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Che fine ha fatto l’agenda rossa?

Di Lorenzo Frigerio il . Recensioni



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Un libro davvero ben documentato,
impostosi negli ultimi mesi all’attenzione di lettori ed esperti, è
“I misteri dell’agenda rossa” (Aliberti Editore), scritto dagli
inviati de “La Repubblica” Francesco Viviano e Alessandra Ziniti,
attenti interpreti delle dinamiche che regolano da sempre lo scontro
tra mafia e antimafia, con particolare attenzione a quanto accade nel
Palazzo di giustizia di Palermo.

“Paolo Borsellino? L’ammazzarono
loro… Non guardate sempre e solo me, guardatevi dentro anche voi”:
sono parole affidate da Totò Riina al suo avvocato, nel corso di un
colloquio nel carcere di Opera, alle porte di Milano, nell’estate
2009. Per la prima volta, il capo dei capi rimanda espressamente a
dirette responsabilità dello Stato – quel pronome “loro”
evocato con ambiguità alimenta un sottile gioco di rimandi – in
riferimento all’uccisione del magistrato palermitano e della sua
scorta quel 19 luglio del 1992.

Il libro prende proprio le mosse da
questa e da altre affermazioni rilasciate dal boss, nel corso dei
tanti dibattimenti che lo hanno visto protagonista in questi decenni.
Dopo diciassette anni di silenzio ostinato, ultimamente Riina è
tornato più volte a lamentare il suo ruolo di “parafulmine”,
utilizzato sia dallo Stato sia dalla criminalità organizzata.

Oggi, il sanguinario leader della mafia
sembrerebbe dimostrare di aver capito finalmente di essere stato
tradito dai suoi stessi uomini, che lo avrebbero consegnato al ROS
dei carabinieri e, contemporaneamente, parrebbe riferirsi ad altrui
responsabilità per la stagione delle stragi.

Riina lo fa con il suo stile, senza
venir meno al giuramento di Cosa Nostra che fa dell’omertà uno dei
suoi capisaldi più importanti, con allusioni e mezze parole. Da qui
i due cronisti prendono il via per entrare nei misteri della strage
di via D’Amelio, oggi più che mai sotto la luce dei riflettori,
per il combinato disposto delle dichiarazioni di Massimo Ciancimino,
figlio del potente Don Vito e delle ammissioni di Gaspare Spatuzza,
ex killer al soldo dei fratelli Graviano, che dal mandamento
palermitano di Brancaccio aveva la possibilità di godere di
informazioni privilegiate in quel biennio di lacrime e sangue.

Nel libro si ripercorrono avvenimenti
oscuri, come il fallito attentato a Falcone nel giugno 1989 tra le
scogliere dell’Addaura e la scomparsa dell’agenda rossa di Paolo
Borsellino dalla scena del crimine, quando ancora il suo sangue e
quello della sua scorta scorreva caldo in via D’Amelio.

Di quei momenti terribili, tra le tante
foto, gli investigatori ne trovano una che raffigura l’allora
capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli che si allontana dal
luogo della strage, con in mano la borsa di pelle, all’interno
della quale il magistrato palermitano era solito custodire l’agenda.
La borsa verrà ritrovata, ma senza l’agenda. Il proscioglimento in
udienza preliminare, senza quindi che vi sia stato un pubblico
dibattimento sui fatti avvenuti e la successiva sentenza di conferma
da parte della Cassazione hanno di fatto messo un macigno
sull’accertamento della verità, stabilendo la mancanza di prove
certe circa la stessa presenza dell’agenda nella borsa di pelle.

A tale proposito il fratello di
Borsellino, Salvatore è sempre stato molto duro, individuando
proprio nella scomparsa dell’agenda uno dei motivi fondamentali
della strage: “uccidere Paolo senza fare sparire anche la sua
Agenda non sarebbe servito a nulla perché in quell’Agenda sono
sicuramente contenute le prove di crimini e di complicità che
possono inchiodare alle loro terribili responsabilità un’intera
classe politica”.

Viviano e Ziniti ripercorrono inoltre
l’iter della collaborazione con la giustizia di Vincenzo
Scarantino, alla luce delle recenti acquisizioni, compreso l’ambiguo
ruolo esercitato da Arnaldo La Barbera, super poliziotto all’epoca
dei fatti e di cui oggi, dopo che il cancro se l’è portato via, si
è scoperto che era a libro paga dei servizi segreti.

Nel libro viene proposto l’appunto
scritto a mano, trovato in allegato alla documentazione processuale,
contenente alcuni punti rivolti a sollecitare Scarantino nel racconto
della dinamica della strage di via D’Amelio. Il testo
rappresenterebbe la prova delle pressioni extraprocessuali esercitate
sul picciotto della Guadagna ai fini del depistaggio.

Oggi, stando a quanto sta dichiarando
Spatuzza, questi sembrerebbe essere stato il protagonista del più
clamoroso depistaggio delle indagini che si sia verificato negli
ultimi decenni. Ci piacerebbe utilizzare l’espressione “il più
clamoroso depistaggio di sempre”, anziché “degli ultimi
decenni”, ma purtroppo la storia del nostro Paese ha conosciuto
tante altre vicende in cui gli apparati dello Stato hanno giocato un
ruolo determinante nell’affossare la verità.

E i servizi segreti fanno capolino
anche nelle rivelazioni di Massimo Ciancimino che individua, a fianco
del padre in tutti i momenti cruciali, la misteriosa figura del
cosiddetto “signor Franco”. Per la prima volta ne viene indicato
il nome: sarebbe Keller Gross, un agente segreto il cui nominativo
compare in un elenco – pubblicato per la prima volta nel libro –
unitamente a quello di funzionari della polizia, alti commissari per
la lotta alla mafia e altri dirigenti dei servizi dell’epoca. Gross
sarebbe stato il trait d’union tra istituzioni e mafiosi: una sorta
di angelo custode, pronto a suggerire le opzioni migliori per avere
salva vita e patrimonio o le soluzioni in grado di scompaginare le
scelte degli avversari. Con Gross ci sono i nomi di Malpica,
Santovito, Parisi, Sica, Contrada, Finocchiaro, Narracci e altri.

Viviano rivela di essere stato anche il
custode di una lettera testamento, consegnatagli dallo stesso Massimo
Ciancimino e da diffondere in caso di “prematura scomparsa”. Una
prematura scomparsa che sarebbe stata legata probabilmente ai timori
successivi alla cattura di Provenzano, che fino ad allora aveva
garantito la famiglia Ciancimino.

Oggi il figlio di Ciancimino parla e
collabora: vedremo poi quali saranno gli esiti processuali della sua
collaborazione con la giustizia, anche se gli autori non possono fare
a meno di chiedersi perché il padre non venne ascoltato da
inquirenti e commissione antimafia, all’indomani delle stragi,
nonostante l’ex sindaco di Palermo ne avesse fatto esplicita
richiesta.

Viviano e Ziniti chiudono il volume con
due interviste, una molto lunga e dettagliata al collaboratore di
giustizia Gaspare Mutolo e l’altra al pm che a Caltanissetta si
occupò delle stragi, Luca Tescaroli.

Il primo ripercorre con dovizia di
particolari la lunga stagione della coabitazione tra istituzioni e
mafiosi, fino ad arrivare all’ascesa dei corleonesi all’interno
di Cosa Nostra. Iniziò allora un lungo periodo caratterizzato da
uccisioni e intrighi. Sotto il fuoco di fila di domande, Mutolo
ripercorre infine le drammatiche ore della sua più importante
deposizione resa a Borsellino, pochi giorni prima che il giudice
fosse ucciso a Palermo. L’ex uomo d’onore ne ricorda il
nervosismo manifestato dopo un improvvisa visita richiesta a
Borsellino al Viminale: una visita che venne ad interrompere la
redazione del verbale per qualche ora; una visita che ancora oggi
viene negata con ostinazione dal ministro dell’Interno dell’epoca,
Nicola Mancino. Cosa successe in quelle ore è ancora oggi tutto da
decifrare.

Le parole di Tescaroli, infine, se
rilette dopo le dichiarazioni di Mutolo, offrono una nota di
ineluttabilità al destino di Paolo Borsellino. Per il giudice, oggi
a Roma, non fu solo Cosa Nostra a decidere di accelerare i tempi
dell’uccisione dell’amico fraterno e collega inseparabile di
Giovanni Falcone. Tornando con la mente al lavoro svolto allora a
Caltanissetta, Tescaroli rivela di avere avvertito un profondo
isolamento e sovraesposizione, una volta che prefigurò l’esistenza
di mandanti esterni a Cosa Nostra.

Oggi forse le condizioni sono cambiate
e dobbiamo sperare in un finale migliore, un finale che ci possa
avvicinare alla verità su quegli anni terribili che tanto hanno a
che fare con l’attualità del nostro Paese.



Francesco
Viviano, Alessandra Ziniti

I
MISTERI DELL’AGENDA ROSSA

Aliberti
Editore, Roma 2010

pp.
160

15,00



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