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La calda estate di Parma

Di Gaetano Liardo il . Emilia-Romagna

E’ stata calda l’estate a Parma. Non tanto per le condizioni climatiche, quanto per gli incendi che hanno colpito imprese e ditte di costruzione. Lo scenario è quello della linea ferroviaria Parma – La Spezia, la modalità è quella tipicamente mafiosa. Ne parliamo con Giuseppe La Pietra, coordinatore di Libera Parma.

Tre incendi dolosi a Parma nel mese di agosto. Tre ditte che lavorano sulla linea ferroviaria Parma – La Spezia hanno visto prendere fuoco macchinari e camion. Che lettura può essere data di questi eventi? 

Non si tratta di fatti isolati. A Salsomaggiore, ad esempio, sono state bruciate alcune auto mesi addietro. Noi ipotizziamo che dietro a questi eventi possa esserci la modalità operativa tipica della criminalità organizzata. Nello specifico relative alle ditte in sé o ai subappalti che queste hanno preso.  

Nello stesso periodo ha preso fuoco pure il magazzino di una ditta… 

Si c’è anche il magazzino di una ditta di carta. Se andiamo a vedere bene le attrezzature prese di mira, almeno per le aziende che lavorano sulla Parma – La Spezia, si tratta di macchinari molto costosi che servono per un certo tipo di lavori. Stando anche all’ultimo rapporto della DNA, stando ad una risposta dal ministro Alfano ad una interrogazione fatta da un deputato della Lega Nord di Reggio Emilia, la presenza di infiltrazioni mafiose, camorriste e ‘ndranghetiste, negli appalti e nei subappalti è frequente da queste parti. Le modalità operative viste negli episodi degli incendi dolosi ci fanno, quanto meno, porre seriamente degli interrogativi.  

Che percezione si ha a Parma del fenomeno delle mafie, delle infiltrazioni e degli atti incendiari? 

Con Libera Parma organizziamo numerosi dibattiti, per informare la gente, gli studenti, contribuire a formare una coscienza sulle tematiche della presenza mafiosa in città e in provincia, per confrontarci con loro e con il mondo della politica. Da questi incontri viene fuori un doppio segnale. Da una parte si percepisce quanto sia ancora debole la consapevolezza del fenomeno, da un’altra parte, però, c’è anche la perplessità che possano accadere episodi del genere in questo territorio, ritenuto da molti ancora immune rispetto al fenomeno.  

La reazione invece della classe politica? Si riesce a cogliere la gravità del fenomeno? 

La politica dal nostro punto di vista tenta di porre l’attenzione su questi problemi. Ora stiamo assistendo al batti e ribatti rispetto alla notizia che durante la tornata elettorale del 2007, gli Emmanuello avevano candidato due persone nella lista che appoggiava il candidato di centro sinistra. Ebbene, la notizia è nota alla cronaca da dieci mesi, anche se ufficialmente è stata pubblicata nell’ultimo rapporto della DNA. Abbiamo notevole difficoltà a comprendere perché tanto accanimento su di un fatto passato che può coinvolgere qualsiasi area politica (e i fatti lo dimostrano), mentre da una parte della politica non arrivano proposte chiare e determinanti per contrastare le infiltrazioni mafiose su questo territorio. Il Comune di Parma ha aderito ad Avviso Pubblico, ma né lo ha reso noto e né ha comunicato il nome dell’amministratore di riferimento. Restiamo ancora in attesa dal Comune di Parma di sapere dove dovrà nascere la Bottega dei Sapori e dei sapori. Continuiamo ad aspettare fiduciosi.  

Un’altra parte della politica pone interrogativi su queste problematiche. Per lo meno si interroga. Dagli incontri e dai confronti con Libera Parma, la richiesta che viene è quella degli strumenti. Ecco perché non è propositivo guardare agli episodi del passato così come si sta facendo. Strumenti. Gli amministratori vogliono conoscere, formarsi e dotarsi di strumenti utili. Nel recente dibattito a Tizzano è stata accolta la proposta per ampliare degli appuntamenti di formazione agli amministratori. Lo stesso presidente della provincia di Parma ha sottolineato l’importanza di questo aspetto e ha dato seguito. C’è la richiesta, anche da parte del sindacato e di altre associazioni, di lavorare insieme per la realizzazione di un Osservatorio provinciale. La regione Emilia Romagna sta mettendo in piedi, passo dopo passo, un Osservatorio regionale sulla questione delle infiltrazioni mafiose. Della presenza, meglio, delle mafie, perché non si può solo parlare di infiltrazioni quando abbiamo alcuni comuni del reggiano, del modenese e anche nel parmense, dove la presenza delle mafie è ormai pluriennale. Infiltrazioni, oppure presenze, che lavorano in modo ordinario, con modalità che magari nel sud Italia sono più riconoscibili ma qua un po’ meno.  

Parli di una forte presenza mafiosa? 

Considerevole presenza. Dai dati che emergono, dai dati ufficiali da noi raccolti in un dossier che stiamo presentando su Parma e Provincia. È importante acquisire con i dati alla mano l’importanza e la complessità del fenomeno, senza gettare inutili allarmismi ma seriamente, con la consapevolezza che questa terra non è immune e tutti dobbiamo fare la nostra parte, senza deleghe. 

Ci puoi dire qual è a geografia del crimine organizzato a Parma e provincia. Quali gruppi sono i più attivi e pericolosi? 

Non ci facciamo mancare nulla. Ci sono tutte le principali organizzazioni criminali italiane. Gli Emmanuello di Gela per Cosa nostra siciliana, i clan dei casalesi uniti con Aldo Bazzini di Parma e presenti nella distribuzione dei prodotti della Parmalat di Tanziana memoria, le ‘ndrine calabresi, tra cui la cosca Mancuso di Limbadi. Forse è in tono minore la presenza dei siciliani, sicuramente c’è una maggiore presenza e un maggiore attivismo delle organizzazioni campane e calabresi. Non dimentichiamo mai l’indotto del carcere di Parma.   

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