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Gioia Tauro: sui terreni dei boss nascerà un Chiesa

Di Toni Mira (da L’Avvenire) il . Calabria

Gran brutta giornata per la
‘ndrangheta. Gran bella giornata per la Calabria onesta, pulita, che
vuole cambiare e sta cambiando. Oggi a Gioia Tauro si pone la prima
pietra della parrocchia di San Gaetano Catanoso, prete calabrese. Ed
è già una buona notizia. Ma il valore aggiunto è che il terreno dove
nascerà la nuova chiesa era dei Piromalli, la più potente cosca della
Piana e forse dell’intera Calabria. Confiscato nel 1994, assegnato al
comune nel 1999, abbandonato per anni fino alla scelta forte della chiesa
locale di chiederlo per costruirvi una nuova parrrocchia. 

Dal novembre
2005 un grande tendone verde. Ora, finalmente, la chiesa vera. Ma non
è stato facile. «Ci sono voluti cinque anni», denuncia con forza,
alzando la voce, il vescovo di Oppido-Palmi, monsignor Luciano Bux.
E si scaglia contro i responsabili di questo ritardo. «Questa terra
ha il primato della superstizione religiosa. Un paganesimo che in questi
cinque anni ha impedito di porre la prima pietra. Fino ad arrivare ad
un esposto alla Santa Sede». Parole che evocano la ‘ndrangheta, la
sua pseudoreligiosità, il potere interdittivo che ha grazie ai legami
coi colletti bianchi. «Ha fatto bene il vescovo a dire queste parole
in una giornata così importante e piena di simboli – commenta il procuratore
di Palmi, Giuseppe Creazzo -. È fondamentale contrastare la ‘ndrangheta
sul suo terreno dei simboli e dell’utilizzo distorto della religiosità». 

Così la prima pietra viene dalla piccola casa di San Gaetano, a Chorio
di San Lorenzo. L’ha portata il sindaco Pasquale Sapone che ricorda
come San Gaetano, allora parroco di Pentedattilo, nella Locride, «si
opponesse alla ‘ndrangheta, fino a celebrare il matrimonio di due giovani
che le cosche non volevano: altro che don Abbondio!». E la ‘ndrangheta
viene citata in tutti gli interventi davanti a una grande folla di gioiesi.
Nessuna reticenza, finalmente. Ed è anche questo importante. «Questa
cerimonia – dice il sindaco di Gioia Tauro, Renato Bellofiore -, questa
chiesa su un terreno strappato alla mafia, ha il valore di un rinnovato
riscatto della parte sana della nostra città». «Il terreno torna
in possesso dei cittadini – sottolinea il prefetto di Reggio Calabria,
Luigi Varratta -. 

Chiesa come presidio di sacralità ma anche di educazione e formazione.
Un presidio di legalità. Questa, infatti, parte dal basso, dalla Chiesa,
dalla famiglia, dalla scuola. Tutti ci dobbiamo sentire coinvolti, tutti
insieme». E tutti insieme, il vescovo, il prefetto, il procuratore,
i sindaci, i rappresentanti delle Forze dell’ordine, gettano la malta
fino a coprire la prima pietra. Segni forti in questa terra di contrasti
e contraddizioni, anche nel territorio della parrocchia. Domenica mattina
a messa sono venuti anche alcuni familiari dei Piromalli, la faccia
pulita della famiglia. E nella stessa chiesa tra i ministranti ci sono
anche due poliziotti, marito e moglie. Mentre pochi giorni fa è stata
scelta per il battesimo del figlio dal capitano dei carabinieri. Forti
contrasti, come abbiamo toccato con mano seguendo la processione che
domenica pomeriggio ha attraversato il quartiere. Povere case accanto
a lussuosissime ville. 

La caserma della Guardia di Finanza, anch’essa
in un palazzo confiscato, e non lontano un’azienda da poco sequestrata
a un imprenditore legato alle cosche e l’abitazione di un altro imprenditore
arrestato alcuni giorni per truffe sui fondi europei. «Sì, ci vuole
davvero la collaborazione di tutti – dice ancora il procuratore Creazzo,
obbligato a una vita blindatissima, dopo le pesanti intimidazioni ricevute
negli scorsi mesi -. Ci vuole più impegno del mondo economico e politico.
Si deve capire che quella contro la ‘ndrangheta è una battaglia comune».Strada
faticosa da affrontare, dice il vescovo, «con pazienza e caparbietà,
come San Gaetano che si definiva “sceccareddu du Signuri”,
asinello del Signore». A Gioia l’asinello spinge a imboccare la strada
del bene. «Davvero oggi la ‘ndrangheta qui comincia a morire», sorride
un volontario.

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