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Testo unico sull’ambiente: nasce il broker dei rifiuti

Di Giorgio Mottola il . Atti e documenti

Mandare i rifiuti all’estero (in
Cina per esempio) sarà molto più semplice. Basterà 
affidarsi a un semplice intermediario o ad un commerciante. Nessuno
dei due dovrà essere iscritto a un albo né avere un’autorizzazione
specifica. E non sarà nemmeno obbligato a spiegare in che tipo
di impianto finirà e a che processo di smaltimento sarà 
sottoposta l’immondizia ritirata. Sono questi gli effetti della bozza
del ministero dell’Ambiente, in discussione questa settimana nelle
Commissioni parlamentari, che modifica il decreto legislativo 152 del
2006, meglio conosciuto come Codice ambientale.

La versione riveduta del testo unico
recepisce la nuova direttiva europea in tema di smaltimento, risalente
al 2008, e introduce il Sistri, il sistema di tracciabilità dei
rifiuti. In teoria, la bozza scritta dai tecnici della Prestigiacomo
ci allinea al resto dei Paesi della Ue. Ma in pratica, alcune norme
non solo spiccano per una certa originalità, ma paiono semplificare,
in senso tutt’altro che marginale, il traffico internazionale dei
rifiuti.
Secondo
l’articolo 188 del vecchio Codice ambientale, il produttore che doveva
disfarsi dei propri scarti aveva possibilità circoscritte e ben definite.
Li smaltiva da solo, li affidava a un ente pubblico di raccolta oppure
a «terzi autorizzati ai sensi delle disposizioni recenti». Ovviamente
poteva anche spedirli all’estero, ma seguendo una regolamentazione
molto rigida.

La nuova versione dell’articolo,
viceversa, semplifica tutto il processo in un paio di righe. Dal momento
in cui le modifiche entreranno in vigore, coloro che producono i rifiuti
potranno comunque provvedere da soli al loro trattamento o affidarli
a un soggetto pubblico, esattamente come diceva il vecchio Codice. Ma
avranno anche nuove e “suggestive” scelte a disposizione. Potranno
infatti affidare i propri scarti industriali «a un intermediario, o
a un commerciante, o a un ente o impresa che effettua le operazioni
di trattamento». E qui c’è la prima, grande novità. Il ministero
dell’Ambiente legalizza infatti la figura dell’intermediario nel
settore dei rifiuti. «Un assoluto unicum dal punto di vista delle normative
europee», spiega Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente.

Dunque, per la prima volta in Europa,
ha piena dignità legale la figura del broker dell’immondizia.
Chiunque potrà così disfarsi dei propri rifiuti speciali
e pericolosi, mettendosi nelle mani di uno di questi intermediari affaristi
che fanno il porta a porta tra le grosse aziende italiane e propongono
lo smaltimento a prezzi stracciati. Sia il commerciante che l’intermediario
avranno come unico obbligo l’iscrizione al Sistri. Si tratta del nuovo
sistema informatico, introdotto dall’ultimo governo Prodi, ma messo
a punto durante la gestione Prestigiacomo, che dovrebbe tracciare il
percorso del rifiuto: vale a dire che tra qualche mese il ministero
(e non altri, visto che è sottoposto a segreto di Stato) dovrebbe
essere in grado di sapere con certezza da dove parte un sacco di immondizia
e dove va a finire. Sulla sua reale efficacia molti dubbi sono stati
già sollevati. Tuttavia, anche se il Sistri funzionasse benissimo,
verrebbe garantita la copertura esclusivamente sul territorio nazionale.
Saremmo cioè in grado di seguire il percorso dei rifiuti dal momento
in cui escono dalla fabbrica fino all’imbarco. Poi, il buio più 
assoluto. Degli scarti industriali presi in carico dal broker o acquistati
dal commerciante si perderebbero completamente le tracce. E non si tratta
di un problema da poco.

Ieri, sono stati sequestrati a Treviso
250mila giocattoli costruiti con materiali tossici. Provenivano dalla
Cina.
Per
gli imprenditori del colosso asiatico i rifiuti che provengono dall’Occidente
sono considerati come materia prima. Importare plastica o spazzatura
è come acquistare petrolio a prezzi super agevolati. Lo dimostrano
le decine di migliaia di container di rifiuti sequestrati nell’ultimo
anno nei porti di Taranto, Gioia Tauro e Napoli. Gli scarti, infatti,
vengono trasformati e reimmessi nel ciclo di produzione senza adeguati
trattamenti. «I teli di plastica utilizzati in agricoltura e quindi
a contatto con agenti chimici e nocivi – racconta Claudia Salvestrini,
direttrice del Consorzio Polieco – quando arrivano negli impianti cinesi
vengono lavati superficalmente e macinati. È ovvio che, in questo modo,
tutte le sostanze tossiche rimangono nel nuovo prodotto in cui quella
plastica si è trasformata».
 


Le norme previste dal nuovo Testo unico
preoccupano magistrati e forze dell’ordine che in questi anni hanno
lavorato al contrasto del traffico internazionale dei rifiuti. È una
battaglia che si combatte in punta di comma. I cinesi conoscono benissimo
le norme italiane e sanno perfettamente come aggirarle. «È una battaglia
che combattiamo ad armi impari – rivela un esponente delle forze dell’ordine
che ha lavorato a lungo in questo settore – Spesso ci troviamo ad avere
le mani legate. E proposte come questa che sta per passare in Parlamento
ci rende tutto ancora più difficile». L’articolo 188 semplificherebbe
infatti non di poco le cose a chi con i rifiuti intende farci affari.
Abolendo l’obbligatorietà dell’iscrizione a un albo e il farraginoso
percorso burocratico, che in questo caso però farebbe da argine, lascia
pieno campo libero a intermediari e commercianti di rifiuti che 
potrebbero non avere alcun interesse a un processo di smaltimento corretto.
 


Sulla modifica del decreto legge domani
ci saranno le audizioni in Commissione ambiente delle organizzazioni
ambientaliste e dei consorzi per il trattamento dei rifiuti. Potrebbe
aprirsi su questo punto un fronte di battaglia. «Spero che queste modifiche
non siano approvate – è l’auspicio di Claudia Salvestrini – Chi garantirebbe
infatti sull’impianto dove  rifiuti dovrebbero arrivare? La Corte
di Giustizia europea con una sentenza vieta di consegnare l’immondizia
in impianti non idonei». In quanto decreto legislativo, la proposta
della Prestigiacomo non sarà sottoposta a dibattimento parlamentare,
saranno sufficienti i pareri delle Commissioni ambiente di Camera e
Senato.

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