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Una chiesa sui terreni delle ‘ndrine

Di Anna Foti (www.reggiotv.it - www.strill.it) il . Calabria

La prima pagina della storia di gemellaggio religioso tra i comuni reggini di Gioia Tauro e San Lorenzo, l’ennesima della storia di devozione ormai in stesura in tutta la Calabria, al santo reggino, originario di Chorio di San Lorenzo, Gaetano Catanoso, recentemente designato anche come patrono della Polizia Provinciale di Reggio Calabria.  Una chiesa dedicata a San Gaetano Catanoso sorgerà, infatti, a Gioia Tauro sul terreno confiscato alla ‘ndrangheta che da anni ospita una cappella allo stesso Santo intitolata e allestita dentro una tendopoli. Alla presenza di Mons. Luciano Bux, vescovo della diocesi di Oppido – Palmi, dei sindaco del comune jonico Pasquale Sapone e del comune pianigiano Renato Bellofiore, del prefetto di Reggio Calabria Luigi Varratta e del procuratore Capo della Repubblica di Palmi Giuseppe  Creazzo, del segretario questore del Consiglio Regionale Giovanni Nucera e di altre autorevoli rappresentanze, si è svolta la cerimonia solenne  per la posa della prima pietra, primo atto destinato ad arricchire il legame tra i comuni di San Lorenzo e Gioia Tauro, emblemi dei litorali jonico e tirrenico che lambiscono la Calabria.   

Lo stesso comune di Gioia Tauro vive, così, come una importante primavera questo momento atteso che il terreno dove sorge l’attuale tendopoli e dove presto sarà edificata la chiesa “San Gaetano Catanoso”, è un terreno confiscato alla famiglia Piromalli. Nel comune gioiese sussistono 93 beni confiscati, di cui 75 già consegnati, 5 ancora in gestione al Demanio, 13 destinati ma non consegnati. Un dato secondo solo a quello del capoluogo di Reggio, prima provincia calabrese con 204 beni confiscati, e primo rispetto agli altri comuni della Provincia seguito dai 58 beni a Marina di Gioiosa, dai 53 a Giffone e dai 52 a Rosarno. Ma Gioia Tauro è anche la sede della prima cooperativa calabrese sorta su terreni confiscati nel 2004 e cui solo in questi mesi segue un’analoga virtuosa esperienza crotonese ad Isola di Capo Rizzuto.  A volte, infatti, i beni conoscono anche un destino di produttività e divengono sedi di forme imprenditoriali alternative a quella mafiosa e funzionali ad un rilancio sano dell’economia del territorio. E’ il caso della Cooperativa Valle del Marro, avente sede nel comune di Gioia Tauro, sul litorale tirrenico della provincia di Reggio Calabria, che nasce proprio per gestire i beni confiscati nel 2004.   Alla cooperativa sono stati, infatti assegnati svariati ettari di terreno adibiti ad agrumeti ed uliveti, situati a Gioia Tauro in località Pozzo e a Oppido Mamertina, in località Castellace, appartenuti rispettivamente alle famiglie Piromalli e Mammoliti. I primi come i secondi hanno richiesto laboriosi interventi di bonifica per via del lungo tempo occupato dalle vicende giudiziarie che hanno preceduto l’effettiva assegnazione dei beni alla cooperativa.  

Ma esistono nel comune pianigiano anche altre esperienze di riutilizzazione come il palazzo oggi sede della Guardia di Finanza e l’esercizio commerciale, avente sede al pianterreno, sulla strada Nazionale accanto alla tendopoli che presto diverrà una chiesa. Tutti beni confiscati alla famiglia Piromalli. Non molto lontano, sulla stessa strada principale, confiscato l’intero palazzo della famiglia Molè, sito nel centro di Gioia Tauro, di cui un appartamento è stato adibito a sede della scuola di alta formazione della stessa diocesi. Da tempo abbandonato dopo la confisca, mai restaurato dopo l’incendio avvenuto diversi anni fa, invece l’hotel all’ingresso del comune della Piana. Appartenuto alla famiglia Piromalli, ancora versa in condizioni di deterioramento e di assoluto degrado. Così accanto ai segni di forte riscatto sociale dello Stato, in aumento in questi ultimi tempi, vi sono anche esempi, come questo, in cui il percorso di restituzione e di riaffermazione della giustizia rimane interrotto.

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