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La mano della Stidda dietro i fuochi niscemesi?

Di Giovanni Tizian (da Narcomafie) il . Sicilia

Tre atti incendiari in un mese hanno scosso Niscemi, un
Comune sciolto per mafia per ben due volte, oggi amministrato da
Giovanni Di Martino che ha tra le priorità la lotta alla mafia. Del
contesto niscemese abbiamo parlato con Giovanni Giudice, dirigente della
Squadra Mobile nissena.

L’agosto di Niscemi è
stato incandescente. Tre atti incendiari hanno risvegliato vecchi
fantasmi, mai svaniti completamente. Due attività commerciali e un’auto
sono state date alle fiamme. Riportando indietro nel tempo la comunità
di Niscemi, amministrata da Giovanni Di Martino, sindaco impegnato sul
fronte antimafia succeduto, con la sua Giunta, a tre anni di
commissariamento per mafia dopo che il Consiglio era stato sciolto per
la seconda volta. Gli investigatori sono al lavoro, l’ombra del pizzo
aleggia su Niscemi, cambio di guardia tra boss? Commercianti
intenzionati a denunciare puniti preventivamente?

Domande alle quali gli
investigatori cercheranno di dare una risposta.
Al dott. Giudice, dirigente della Squadra Mobile di Caltanissetta,
abbiamo chiesto come si possono leggere questi ultimi atti incendiari.
“E’ necessaria una breve premessa: l’atto incendiario rappresenta una
pratica molto diffusa, non tutti presentano una matrice mafiosa. E’
necessario leggerli uno ad uno ed eventualmente, comprovata l’unica
mano, legarli tra di loro. Certamente a Niscemi sono in molti a pagare
il pizzo – prosegue –. Gli ultimi episodi riguardano commercianti che
non hanno voluto pagare e casi di doppia estorsione da parte di due
cosche diverse. I settori più a rischio sono quello agricolo, il mercato
ortofrutticolo, quello edile e il commercio”.

Per capire il contesto niscemese entro cui si sono verificati gli ultimi
atti intimidatori è necessario leggere il suo passato. Una realtà
devastata, tra gli anni ’80 e ’90, dalla guerra intestina tra stiddari e
uomini di Cosa Nostra niscemese. Un “duello d’onore” che ha mietuto
vittime innocenti come i due bambini, Rosario e Giuseppe, uccisi per
errore, nel 1987, durante un agguato mafioso. “Erano anni in cui la
Stidda e Cosa Nostra si fronteggiavano aspramente – ci ha spiegato il
dott. Giudice, dirigente della Squadra Mobile di Caltanissetta –. A
Niscemi esiste una forte presenza mafiosa, sia di Cosa Nostra che della
Stidda”. Un’organizzazione, la Stidda, che sembrava smembrata e che
invece vive e continua a fare affari. “Dopo gli anni ’90 hanno stabilito
un equilibrio, è iniziata la pax tra le due espressioni della mafia
siciliana. Si può dire che Niscemi è un enclave tra Caltanissetta e
Gela. E’ sempre esistito un collegamento tra mafiosi niscemesi e gelesi,
rapporto confermato dall’appoggio ricevuto dall’allora latitante
Emmanuello, boss di Gela, da parte dei mafiosi niscemesi. Emmanuello ha
trascorso la latitanza nelle campagne tra Niscemi e Vittoria”. Ma se a
Gela, ci ha spiegato il dirigente della Mobile nissena, si respira
un’aria nuova, a Niscemi è ancora predominante una cultura del silenzio.
“A Gela è nata un associazione antiracket, sono stati effettuati
numerosi arresti frutto di denunce dei commercianti. Tutto questo a
Niscemi manca”.

L’Amministrazione guidata da Giovanni Di Martino sta
lavorando in questa direzione, e da tempo  chiede ai commercianti di
unirsi, di collaborare, di denunciare “per liberare Niscemi”, urla
ripetutamente con vigore il Primo cittadino. “E’ stato molto difficile –
continua Giudice – entrare nei meccanismi delle cosche niscemesi.
Fortunatamente ci sono due collaboratori, Giuliano Chiavetta e Antonio
Pitrolo, le cui dichiarazioni hanno reso possibile la comprensione di
molti delitti passati”. Collaboratori di giustizia che hanno parlato
anche dell’uccisione di Pierantonio Sandri. Parole che non sono state,
però, sufficienti a incastrare i colpevoli. “Gli affari delle cosche
niscemesi sono svariati – ha sottolineato Giudice –. Dall’aggiudicazione
di lavori pubblici tramite imprenditori compiacenti, alle estorsioni.

Un pizzo che, ancora oggi, a volte, assume la forma della guardianìa,
spesso l’imposizione delle forniture e dei servizi e altre ancora quella
della tangente nel mercato ortofrutticolo niscemese”. Il settore edile,
preso nel suo insieme, offre alle cosche numerosi segmenti nei quali
infiltrarsi ed estorcere denaro: dal nolo a caldo e a freddo alle
forniture varie fino ad arrivare all’imposizione di manodopera e di
ditte. Nella capitale del carciofo non mancano neppure gli investimenti.
“Ci sono beni e soldi riciclati da soggetti, elementi di spicco delle
due compagini mafiose, che sono riusciti a farla franca e reinvestire in
attività commerciali”.

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