma può anche entrare nella catena alimentare (ad esempio nell’olio di oliva) e provocare il cancro anche per ingestione. Può modificare il DNA che i genitori trasferiscono ai figli, è quindi un inquinante genotossico che ha il potere di produrre effetti anche sulle future generazioni.
Dal 1° gennaio 1999 esiste una normativa nei centri urbani con oltre 150 mila abitanti che impone il non superamento del valore di 1 nanogrammo a metro cubo per il benzo(a)pirene. Nonostante la riduzione della produzione di coke dell’Ilva, nel 2009 il benzo(a)pirene emesso a Taranto è stato di 1,3 nanogrammi a metro cubo nel quartiere Tamburi, ossia il 30% oltre il valore obiettivo fissato dalla legge. Respirare per un anno un simile quantitativo di questo cancerogeno equivale per un bambino a respirare mille sigarette all’anno. Nei primi cinque mesi del 2010 il valore di benzo(a)pirene nel quartiere Tamburi di Taranto è salito a 3 nanogrammi a metro cubo. Questi dati forniti dall’Arpa uniti a quelli raccolti dal movimento Peacelink, hanno allertato la Procura delle Repubblica che ha aperto delle indagini.
L’Ilva si è difesa sostenendo che le emissioni provenivano anche dalle aziende vicine (Eni e Cementir), ma quando queste si sono dette disponibili a un controllo per verificare la correttezza dei dati, l’Ilva si è tirata indietro. L’Arpa, che indica nell’Ilva la causa del 98% delle emissioni, ha annunciato che procurerà entro dicembre ulteriori dati. La situazione per Taranto sembrava giungere a una soluzione, sembrava quindi che il rispetto della legge potesse essere imposto anche a una fabbrica che ha come unici valori l’indifferenza e il profitto. Ma il 13 agosto 2010 è stato approvato un decreto legge che sospende l’applicazione della normativa del 1999, che imponeva il non superamento del valore di 1 nanogrammo a metrocubo di benzo(a)pirene, fino al 31 dicembre 2012.
C’è chi sostiene che questa sia una “legge ad aziendam” fatta appositamente per favorire l’acciaieria, il che, è evidente, sarebbe un elemento estremamente grave. Ma ciò che è più grave, e che nessuno potrà confutare, è che oggi uno dei più potenti agenti cancerogeni, il benzo(a)pirene, può superare il valore massimo di legge (1 ng/m3) senza che scattino provvedimenti obbligatori. Milioni di persone possono essere esposte a questo agente cancerogeno che lo IARC (Agenzia Internazionale Ricerca sul Cancro) pone al vertice, in categoria 1, per pericolosità, senza che nessuno li protegga.
La storia dell’Ilva di Taranto è l’emblema di come gli interessi economici ormai siano più tutelati e favoriti dei diritti umani. E il serial killer continua a mietere le sue vittime.
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